Una foto troppo bella per essere autentica?

22 Settembre 2015 • Etica e Qualità, Più recenti • by

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Ah, i giornalisti. O meglio: i fotoreporter. La foto di Aylan, che ha commosso il mondo cambiando la percezione dell’opinione pubblica sul problema dei rifugiati, era autentica: non c’è stata manipolazione e i tentativi di dimostrare il contrario si sono dimostrati fallaci perché basati solo sul sospetto.

In queste ore un’altra foto sta facendo il giro del mondo: quella del piccolo siriano (verosimilmente una bambina) che gattona di fronte ai poliziotti. E questa volta la mia valutazione cambia. Sia chiaro: per averne la certezza dovrei essere sul posto e pertanto non posso formulare un giudizio definitivo, ma l’esperienza di inviato speciale e di esperto di tecniche di spin mi induce a diffidare della spontaneità della scena.

Mettetevi nei panni di un fotoreporter, che ha assistito con un misto di ammirazione e di invida allo scopo della fotografa siriana che ritratto il piccolo Aylan sulla spiaggia di Bodrun. Un fotoreporter sa che uno scoop di quel tipo ti cambia la vita e sa che le redazioni sono molto sensibili a foto analoghe. Mentre fino a poche settimane fa quelle dei migranti faticavano a finire in pagina o in homepage, ora vengono richieste insistentemente, soprattutto se riguardano bambini.

La foto del neonato che gattona è troppo innaturale. Osservatela con attenzione: intorno a sé non ha nessuno, non si vedono altri profughi, non si vede la folla. La qualità della foto, però, è eccellente. Il gioco delle luci e delle ombre perfetto. Il fotografo si sdraia per scattare la prima foto. Roba da professionisti. Tutto è nitido, perfetto, l’immagine ha pathos, intenerisce, ma, esaminandola razionalmente, appare inverosimile. E il sospetto che la scenografia sia stata ideata ad arte diventa perlomeno plausibile.

Basta un fotografo particolarmente sveglio e intraprendente, alla ricerca di un altro scoop a forte impatto emotivo, che individua una giovane coppia con la bambina in braccio e li convince a spostare la loro piccola proprio di fronte ai poliziotti, i quali aspettano da ore sotto il sole di fronte a una folla pacifica, non sono aggressivi né diffidenti; lasciano fare quei giovani genitori.

Basta osservare l’espressione degli agenti che guardano quella piccolissima profuga; è di sorpresa e di umana simpatia, sufficiente per intuire che quel piccolo non stava davanti ai loro occhi da ore. L’hanno portato lì in quel momento; giusto il tempo di due scatti. Destinati a fare il giro del mondo. E a rendere ricco e felice un intraprendente e molto furbo fotoreporter.

Articolo pubblicato originariamente sul blog di Marcello Foa il 21/09/2015

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