Diritto di Sapere, Ong italiana che si occupa di accesso all’informazione, lancia in questi giorni la piattaforma Chiedi, un servizio online che si rivolge a cittadini e giornalisti per favorire e facilitare le richieste Foia agli enti pubblici.
Con Chiedi, Diritto di Sapere che vuole facilitare i meccanismi di accesso all’informazione, favorendo allo steso tempo trasparenza e accountability della cosa pubblica italiana. Chiedi è sviluppata sul modello di Alaveteli, un software open source realizzato dalla britannica MySociety e già adottato con successo all’estero.
La piattaforma – ancora in beta – è quindi una sorta di “Foia machine”, uno strumento immediato e utile per l’inoltro di richieste Foia che snellisce pratiche burocratiche spesso disorientanti. “Con Chiedi vogliamo dare un servizio ai cittadini semplificando i passaggi per inviare una richiesta di accesso. Il primo scoglio, per esempio, è trovare l’email giusta a cui mandarla. Con la piattaforma diventa estremamente semplice perché sono già state raccolte”, ci spiega Guido Romeo, Presidente di Diritto di Sapere, “un altro passaggio complesso per chi non ha familiarità con la regolamentazione italiana sull’accesso all’informazione (sostanzialmente la legge 241/91 e il decreto 33/2013) è strutturare la domanda. Per questo vedere quali richieste sono state già fatte è molto utile. In più abbiamo il manuale #LegalLeaks che spiega in maniera divulgativa le leggi a cui ci si può appellare”.
Ci trasformiamo: ecco a voi Chiedi, per fare richieste di accesso alla P.A. e tracciarne l’esito http://t.co/gBAJEfzMfq #dirittodisapere
— diritto di sapere (@dirittodisapere) 16 Febbraio 2015
Il funzionamento è semplice: basta selezionare il destinatario della propria richiesta, strutturare la domanda e il programma inoltrerà il tutto, lasciando al richiedente la possibilità di monitorare l’avanzamento della sua pratica. Inoltre, è possibile sfogliare tra le altre richieste che sono state inoltrate in precedenza e valutarne gli esiti. “Di fatto non le “gestiamo” noi, nel senso che non filtriamo o regoliamo nulla”, spiega il Presidente di Diritto di Sapere, “a fare tutto è il software open-source. Tutte le richieste inoltrate attraverso la piattaforma sono pubblicate e visibili sul sito. Noi abbiamo introdotto solo alcune customizzazioni del sistema, come la funzione che nasconde il tuo indirizzo e i tuoi dati personali, ma non il nome, come richiesto dalla legge. Il sistema inoltre, segnala al richiedente se arriva una risposta o se sono passati i 30 giorni di legge che le amministrazioni hanno a disposizione per rispondere”.
Il modello riproposto in Italia da Chiedi si è già dimostrato un successo dove è stato implementato in passato, come è nel caso della piattaforma inglese WhatDoTheyKnow, da Tuderechoasaber in Spagna o da AsktheEU di Access-Info Europe. Complessivamente, scrive Diritto di Sapere, nei 17 paesi dove è disponibile un servizio del genere sono già state inviate richieste da complessivamente oltre 200mila persone. Ma un’altra funzione importante di Chiedi è invece meno pratica e più etica, nel senso più ampio possibile e ha anche vedere con l’advocacy, continua Romeo: “vogliamo mostrare che cosa i cittadini chiedono e cosa ottengono davvero. Se riusciremo a raggiungere un buon volume di richieste entro l’estate, io spero più di 300, avremo una metrica molto interessante su come reagiscono le amministrazioni alle richieste di accesso. Mostreremo chi sono i virtuosi e dove invece ci sono ‘muri di gomma’”.
Diritto Di Sapere aveva già realizzato qualcosa di simile nel 2013 con l’aiuto di una quarantina di volontari, raccogliendo i risultati nel report “Silenzio di Stato”, di cui avevamo parlato qui a suo tempo: “Chiedi ci permetterà di avere una misurazione continua e molto più ampia e capillare”, continua Guido Romeo, “spero che anche le Pa non veda Chiedi come una minaccia, ma al contrario utilizzino questo sistema per capire cosa vogliono i cittadini e come migliorare i propri servizi”.
Chiedi punta anche a favorire e ad aumentare le richiste di accesso all’informazione da parte dei giornalisti. La categoria è davvero consapevole delle potenzialità che la legge, seppure con i noti limiti della legislazione italiana in materia, le garantisce? Diritto di Sapere è convinta del contrario: “Le ragioni di quest’ignoranza sono però spiegabili. Nelle scuole di giornalismo questi strumenti non vengono insegnati e nelle redazioni è spesso solo chi fa lavori investigativi che si cimenta”, spiega Romeo, “in più, mentre in Usa la legge è molto più facile da utilizzare, in Italia ci vuole una certa expertise per richiedere un documento citando i capi di legge rilevanti. Il tasso di risposta in Italia poi è bassissimo e questo scoraggia molti. Ma bisogna capire che anche un’amministrazione che non risponde o risponde male, per esempio sulle spese di viaggio di un politico, è una notizia che può valer la pena scrivere”.
E’ il giorno del #Foia4italy alla Camera si discute di accessibilità ai dati, di Freedom of Information Act #opencamera #foia4italy #daje
— foia4italy (@foia4italy) 18 Febbraio 2015
Sul fronte del miglioramento della regolamentazione italiana in materia di Foia, proprio oggi, il gruppo di Foia4Italy, di cui Diritto di Sapere è stata promotrice, è a Roma a presentare la sua proposta di legge ai parlamentari, nella speranza che il testo, dopo la discussione libera che si è tenuta online, arrivi in Aula: “Il testo che presentiamo oggi ai parlamentari è nato da un esercizio collettivo che abbiamo lanciato dopo aver sentito Matteo Renzi promettere il Foia il 24 febbraio, durante il suo discorso per la fiducia al Senato”, spiega Romeo su questo punto, “È molto innovativo, di fatto espande quanto già previsto dal decreto 33 oltre i temi di spesa pubblica. Ciò significa che di default tutto ciò che chiede il cittadino deve essere pubblico se non ci sono obiezioni sollevate per tempo dalla Pa. È un ribaltamento dell’approccio corrente ma non è alieno al pensiero politico italiano”.
Nonostante alcuni ritardi, le prospettive future sono ora positive per il Foia italiano, chiosa Guido Romeo: “purtroppo siamo arrivati tardi per inserirlo come emendamento nella riforma della Pa, ma puntiamo ad agganciarlo alla riforma del codice della pubblica amministrazione digitale. Pensare di avere un Foia entro l’estate non è un sogno”. Nel frattempo, Chiedi è pronta a raccogliere le richieste di cittadini e giornalisti.
Tags:accesso all'informazione, data journalism, Diritto di sapere, Foia, Foia4Italy, Open Data, segretezza, trasparenza, Whistleblowing