L’idea di autonomia professionale è uno dei punti fondamentali del giornalismo e le limitazioni a essa, quando avvengono, sono giustamente considerate un impoverimento della democrazia. A volte i giornalisti sono costretti a scoprire come la loro indipendenza sia condizionata dalle stesse aziende per cui lavorano, che possono avere specifici interessi di stampo politico o commerciale.
Uno studio pubblicato dalla rivista accademica Journalism ha messo sotto osservazione l’autonomia dei media in Danimarca e ha riscontrato come i giornalisti in questo paese sentano di avere una libertà pressoché totale di prendere decisioni importanti relative al loro lavoro e i contenuti che producono. La Danimarca, da questo punto di vista, è un case study molto interessante: da un lato, infatti, il sistema dei media di questa nazione ha sempre avuto un livello molto alto di parallelismo con la politica, fenomeno che ad esempio si è espresso in una stampa di partito molto forte; d’altro canto, però, il medesimo sistema è stato progressivamente influenzato dalla commercializzazione, in seguito alla quale sempre più testate hanno cercato di iniziare a fare profitti. Morten Skovsgaard, ricercatore della University of Southern Denmark, nel condurre la sua ricerca, ha studiato la relazione tra gli obiettivi professionali dei reporter e quelli organizzativi delle aziende mediatiche per cui lavorano.
Lo studio è stato basato su un sondaggio ad ampia scala che ha interessato 1083 giornalisti danesi, realizzato in collaborazione con la Danish Union of Journalists, sindacato che rappresenta circa il 90/95% di tutti i giornalisti del paese, escluso chi lavora per le PR o quelli senza lavoro. Il campione ha raccolto professionisti di diversi settori, dalle riviste ai quotidiani, comprese radio, televisioni e il web.
L’autonomia dei giornalisti implica un certo tasso di indipendenza nel perseguimento dei propri obiettivi professionali, soprattutto in relazione alle competenze specifiche e all’ideologia condivisa, a cominciare da quella che riguarda la percezione dell’importanza pubblica del proprio lavoro. La ricerca ha individuato tre diverse aree di pressioni organizzative a livello aziendale che influiscono sull’autonomia dei reporter: gli obiettivi politici, quelli commerciali e le routine e le strutture stesse delle aziende.
La ricerca ha selezionato un set di variabili per misurare l’autonomia giornalistica. Le variabili dipendenti erano “conflitto-accordo con i superiori”, “adattamento ai superiori” e “proprio senso di discrezione indipendente”. Con “superiori” si è inteso gli editor che, per via della loro posizione più alta nelle gerarchie aziendali, possono avere influenza sulle decisioni stesse dei giornalisti. Le variabili indipendenti per misurare la disparità tra gli obiettivi professionali dei giornalisti e quelli delle aziende sono state invece la discrepanza politica, gli obiettivi di servizio pubblico (in senso di percepito orientamento verso il servizio pubblico rispetto al profitto), le limitazioni di tempo e le scadenze, oltre che la competizione con altri giornalisti.
Lo studio ha scoperto come la maggior parte dei giornalisti danesi sentano di avere una sostanziale autonomia e possono godere della libertà di prendere decisioni importanti. La discrepanza politica tra reporter e le aziende che danno loro lavoro, dal canto suo, ha generato una piccola riduzione del senso di accordo con i propri superiori e un crescente senso di conflitto, ma non è arrivata a inficiare l’autonomia professionale.
La discrepanza con l’orientamento verso il servizio pubblico, dove le aziende mediatiche, al contrario, tendono di più verso obiettivi di mercato rispetto ai singoli giornalisti, ha invece fatto registrare un impatto sul senso di autonomia percepito dai reporter. In questi casi, i giornalisti hanno sentito come la loro libertà di prendere decisioni indipendenti fosse toccata dalla tendenza verso il profitto delle proprie aziende. Questo aspetto ha anche diminuito il senso di accordo con i superiori, facendo però aumentare, anche se di poco, la percezione di conflitto. Allo stesso modo, le pressioni di tempo e le scadenze fanno sentire i giornalisti danesi complessivamente meno autonomi.
La presenza di competizione con altri giornalisti non ha invece un impatto significativo sul livello di accordo con i superiori e non ha nemmeno intaccato il senso di indipendenza. Ha, invece, come era prevedibile, fatto aumentare il livello di adattamento con i superiori, per quei reporter che devono raggiungere le aspettative dei propri superiori per vendere le proprie storie.
L’analisi ha anche riscontrato come il tipo di medium abbia un’influenza sull’esperienza dell’autonomia professionale. I giornalisti che lavorano nei quotidiani, per esempio, hanno esperienza minore di disaccordo e adattamento con i loro editor se paragonati con i colleghi della tv, dei tabloid, dei settimanali e del web. I professionisti della carta quotidiana si sentono anche complessivamente più indipendenti rispetto a quelli di altri media.
Quanto alla relazione con i superiori, lo studio ha riscontrato anche interessanti differenze di genere. Gli uomini, secondo i risultati, sono generalmente più conflittuali che le donne. In termini di esperienza di lavoro, i reporter di più lungo corso sono anche quelli con minore tendenza all’adattamento. Complessivamente, l’analisi ha dimostrato che il contesto dell’organizzazione in cui i giornalisti danesi lavorano è un fattore molto più importante del background personale (genere, esperienza ed educazione) nel spiegare l’autonomia professionale.
Lo studio ha rivelato come l’orientamento for profit sia un fattore più forte delle differenze politiche tra giornalisti e le testate per cui lavorano nel limitare l’autonomia dei professionisti danesi. Siccome lo studio si è concentrato solo sulla Danimarca e la percezione dell’autonomia professionale dei giornalisti varia da paese a paese, questa ricerca potrebbe essere l’inizio di altri studi comparativi.
Articolo tradotto dall’originale inglese
Skovsgaard, Morten (2014): Watchdogs on a leash? The impact of organizational constraints on journalists’ perceived professional autonomy and their relationship with superiors. In Journalism 15(3).
Photo credit: Louis Abate / Flickr Cc
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