Lo afferma l’ultimo rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione secondo il quale più della metà degli italiani (il 53,1%) si connette abitualmente a internet. Dunque seppur in generale l’Italia tende a rimanere ancorata ai media tradizionali – in particolare alla tv – dall’altra si aprono spazi sempre più importanti per le nuove tecnologie.
Il dato relativo all’utenza internet non è però omogeneo, si riscontrano profonde differenze a seconda della fascia di età: tra i 14-29 anni ben l’87,4% è un utente abituale della rete mentre solo il 15,1% utilizza internet nella fascia tra i 65-80 anni. L’incidenza del grado di scolarizzazione è sensibile: oltre il 70% dei soggetti con alto titolo di studio naviga, mentre solo il 37,7% tra i meno istruiti è regolarmente connesso.
Sono dati polarizzati che non stupiscono essendo la differenza tra nativi digitali non difficile da colmare. Tuttavia a stupire positivamente è il dato complessivo degli italiani naviganti, soprattutto se paragonato all’analisi del 2009 rispetto alla quale si registra un incremento complessivo del 6,1%. Internet risulta essere il medium più in crescita e questo dato forse darà l’immagine di un paese ancora poco connesso ma che, seppure con ritardo rispetto agli altri paesi europei, dimostra dinamismo e curiosità nei confronti di questo mezzo. Dal punto di vista del digital divide, adottando un criterio geografico, non mancano le sorprese: se le grandi città, come prevedibile, hanno il tasso più alto di cittadini connessi rispetto ai centri urbani più piccoli (dove comunque sotto i 30mila abitanti il tasso è di circa il 49% ed è del 47,5% sotto i 10mila abitanti), la zona del paese con la più bassa diffusione della rete è il Nord Est con il 46,4% a fronte del 50,4% del Sud, il 55,9% del Nord Ovest e il sostanziale 60% del Centro, zona più wired della penisola.
Il dato della rete si ripercuote anche sulle abitudini mediali degli italiani: sono di nuovo i giovani a trainare il rinnovamento nelle consuetudini di informazione, grazie ancora una volta alla loro più facile frequentazione con l’online: il dato dell’uso dei telegiornali come fonte di informazione nella fascia 14-29% si attesta al 69,2% (contro un 80,9% complessivo), numero molto simile al 65,7% riscontrato in questa fascia di età per l’uso di Google e dei motori di ricerca e al 61,5% di Facebook. I dati sono chiaramente diversi se si guarda ai numeri complessivi e gli altri settori anagrafici per i quali i search engine sono una fonte solo nel 41,4% dei casi (battuti dall’immortale televideo con il suo 45%), i siti di news nel 29,5%, il social network di Zuckerberg nel 26,8% e i quotidiani online solo nel 21,8%. A seguire, le app per gli smartphone sono una consuetudine solo nel 7,3% dei casi e Twitter appena nel 2,5%.
La televisione è ancora il medium leader nell’immaginario degli italiani, ma si sbaglierebbe se si ipotizzasse che la sua fruizione fosse lineare e assodata. Anche in questo caso i dati non sono omogenei e focalizzano una situazione in divenire. Il 97,4% degli italiani è un utente della televisione. Il dato è stabile da molti anni e anche in questo 2011 non ha presentato oscillamenti. All’interno della pressoché totalità di questo numero però si scopre che la tv analogica (complice chiaramente anche il recente switch-off) ha perso ben il 27% a favore del digitale terrestre (che interessa il 76,4% della popolazione) salito al contrario del 48% rispetto sempre al 2009. Stabile il satellite con il suo 35% abbondante di italiani. Crescono, anche se meno speditamente, anche in questo caso le occasioni di fruizione fornite dalla rete e dai media digitali: le web tv registrano un incremento del 2,6% per un utenza complessiva del 17,8% mentre a non convincere è la mobile tv (fruita tramite cellulari) che interessa solo lo 0,9% degli italiani. Di nuovo i giovani marcano una differenza, facendo presupporre un futuro sempre più all’insegna dei nuovi media e sempre più staccato dal consumo tradizionale della televisione: se per il 95% di loro la tv tradizionale è tuttora una costante fonte di informazione, circa il 41% di loro frequenta web tv, il 39,6% il satellite, il 2,8% è avvezzo all’Iptv (Internet Protocol Television) e l’1,7%, un dato sostanzialmente doppio rispetto a quello generale, utilizza la televisione in mobilità sul proprio cellulare. Questi dati, a fronte di un’incontestabile tenuta della televisione) rappresentano comunque un’evoluzione nel suo utilizzo: se cresce il ddt e il satellite è stabile significa che le dinamiche della tv di nuova generazione stanno penetrando nelle abitudini italiane. Il satellite e il digitale offrono più occasioni di attività per gli utenti, contrariamente alla passività della tv di vecchia generazione, grazie ai servizi più innovativi di video on demand, catch up tv e personalizzazione del palinsesto. Guardiamo sempre la televisione, ma non lo facciamo più porgendole le medesime richieste. I dati relativi ai siti delle emittenti televisive (12,3%), YouTube (22,7%) e download di programmi tv dal web (17,5%) dimostrano ulteriormente come la fruizione della televisione si sia profondamente modificata: l’utente richiede libertà di tempistica, vuole decidere e personalizzare il suo palinsesto, chiede partecipazione. Lo stesso Censis ha commentato i dati parlando di “era dei consumi multimediali e autogestiti” enfatizzando questo cambio di paradigma.
A stupire è il dato relativo ai telefoni cellulari, di cui l’Italia è sempre stato uno dei paesi con maggiore diffusione. Complice la crisi economica e il conseguente rallentamento dei consumi il dato di diffusione ha fatto segnalare una flessione del 5,5% rispetto al 2009, ma gli smartphone (che possono navigare in rete, dare accesso ai social network e alle app di microchat che sempre più spesso sostituiscono gli sms) crescono al contrario del 3,3% per un’utenza complessiva del 17,6% e del 39,5% tra i giovani.
Tinte più fosche invece per la carta stampata. La diffusione dei quotidiani a pagamento tra gli italiani precipita del 19,2% rispetto al 2009 con un calo di lettori del 7% netto. A loro scapito crescono, invece, anche se solo dello 0,5%, le testate online che si attestano al 18,2%. Tengono i settimanali (28,5%), i libri con il 56,2% anche se con ripide oscillazioni a seconda del grado di scolarizzazione, mentre non decollano gli ebook che interessano solo una nicchia di popolazione dell’1,7%.
Curioso infine il dato sui giornalisti, giudicati positivamente quanto a informatività (80%), competenza (76,8%), chiarezza (71%), ma è corrente l’opinione che questa categoria professionale sia poco indipendente (67,2%) e molto spregiudicata (67,8%). Messa alla berlina è soprattutto la tendenza al protagonismo (76,3%) che traina le percezioni negative sull’intera categoria.
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