La difficile arte dello storytelling sui tablet

30 Settembre 2013 • Digitale • by

Quella dello storytelling è un’arte in continua evoluzione che, meglio di qualsiasi altra, può approfittare delle opportunità offerte dall’evoluzione tecnologica. I tablet, ad esempio, forniscono un potenziale aggiuntivo e permettono di migliorarne il livello, ma i giornali e le emittenti non hanno ancora trovato il modo ideale per presentare le loro storie su questi dispositivi. Pensare che sia ancora sufficiente eseguire un “copia e incolla” della storia pubblicata su carta o sul sito online è infatti ancora un’opinione diffusa.

Il risultato è che le applicazioni per tablet risultano essere ancora spesso di difficile utilizzo e non sfruttano l’intero potenziale del touch screen o di questi strumenti. Questo studio porta alcuni esempi – alcuni riusciti, altri realizzati più o meno bene – di questo nuovo approccio tecnologico sempre più diffuso.

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Un articolo del New York Times, su iPad

Persino giornali tra i più rinomati come il New York Times spesso sbagliano il modo in cui le storie vengono presentate sui tablet. Una delle persone intervistate per il mio progetto di ricerca “Integrate multimedia, make fingers happy: journalistic storytelling on tablet” per il Reuters Institute for the Study of Journalism è Spiros Polikandriotis. Secondo il graphic designer “la visione che sta dietro alla pagina Web e alla versione per tablet (del New York Times) è datata”. Persino il Guardian offre a volte una versione poco originale, in tutto simile a quella della pagina stampata tradizionale, ma negli ultimi tempi questa redazione ha compiuto uno sforzo congiunto focalizzato sullo storytelling per i tablet. La mia ricerca mostra che per rendere una storia scorrevole e accattivante su un tablet è necessario dimenticare quasi completamente ciò che si è appreso precedentemente per la carta stampata. Il produttore ed editor digitale Adam Westbrooke  afferma ad esempio: “se insegnassi a un ragazzino di dieci anni il linguaggio Html e poi gli chiedessi di fare una rivista, come sarebbe il prodotto? Visto che il giovane non ha alcuna idea su come debba essere il risultato, penso che verrebbe fuori qualcosa di molto più semplice di ciò che faremmo noi”.

La chiave di svolta è l’importanza dell’uso delle dita. L’elemento del tocco per i tablet è essenziale, mentre per la carta stampata o per la pagina Web questo aspetto non è altrettanto rilevante. Tra i lettori c’è una gran voglia di interagire e giocare con lo schermo dei tablet, che permette di usare comandi come wipe, scroll, tap e pinch. A questo proposito Rob Grimshaw, Managing Director del Financial Times Online, scrive sull’American Journalism Review: “se osserviamo i bambini quando giocano, constatiamo che si toccano e si spingono continuamente. Vogliono vedere come reagiscono le cose. Lo stesso meccanismo lo osserviamo nell’uso dei tablet”.  Il designer Mario Garcia scrive invece nel suo libro Design Lab: Storytelling in the Age of the Tablet che “le dita hanno bisogno di essere felici”.

Pensate al gioco Angry Birds e a come questo reagisce intuitivamente al vostro tocco. L’app del gioco non dà molta importanza all’accuratezza del vostro tocco, quando allungate la fionda. Il gioco fornisce anche un feedback sia acustico che visivo del lancio. Immaginatevi quanto perdereste dell’esperienza di gioco se doveste colpire un punto delle dimensioni di 5×5 millimetri con una fionda per poter attivare la partita. È un dato di fatto che molte applicazioni giornalistiche hanno punti attivi programmati in funzione del mouse, non per il tocco della punta delle dita. Il motivo è che queste applicazioni sono ancora disegnate in origine per le pagine Web e i punti da attivare sono di conseguenza di dimensioni minuscole.

Per la mia ricerca ho analizzato articoli e studi sullo storytelling digitale. Inoltre ho intervistato otto specialisti di questo campo, tra cui graphic designer, produttori digitali, consulenti, un video giornalista e alcuni professori di nuovi media. Ho chiesto loro di analizzare gli esempi di storytelling su tablet che preferiscono e quelli che piacciono loro di meno e di spiegarmi le ragioni di questa scelta. Li ho quindi esortati a descrivere come dovrebbe essere una buona applicazione giornalistica dal loro punto di vista. Associando i risultati delle interviste, la bibliografia disponibile e dopo aver vagliato dozzine di esempi di applicazioni per tablet, ho identificato otto caratteristiche chiave, fondamentali per creare un’app giornalistica per tablet. La più importante è appunto quella di rendere felici le dita. Le altre comprendono un uso rilevante di strumenti multimediali da integrare nella storia, un’interfaccia semplice e chiara, un buon design e l’uso di molteplici layer, come nel caso dei grafici complicati, che non andrebbero mai proposti tutti in una volta, ma distribuiti su diversi livelli.

Lo studio ha quindi paragonato cinque diverse applicazioni giornalistiche considerate dagli intervistati come esempi guida a livello mondiale di storytelling sui tablet. La conclusione è che nessuna di loro riesce a sviluppare al 100% l’intero potenziale a disposizione. Questi esempi sono lavori del Guardian, di Wired, di Atavist, della Npr e l’articolo in forma di racconto “Snow Fall: The Avalanche at Tunnel Creek” pubblicato dal New York Times. Tra tutte queste testate, Wired ha fatto il miglior uso della funzione touch, che era inoltre di facile utilizzo. Le pagine erano infatti chiaramente segnate con grandi frecce, che reagivano al tocco del polpastrello, accompagnando il lettore attraverso l’articolo. Inoltre, i punti attivi erano grandi a sufficienza per essere centrati facilmente. Anche i grafici erano interattivi. In generale l’impressione è stata che l’app di Wired fosse disegnata meglio in funzione dell’uso specifico su tablet.

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L’Helsingin Sanomat, su iPad

I ribbon sembrano un ottimo strumento per aiutare il lettore a navigare all’interno dell’applicazione. Craig Mod, scrittore, editor e designer, ha scritto in un articolo dal titolo “Simple tools and systems for digital publishing” che l’interattività dovrebbe essere intuitiva, poco faticosa e basilare. “L’utente”, infatti, “non dovrebbe mai sentirsi perso”, scrive Mod. Il giornale finlandese Helsingin Sanomat, ad esempio, ha creato un ribbon che aiuta di fatto i lettori a non perdersi, ma non è adatto per lo storytelling. In questo caso, i tentativi di linkare storie che sono in collegamento tra loro non funziona. Le immagini e i grafici sono messi nella colonna sul lato solitamente vuoto come piccoli thumbnail.

Un buon esempio di uso e integrazione di differenti media è la storia in versione digitale “Snow Fall – The Avalanche at Tunnel Creek”, vincitrice del Pulitzer. La storia è stata apprezzata per il suo ricco uso di grafici, video, animazioni e foto. I differenti media sono integrati lungo tutta la storia e non solo alla fine, o di lato o all’inizio del testo,  non come spesso avviene in una posizione già predefinita. La primavera scorsa in occasione della World Conference of The International News Media Association, Jill Abramson, Executive Editor del New York Times, ha dichiarato che la storia ha avuto un effetto tale nella redazione del quotidiano che l’espressione “snowfalling” è diventata un verbo di uso frequente in ufficio: “raccontare un storia con grafici fantastici, con video e con ogni genere di strumento mediatico”, al New York Times, ora si traduce in questo modo.

Per i tablet è stato un grave errore quello di pubblicare grafici a una dimensione. Un giornale non può mostrare grafici su molti livelli, mentre sui tablet è di fatto possibile. Grafici di una sola dimensione su un tablet fanno sembrare lo schermo più piccolo e ne rendono più ardua la lettura. Sia Wired che la storia del NYTimes sembrano aver tenuto in considerazione questo aspetto, facendo uso di grafici multilivello e animazioni. Molti considerano infatti “Snow Fall” il futuro dello storytelling digitale. La storia può diventare di certo un modello di riferimento incoraggiante per lo storytelling su tablet, ma è lungi dall’essere perfetta. Innanzitutto non è stata disegnata originariamente per i tablet, pertanto il suo uso non è altrettanto intuitivo come sul computer. Numerosi altri esperti dichiarano che “Snow Fall” è un terribile esempio per i giornali, perché ha richiesto sei mesi di lavoro e un team intero di professionisti. Non tutti i giornali possono permettersi progetti così costosi. “Snow Fall”, comunque, ha già diversi imitatori: “Firestorm”, pubblicata dal Guardian Australia’s, ad esempio, ne riprende il modello, ma è meglio disegnata.

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Wired, su iPad

Le aziende mediatiche devono investire nello sviluppo di applicazioni se vogliono trovare modalità innovative per raccontare storie sui tablet. Ciò detto, è comprensibile che gli editori siano riluttanti a investire solo per migliorare una piattaforma che genera introiti scarsi (se non nulli) il cui pubblico rimane ancora una nicchia limitata rispetto alle piattaforme tradizionali. Tuttavia se le imprese mediatiche non decideranno di sviluppare i loro contenuti per tablet, verranno con ogni probabilità sorpassate dagli altri provider e dai diversi motori di ricerca, Yahoo e Google in primis.

Alcuni professionisti affermano che offrire il Pdf della versione stampata del giornale scaricabile sul tablet potrebbe soddisfare le vecchie generazioni di lettori di quotidiani. In ogni caso, tutti concordano che questo formato non è abbastanza intrigante per chi blogga, usa i social media e i giochi interattivi su Internet. Caitlin Johnston sottolinea a questo proposito, in un articolo pubblicato sul American Journalism Review, che i lettori di giornali e i visitatori di site online ogni 12 mesi invecchiano di un anno, mentre le aziende mediatiche tradizionali non riescono a raggiungere nuovo pubblico. Quindi, per le nostre dita, è davvero arrivato il tempo di divertirsi.

Il Reuters Institute for the Study of Journalism è un partner dell’Ejo nel Regno Unito

Articolo tradotto dall’originale inglese da Alessandra Filippi

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