Il giornalismo lettone cresce e lotta per l’indipendenza

24 Luglio 2013 • Etica e Qualità • by

Il giornalismo lettone ha avuto solo due decenni di tempo per crescere. Come la maggior parte dei paesi dell’Europa dell’Est, ottenuta l’indipendenza, il paese baltico ha infatti dovuto svilupparsi in fretta per emergere dal controllo dell’Unione sovietica. I sistemi mediatici della zona si sono sviluppati in direzioni molto diverse: alcune nazioni, come l’Estonia, hanno virato verso sistemi liberali e prosperi, dove i giornalisti possono lavorare liberamente, mentre altri paesi stanno ancora cercando il loro ruolo nell’era post-sovietica. La Lettonia è uno di questi.

Ainars Dimants, responsabile del sito lettone dell’Osservatorio europeo di giornalismo, Presidente del National Electronic Media Council lettone e professore di comunicazione presso la Turiba University di Riga, ha analizzato in un recente paper le prospettive per un giornalismo indipendente e libero nel suo paese. Nella ricerca, Dimants insiste molto sull’importanza di riforme che possano garantire l’indipendenza delle redazioni dalla politica e chiede a gran voce che alle aziende di servizio pubblico sia consentito di svolgere il proprio lavoro senza limitazioni. Tra gli altri punti fondamentali, sostiene Dimants, vi è senza dubbio il ruolo della formazione, raggiungibile tramite migliori scuole che possano dare ai giornalisti lettoni un’educazione professionale più solida.

I risultati di alcuni sondaggi svolti dall’agenzia di stampa Leta dimostrano quanto la fiducia del pubblico nei confronti dei mass media lettoni stia diminuendo costantemente: tra maggio 2011 e ottobre del 2012, ad esempio, la radio, la televisione e la stampa hanno perso, in Lettonia, rispettivamente 12, 11 e 8 punti percentuali in questa graduatoria, un dato che non stupisce se si guarda a quanto queste aziende mediatiche siano dipendenti dai loro proprietari. Nel suo studio, Dimants cita ad esempio il caso emblematico di Diena, un tempo il maggiore quotidiano nazionale, ora sempre più allineato alle posizioni di alcune importanti figure pubbliche. Il quotidiano è stato fino al 2001 un forte sostenitore del primo ministro in carica, Andris Skele, ma la presa di posizione ha causato anche il logoramento della sua credibilità: molti lettori, sostiene Dimants, non considerano più il giornale come una fonte di notizie affidabile. Il gruppo svedese Bonnier, dopo aver preso il controllo della Diena per qualche tempo, si è chiamato fuori dalla partecipazione, proprio perché a disagio con l’aperto schieramento del giornale. Sotto la nuova proprietà, la Diena è presto tornata a essere il portavoce dell’oligarchia lettone.

Il finanziamento degli organi di stampa da parte dei politici è, secondo Dimants, un altro problema fondamentale che affligge l’indipendenza giornalistica in Lettonia, portando a una “strumentalizzazione di altri obiettivi economici e politici”. Un chiaro esempio di questo fenomeno è dato dal canale televisivo Pirmais Baltjas kanals, che trasmette contenuti del suo network fratello Pervyj kanal di Mosca che tratta paesi baltici con un punto di vista fortemente russo. Questo tipo di reporting fortemente politicizzato potrebbe anche essere una delle cause della caduta degli introiti pubblicitari. A parlare sono i numeri: il mercato lettone della pubblicità è diminuito del 46% nel 2009 e di un altro 13% nel 2010. Nel 2011 si è visto un segno di ripresa con una crescita degli investimenti del 5%, ma principalmente in pubblicità online.

Dimants è convinto che i media lettoni potranno avere un futuro solo se inizieranno a produrre e a fornire contenuti migliori per cercare di essere competitivi nel nuovo mercato internazionale delle news digitali. Secondo Dimants, i lettori premiano ancora i contenuti di qualità: un buon esempio in questo senso, secondo l’autore, è dato da ir, una testata fondata nel 2011 da giornalisti che precedentemente avevano lavorato per Diena. Il giornale fornisce indagini indipendenti e inchieste politiche ed è molto trasparente per quanto riguarda i suoi shareholder e il suo codice etico. Grazie alla sua condotta e alla sua proposta, recentemente, il giornale ha ottenuto molti nuovi lettori, disposti a pagare per i contenuti digitali offerti dalla testata.

Secondo Dimants, i media lettoni hanno bisogno di giornalisti meglio formati che possano essere più organizzati e critici nei confronti della loro professione. Alla Lettonia, inoltre, servono associazioni professionali e pubblicazioni che si focalizzino sui media, sul giornalismo e sulla ricerca in questi ambiti. La professionalizzazione, secondo Dimants, è ancora la parola chiave. Seguendo i principi di questo concetto, il media landscape della Lettonia potrebbe iniziare a muoversi nella direzione del modello democratico-corporativo sul quale, secondo Daniel C. Hallin e Paolo Mancini, si fondano i sistemi mediatici di Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Germania, Olanda, Norvegia, Svezia e Svizzera.

In anni recenti, il governo lettone ha cercato in più occasioni di riformare i media. Nel febbraio del 2012, il National Council for Electronic Media è stato armonizzato alle istituzioni che si occupano della regolamentazione del servizio pubblico in Europa occidentale. Prima di queste riforme, i partiti di maggioranza erano soliti interferire con l’operato degli organi d’informazione statali, perquisendone le redazioni e sequestrando computer e documenti. Secondo Dimants, la nascita di un’associazione dei giornalisti lettoni e la fondazione del forum investigativo Re:Baltica sono altri due barlumi di speranza. Ad ogni modo, il futuro dei media lettoni è ancora da scrivere e, come chiosa lo stesso Dimants, “il risultato di queste politiche è ancora da vedersi”.

Articolo tradotto dall’inglese “Latvian Journalism Struggling to Thrive”. Orginale tedesco: “An der Grenze zum hörigen Journalismus”

Photo Credits: txd / Flickr

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