Il primo caso in Europa di una legge bavaglio per i media ha suscitato molto clamore. L’EJO in una serie di articoli racconta come hanno reagito media e giornalisti dei vari paesi europei, della Russia e degli Stati Uniti.
E’ stato il Fidesz – partito conservatore di destra con i 2/3 della maggioranza in parlamento – a emendare la legge all’inizio dell’anno imponendo di fatto un ampio controllo dello Stato su tutti i media e la loro attività di informazione. In caso di inosservanza di uno dei 175 articoli contenuti nella riforma sono previste multe ingenti: da 700 mila euro per le tv a 89 mila per i giornali e i siti internet. Tra le misure più restrittive, la soppressione delle redazioni di giornali e radio così da concentrare tutta l’informazione primaria sull’agenzia di stampa nazionale finanziata dallo Stato; l’istituzione di un tetto del 20 per cento per la cronaca nera nei telegiornali; l’imposizione per le radio di inserire almeno il 40 per cento di musica ungherese; l’obbligo per i giornalisti di rivelare le proprie fonti per questioni legate alla “sicurezza nazionale”. Nel frattempo però, messo alle strette dalla Commissione UE che minacciava l’avvio di una procedura di infrazione ma anche dalle forti critiche e pressioni dei media europei, a fine febbraio il governo conservatore ungherese ha fatto un passo indietro presentando in parlamento le sue modifiche e correzioni.
Le proposte, presentate dal vicepremier e ministro della giustizia Tibor Navracsics, riguardano in particolare quattro punti:
– l’obbligo di “copertura equilibrata pena sanzioni salate”, sarà sostituito col concetto del “principio di par condicio”
– i media audiovisivi con base all’estero non saranno soggetti alla legge
– l’obbligo di registrazione di tutte le testate presso una autorità nazionale per i media, creata all’inizio dell’anno e composta esclusivamente da membri vicini al governo sarà ammorbidito
– il “divieto di offesa a rappresentanti di minoranze o maggioranze sarà sostituito col divieto più mite di “incitamento all’odio e alla discriminazione”
La decisione di Budapest è stata accolta con sollievo a Bruxelles: “sono molto soddisfatta che le autorità ungheresi abbiano accettato di emendare la legge e di garantire il rispetto del diritto europeo, in particolare della Carta dei diritti fondamentali”, ha detto la commissaria competente, Neelie Kroes. La Commissione comunque, ha sottolineato, “continuerà a vigilare” per assicurarsi che le modifiche annunciate siano effettivamente apportate e che la legge emendata sia “correttamente applicata”.
Ma è davvero sufficiente? O bisognerebbe intervenire con modifiche più radicali?
I media magiari hanno in programma una manifestazione per il 15 marzo, giornata mondiale degli ungheresi, e intendono presentare un ricorso alla Corte costituzionale.
Nel frattempo, in attesa di ulteriori evoluzioni, l’Osservatorio Europeo di Giornalismo con l’aiuto degli studenti di giornalismo della Università di Dortmund*,l ha deciso di analizzare i diversi contributi e i servizi pubblicati a riguardo a cavallo tra dicembre 2010 e i primi mesi del 2011 da Germania, Austria, Svizzera, Gran Bretagna, Francia, Spagna, Portogallo, Svezia, Russia e Stati Uniti, mettendo in luce reazioni e opinioni dei diversi media e giornalisti.
Il punto di vista dei media tedeschi
Tanto clamore attorno ad un piccolo paese
di Andreas Sträter
Il 1° gennaio in Ungheria è entrata in vigore una legge piuttosto anomala per un paese membro della UE che sottopone i media pubblici e privati a una nuova autorità di vigilanza, dotata di un ampio potere regolatorio e sanzionatorio. Questa nuova legge ha destato molto clamore in Germania e nel mondo in generale, in particolare perché appoggiata dalla presidenza della Commissione Europea. Tanto che a partire dalla fine di dicembre testate di qualità, media online e agenzie di stampa ne rendono conto con reportage e servizi dettagliati. Anche i telegiornali delle maggiori emittenti pubbliche e private come Tagesthemendi ARD, Heute journal della ZDF e Aktuell di RTL hanno dedicato ampi servizi a riguardo, tutti con l’obiettivo di mettere in rilievo sia i principi dell’Unione Europea sia i fatti storici che hanno determinato la moderna situazione politica ungherese, in particolare la rivoluzione del 1948 e la pace di Trianon. L’attenzione però è stata soprattutto orientata al ruolo particolarmente delicato dell’Unione Europea, la contraddizione è infatti evidente: in uno stato membro è stata emanata una legge sui media che non rispetta i principi fondamentali dell’Unione Europea.
Poco prima di Natale era già evidente l’intenzione del governo conservativo di Orbán. Il 22 dicembre Doris Simon, corrispondente a Bruxelless del Deutschlandfunks, diede un primo commento: “In questo caso guardare dall’altra parte significa acconsenitire tacitamente alla violazione dei valori europei fondamentali da parte dell’Ungheria. Oggettivamente nessuno dovrebbe appoggiare il primo ministro Viktor Orbán”. Segue l’affermazione ancora più esplicita: “L’Unione Europea deve ricordare al governo Orbán i suoi doveri in modo molto più deciso” e conclude con la richiesta nei confronti della Commissione di intentare un procedimento per violazione degli accordi.
Il giorno dopo, il titolo di Davide Denk in taz, “Sulla strada verso la dittatura”, commenta da solo le possibili conseguenze di questa legge sulle dinamiche redazionali: “Tempi duri per i giornalisti ungheresi […], che temono gravi risvolti per la loro professione, qualora iniziassero a costare troppo cari ai loro datori di lavoro”. Se non si comportano bene e non prendono sul serio le autorità di vigilanza, le conseguenze potrebbero tradursi in un massimo di 750.000 euro in sanzioni pecunarie. “Le impacciate redazioni ungheresi, di certo più indipendenti fino a questo momento, non sembrano però riuscire a tenere testa al rischio dell’autocensura.”
Nella trasmissione del 3 gennaio della ZDF, il caporedattore di Heute journal Peter Frey esprime chiaramente il suo parere: “A partire dal nuovo anno, i concetti di libertà di stampa e di pluralità dell’informazione non hanno più alcun fondamento in Ungheria. Ed è un problema che non riguarda solo i 10 milioni di Ungheresi, interessa tutta l’Europa e copre di ridicolo tutti i 26 capi di governo dell’Unione”.
Il 10 gennaio, in un contributo all’interno di Die Welt, lo storico György Dalos tenta di spiegare la “Follia ungherese”: l’Ungheria deve comprendere “che la democrazia è qualcosa di più del governo di una maggioranza di elettori, in quanto deve anche tenere conto della libera espressione della volontà di tutti i suoi protagonisti, volontà non sanzionabile dal punto di vista monetario.”
La Süddeutsche Zeitung si è occupata spesso del caso sulla pagina dedicata alla politica estera e alla riflessione sui media. In un testo di Martin Winter di Bruxelles (del 23 dicembre) si legge: “L’articolo 7 rappresenta l’arma più potente dell’Unione contro uno stato membro che infrange i valori condivisi. […] Ma nessuno può essere escluso dalla UE. Eppure, se uno stato […] non ancora incluso nell’Unione avesse una legge sui media come quella ungherese, non verrebbe certamente ammesso”.
Recentemente è stato Michael Frank a biasimare il comportamento della UE rispetto alla legislazione sui media dell’Ungheria. Il giudizio è già palpabile dal titolo: “Una missiva troppo indulgente da Bruxelles” (articolo datato il 28 gennaio, non disponibile nella versione online). Si ironizza sul fatto che il comunicato all’Ungheria sia stato redatto dalla penna di Neelie Kroes, commissario per i media digitali, piuttosto che dal responsabile della difesa dei principi europei, Viviane Reding, e sottolinea infine come non sia stato per nulla trattata la questione del controllo sul flusso delle informazioni e delle opinioni.
Persino per la stampa boulevardistica la questione riveste una certa rilevanza e in un’intervista piuttosto ampia e pubblicata in due parti (datata 17 gennaio) il Bild pone al primo ministro ungherese la domanda:“Vieterebbe anche la pubblicazione del BILD?”
Accanto ai quotidiani e alle trasmissioni radiofoniche, il tema trova anche importanti ripercussioni sui watchblog, soprattutto in netzpolitik.org e in Carta (blog d’autore per la politica, l’economia e la comunicazione mediale). La chiarezza espostiva con cui Netzpolitik.org illustra i retroscena della legge ungherese ha conquistato il feed-back di ben 50 commenti che invitano a una profonda riflessione sul ruolo della politica mediatica in Europa.
Su Carta il contributo di Hubertus Gersdorf (23 Dicembre) scredita l’attenzione dedicata al problema da parte dell’Unione Europa, che lo ritiene solo uno dei tanti casi da trattare. In altri testi e servizi si parla di Variante ungherese dell’indifferenza, Barbarie approvata dalla costituzione a Budapest oppure ancora della conseguenza di un minuto di silenzio in un programma radio ungherese . Già, un minuto di silenzio in difesa della pluralità di informazione e della libertà di stampa.
Il punto di vista dei media austriaci
Ungheria – un paese di farabutti o di immaturi?
di Patricia Käfer, Medienhaus Wien
Dalla fine di dicembre fino all’inizio di febbraio Lo Standard, quotidiano regionale di Vienna, ha realizzato – per lo meno online – molti pezzi a riguardo, tra cui articoli, post sui blog, videocast, commenti, ecc. Il tono dei commenti è palesemente critico nei confronti del Fidesz : verso la metà di gennaio il capo redattore Alexandra Föderl-Schmid richiede infatti “un’uniformazione del diritto mediatico in Europa, affinchè vengano impediti interventi di questo genere” e conclude dichiarando che “L’UE non è solo una comunità economica, bensì anche una comunità di valori”.
La replica giunge pochi giorni dopo direttamente dall’ambasciatore ungherese a Vienna, Vince Szalay-Bobrovniczky, in un commento intitolato “l’Ungheria non è uno stato di farabutti”. A fine gennaio il corrispondente di Bruxelles dello Standard ,Thomas Mayer, lascia intendere nel suo blog che la presidenza ungherese cercherà di convincere la UE “abbellendo” la legge qua e la, mentre il pubblicista Robert Misik, direttore di un videoblog su derStandard.at la interpreta (riferendosi all’appello di Jürgen Habermas nella SZ) solo come sintomo di un problema molto più ampio: “una grande ondata di chiarezza sta attraversando il paese”.
Dall’inizio di dicembre il quotidiano Die Presse espone le sue proteste contro la pianificazione della legge e la sua successiva entrata in vigore in modo decisamente molto divergente. Già il 21 dicembre, Paul Lendvai, pubblicista austriaco di fama popolare e di origini ungheresi afferma: “E’ un passo in direzione della Bielorussia nonché una regressione verso i tempi bui della storia ungherese” e dichiara di essere molto rammaricato per una tale involuzione antidemocratica. Da questa data fino all’inizio di febbraio quasi ogni giorno compare almeno un articolo o un contributo di un autore ospite in merito a questo argomento. L’orientamento dei pezzi varia alquanto: in un editoriale viene invocata la “forza autopurificante” di “un paese immaturo” e qualsiasi tipo di intervento negli affari interni dell’Ungheria viene ritenuto controproducente. Ma l’8 gennaio il medesimo autore, Wolfgang Böhm, ritorna sull’argomento affermando: “Il capo del governo Viktor Orbán non è in grado di confrontarsi con la critica mossa da tutto il mondo contro la nuova legge sui media”. Pochi giorni dopo l’ex corrispondente della ARD Detlef Kleinert scrive nella Presse che la limitazione della libertà di opinione e di stampa imposta dalla legge è certamente da condannare, ma che una tale critica appare piuttosto ipocrita se mossa da un paese come l’Austria “in cui è proprio il partito del cancelliere a decidere a chi spettano incarichi influenti nella radio di stato”.
Anche il Kurier affronta l’argomento in numerosi articoli e commenti del suo sito web, anche se in modo piuttosto superficiale. La posizione è alquanto critica nei confronti del Fidesz e del suo leader, come scrive il caporedattore Helmut Brandstätter in un editoriale di fine dicembre: “La UE deve tenere d’occhio Viktor Orbán e, se necessario, dargli una bella bacchettata”.
In modo meno dettagliato ma decisamente polemico, il portale online della Kronen Zeitung, foglio boulevardistico di altissima tiratura, si occupa a fine dicembre 2010 della promulgazione della legge e a fine gennaio parla di una possibile modifica della legge ungherese sui media.
Il punto di vista dei media svizzeri
La neutralità della Svizzera
Di Selina Duelli
La trattazione del problema è risultata piuttosto contenuta da parte dei media svizzeri del cantone tedesco e di quello italiano, sia dal punto di vista della quantità degli articoli, sia dal punto di vista dell’esposizione argomentativa.
I servizi sono per la maggior parte di natura nozionistica e oggettiva. In particolare la Neue Zürcher Zeitung (NZZ) ha assunto una precisa posizione critica nei confronti della Unione Europea.
Il quotidiano vede nelle violente reazioni dei paesi membro contro la nuova legge la conseguenza della perdita di credibilità della UE a livello internazionale e la relativa necessità di recuperarla mediante una coerente gestione degli affari di politica interna.
“Tuttavia, la commissione di Bruxelles e il Parlamento Europeo non sono tenuti ad assolvere la funzione di comitato di assistenza sociale e a vigilare su garbugli democratici”, così recita l’articolo. Al rappresentante dei Socialdemocratici e dei Verdi del Parlamento Europeo il giornalista Eric Gujer ricorda poi il dovere di “onorare l’impegno della difesa dei diritti fondamentali contro una politica di interessi”, senza far passare le forze conservative per democratiche, perché questo non fa altro che palesare la politica “ipocrita” dell’Unione Europea.
Il quotidiano ticinese Corriere del Ticino in data 17 gennaio riporta un commento di Sergio Romano nel quale il giornalista critica i toni nazionalisti e populisti del governo ungherese ma si dice altresì sicuro che fattori determinanti come la presidenza della UE e la crisi economica del paese costringeranno Viktor Òrban ad abbassare i toni e a scendere a compromessi.
I quotidiani gratuiti Blick Am Abend e 20 Minuten sui loro siti realizzano generalmente pochi servizi propri, tendenza ancor più accentuata nella trattazione degli affari esteri. Nel caso qui discusso hanno attinto completamente dal materiale delle agenzie di stampa, senza offrire alcun articolo di opinione.
I siti internet dei telegiornali più importanti offrono ancor meno contenuti redazionali di propria realizzazione. In toponline.ch predomina il materiale delle agenzie, mentre nella sua hompage ZüriNews non dispone di alcun contenuto redazionale; solo SF1 si occupa in modo più preciso dell’argomento, attingendo però prevalentemente ai documenti delle agenzie. Anche qui, del tutti assenti gli articoli di opinione.
Il punto di vista dei media inglesi
Legge bavaglio, rinascita del comunismo e critiche della UE
di Miryam Nadkarni
Il quotidiano liberale The Guardian tratta il tema da diversi punti di vista. Nel complesso la redazione cerca di fornire una trattazione neutrale e oggettiva, ma alcuni articoli esplicitano l’atteggiamento fortemente critico dei giornalisti nei confronti della nuova legge.
Riportiamo l’esempio di un commento redazionale del 5 gennaio 2011: “Viktor Orbán è l’ultima persona idonea in Europa a poter assumere la presidenza della UE”. I contributi di The Guardian non hanno solo l’Ungheria nel mirino, bensì anche la Comunità Europea stessa, come ad esempio si legge nell’articolo intitolato “The EU’s Hungary headache – and a whiff of double standards” (“La pecora nera della UE- due pesi e due misure”) del 20 gennaio 2011. L’autore Simon Tisdall critica il modo di procedere dell’Unione nei confronti della politica ungherese e argomenta sostenendo che ci sono certo altri stati membri che non rispettano le direttive europee ma che non vengono condannati solo perchè più grandi e più influenti. Tuttavia, il giornalista ritiene in ogni caso necessario procedere contro l’Ungheria venga presa di esempio per altri paesi con discutibili diritti civili .
Il Daily Mail, uno dei giornali scandalisitici inglesi più letti, si occupa di questa tematica solamente due volte. Il primo articolo è datato il 23 dicembre e intitolato“Hungary gags media and throws its EU presidency into doubt with Communist-style measure” (“L’Ungheria imbavaglia i media e scredita la presidenza dell’UE per la sua politica di impronta comunista”).
All’interno dell’articolo prende la parola il politico tedesco Daniel Cohn-Bendit: “l’Ungheria si sta orientando nuovamente verso una dittatura comunista di controllo del popolo”. Con tanto di foto di Orbán, serissimo e ritratto da sottinsù, un tipico espediente stilistico per esprimere un atteggiamento di minaccia e autorità.
Al contrario del Daily Mail, i servizi della BBC sono encomiabili e ben approfonditi. Al di là degli articoli che trattano specificatamente della legge e ospitano sempre interviste con numerosi politici, vengono proposti anche contributi relativi all’organizzazione e alla storia dell’Ungheria, nonchè persino l’inno nazionale.
Il più amato giornale scandalistico inglese, The Sun, non affronta l’argomento e si limita a pubblicare online un video di twitter sulle proteste del popolo ungherese, rintracciabile però solo passando per il sito della BBC, in cui del resto sono sempre segnalati ulteriori link per approfondire la tematica.
In sintesi, i media inglesi più rilevanti hanno esaminato la tematica in modo preciso, ponderato e responsabile, mentre i giornali scandalistici hanno trattato la questione solo se allettati da materiale sensazionale. Negli articoli si è sempre cercato di drammatizzare la faccenda con citazioni ad effetto e la critica ha interessato sia la Comunità Europea sia il presidente ungherese, critica probabilmente motivata dal fatto che gli inglesi hanno spesso avuto da ridire contro la UE.
Il punto di vista dei media francesi
Un’influenza populistica
di Thilo Kötters
“L’Ungheria si fa beffa dell’Europa” – il principale quotidiano regionale francese Le Monde ritiene che l’intenzione, ormai nota dall’inizio di gennaio, di introdurre una legge sui media così restrittiva non apporti alcun vantaggio all’Ungheria, nè tanto meno agli altri 26 paesi membri. Anche altri media francesi sottolineano la portata europea di questa decisione politica, nonchè l’ombra gettata sulla presidenza ungherese del Consiglio Europeo, iniziata il 1 gennaio 2011.
In un editoriale del 4 gennaio, Le Monde sostiene che il governo ungherese stia palesemente infrangendo gli accordi comunitari. Il quotidiano disapprova la mancata presa di posizione degli altri paesi e dichiara che le decisioni di ciascun stato membro non siano per nulla svincolabili dai valori politici della UE.
Data la situazione, il quotidiano di Lille, La Voix du Nord, non vede l’Europa “in gran forma” bensì affetta da una sorta di “influenza populistica” (articolo del 5 gennaio). Proprio il paese che dovrebbe garantire l’unione europea diffonde invece una grande sensazione di disagio a causa di una legge che risulta inconciliabile con il principio della libertà di stampa sancito dalla Carta Europea dei Diritti.
“Populismo esagerato” titola il giornale regionale di maggiore tiratura, Ouest-France (Rennes) bollando lo stile del governo ungherese e annoverando il premier Viktor Orbán tra i populisti di destra, insieme all’austriaco Jörg Haider e all’olandese Geert Wilders. E‘ una legge che imbavaglia i media e Orbán, prosegue il giornale citando da Wikileaks, “sta giocando con il fuoco”, conclude affermando che quello che sta succedendo a Budapest debba coinvolgere e riguardare tutti.
Anche l’Humanité, giornale di stampo socialistico, teme la fase di una “presidenza turbolenta” nell’Unione Europea. Nell‘uscita del 4 gennaio condanna la critica moderata degli altri stati e l’eccessiva inerzia della UE, che ha contenuto così a lungo i suoi timori fino ad assistere alla definitiva approvazione della legge. Anche Ouest-France delinea dei parallelismi con la storia della politica austriaca e ricorda la comminazione di numerose sanzioni dopo il successo delle elezioni dell’estrema destra del 2000.
“Cortina di ferro per la libertà di stampa”, questo il titolo della Libération del 4 gennaio, che denuncia la violazione della Carta Europea dei Diritti Fondamentali e interpreta la legge quale un passo indietro verso l’autocensura dei tempi del comunismo, a giudicare dalle ingenti sanzioni disciplinari.
L’Europa ha molto da perdere se chiude gli occhi di fronte agli sviluppi della politica ungherese, si legge in un blog del settimanale L’Express, attento, così come altri media francesi, alla portata internazionale delle leggi sui media e agli altri provvedimenti intrapresi dal governo ungherese. Se la Commissione Europea facesse sentire un pò di più la sua voce “Viktor Orbán capirebbe di non poter essere a capo dell’Europa senza rispettare i suoi valori fondamentali”. L’autore ammette certo che l’Ungheria è stato spesso teatro di conflitti tra i media e gli organi di controllo, ma che questo non giustifica l’introduzione di sanzioni draconiane per servizi immorali e avventati.
Il punto di vista dei media spagnoli
Alla Spagna non interessa la libertà dei media in Ungheria
Di Daniel Fernández
Solo in rari casi i media spagnoli hanno parlato delle limitazioni della libertà di stampa in Ungheria, come se fosse un tema lontano, che non li toccasse direttamente. I quotidiani El País ed El Mundo sono gli unici ad argomentare le misure interventistiche nei confronti della libertà dei media ungheresi. Mentre El Mundo pubblica in internet un contributo di un corrispondente dell’agenzia di stampa reuters , la versione online di El País affronta il tema dal punto di vista di un reporter della propria redazione.
Un po’ più di attenzione viene dedicata quando a metà gennaio il Parlamento Europeo interviene nel dibattito, in numerosi articoli viene pertanto sottolineato il ruolo della presidenza del Consiglio Europeo mentre alcuni si occupano delle reazioni degli altri paesi. Curioso il fatto che siano proprio le televisioni a prendere distanza dall’argomento, le emittenti si concentrano infatti molto di più sui servizi di intrattenimento piuttosto che di informazione, e tale tendenza vale anche per la trattazione della cronaca estera. Solo il servizio pubblico della TVE offre a riguardo informazioni di carattere generale e alcuni video.
Il punto di vista dei media portoghesi
Assolto il dovere di cronaca
di Mariella Trilling
La nuova legge ungherese sui media non è un tema poi così avvincente per i giornalisti portoghesi e neanche per il web. Non si va oltre il diritto di cronaca. Certo, l’attenzione verte completamente sulle prossime elezioni, eppure persino in Brasile, a 10.000 chilometri di distanza e anche lui nelle mani di un governo appena eletto, ci si occupa in modo più dettagliato del bavaglio alla libertà di stampa.
3 gennaio 2010. Sono trascorse già due settimane da quando le delibere del presidente ungherese Viktor Orbán hanno per la prima volta influenzato i titoli della maggior parte dei media europei. “Fine della libertà di stampa in Ungheria”, così recita un titolo nella testata portoghese Público, il primo articolo che compare sull’argomento nel portale online, www.publico.pt. Tre giorni dopo la redazione parla dell’atteggiamento conciliante del governo ungherese e dell’intenzione di emendare sul sito parti della legge tanto dibattuta.
Anche l’homepage del foglio di qualità Jornal de Notícias potrebbe farlo ma il caso ungherese sembra non costituire un tema sufficientemente interessante. Solo tre articoli trattano l’argomento – come in Público– e solo in data 3 gennaio, ben due settimane dopo che gli altri media europei ne avevano già ampiamente parlato.
Il settimanale Expresso si occupa della nuova legge sui media nella regolare offerta di notizie del suo sito internet, lo sviluppo della questione viene poi seguito e commentato nei blog. A differenza dei giornalisti del Público, qui gli autori si sbilanciano un po’ di più e il comportamento del governo di Orbán viene talvolta giudicato sfrontato (“Come un ragazzotto maleducato“), talvolta criticato in tono compassionevole (“L’inizio poco fortunato della presidenza della UE dell’Ungheria” ). Ai lettori maggiormente interessati viene messo a disposizione il link a presseurop.eu , in cui viene quotidianamente pubblicata una selezione di articoli tradotti in 10 lingue tratti da oltre 200 quotidiani, riviste e magazine.
Sebbene lontani dall’Europa, sia geograficamente che culturalmente, i media brasiliani trattano ampiamente il problema, per certi versi anche in modo molto dettagliato. Un esempio è il sito del Folha de São Paulo : con un solo giorno di ritardo rispetto ai loro colleghi europei, i giornalisti di questa testata pubblicano il primo articolo sul tema. A brevi intervalli di tempo seguono sempre più informazioni relative allo sviluppo della questione, tratte da agenzie di stampa e dalla Deutsche Welle, non solo, nessun media brasiliano di una certa rilevanza si permette di trascurare gli sviluppi della questione.
E i Portoghesi? Anche loro ne parlano, certo. Ma analizzano e commentano ben poco, non si schierano e lasciano ai margini gli sviluppi della notizia. Semplice dovere di cronaca quindi, nulla di più.
Il punto di vista dei media svedesi
Il Dagens Nyheter è l’unico a dire la sua
di Eva-Maria Spiller
In Svezia solo uno dei quattro più importanti quotidiani si occupa in modo approfondito dello scandalo, il Dagens Nyheter (DN), la più grande testata svedese di qualità. In un lasso di tempo che intercorre dal 22 dicembre 2010 al 19 gennaio 2011 compaiono in tutto sette contributi sul tema. In tre casi il materiale dell’agenzia di stampa Tidningarnas Telegrambyrå (TT) non subisce variazioni, mentre in altri due viene rielaborato per la pubblicazione.
E’ una corrispondente del Dagens Nyheter a redigere l’ articolo più interessante e approfondito, (datato 3 gennaio) e ad affrontare i seguenti quesiti da un punto di vista critico: cosa è la legge sui media? E’ legittima? Come reagisce la UE nei confronti delle idee politiche ungheresi? Può una tale decisione essere sostenuta dalla UE? Come reagiscono gli altri paesi membri? In confronto agli altri quotidiani oggetto della presente indagine, il DN è l’unico a proporre un’argomentazione critica: si indaga sul potere sempre più forte del governo, si cerca di colmare le lacune della legislazione comunitaria e si commentano le critiche e i punti di vista degli altri paesi. La tesi di fondo è che i cittadini vengono derubati in buona parte della loro libertà di espressione mentre i media sono privati del loro unico strumento di verità. Secondo il quotidiano, il governo ungherese non intende rinunciare al suo potere e, d’altra parte, la comunità europea non è in grado di proporre soluzioni adeguate in tema di sanzioni e tasse, argomentazioni del tutto assenti nel Göteborg-Posten, nell’ Expressen e nel Aftonbladet .
In un arco di tempo che intercorre dal 3 al 19 gennaio, Il Göteborgs-Posten, il secondo più grande quotidiano di qualità, pubblica complessivamente nella sua offerta online sei contributi. Quattro di questi derivano dall’agenzia di stampa TT, altri due sono commenti di due deputati svedesi del Parlamento Europeo, uno di cui è stato anche ospitato nelle pagine del DN. Assolutamente assenti i servizi dei corrispondenti.
Decisamente scarsa l’attenzione dedicata da parte dei principali giornali scandalistici svedesi, l’Expressen e l’Aftonbladet. L’unico articolo di quest’utlimo risale al 19 gennaio e attinge ai comunicati della TT, il cui materiale è stato del resto utilizzato anche dal DN e dall’Expressen proprio nel medesimo giorno.
Il 20 gennaio l’Expressen pubblica poi un commento di un deputato europeo, in cui viene illustrata la posizione del premier svedese Reinfeldt nei confronti della politica ungherese. Invece di tematizzare l’attentato alla libertà del popolo ungherese, l’articolo verte soprattutto sulle apparenti manchevolezze del premier svedese, senza tuttavia chiaramente delineare l’opinione del politico né palesare i punti fondamentali del suo pensiero.
Il punto di vista dei media russi
“Una cosa del genere non ce la saremmo aspettata dall’Ungheria”
Di Anja Willner
Nei media russi tradizionali il problema viene affrontato o in modo distaccato, per puro dovere di cronaca, o non se ne parla proprio, ma alcune voci hanno sorprendentemente esposto il loro punto di vista critico.
In un breve contributo il quotidiano Iswestija, nota testata di qualità, critica ad esempio il comportamento della Commissione Europea nei confronti del problema e accenna timidamente alla dichiarazione di Viktor Orbán di apportare alcune modifiche alla legge.
Dopo le elezioni di aprile il Iswestija ha designato Viktor Orbán come colui che trasformato il partito liberale Fidesz in un gruppo conservativo, tanto da meritarsi l’etichetta di “populista”, tuttavia, non ci si addentra in un giudizio esplicito nei confronti delle sue idee politiche.
Si accenna anche al fatto che da Orbán ci si sarebbe piuttosto aspettati una repubblica filorussa, al contrario dei suoi predecessori che miravano invece a includere il paese nel patto Nato. Nei mesi di novembre e dicembre, Viktor Orbán si è incontrato a Mosca con il Primo ministro Putin, destando l’attenzione della maggior parte dei media russi, non solo, Putin sembra avergli concesso un’udienza privata anche prima della sua elezione: si pone quindi l’interrogativo se la svolta nei rapporti russo-ungheresi abbia a che fare con una trattazione così limitata di questo problema.
Ecco invece quello che scrive a proposito il Nesawissimaja Gaseta (“Giornale indipendente”): “La legge non è stata ancora sottoscritta dal presidente, ma ha già scatenato una certa risonanza”. La legge viene qui definita come una vera e propria “pietra dello scandalo” e additata quale la causa che potrebbe fare traballare la presidenza ungherese del Consiglio Europeo. Il contributo si limita però a individuare gli argomenti delle posizioni critiche internamente alla Commissione e al Parlamento Europei, tra cui del resto la Germania si distingue per la sua posizione particolarmente critica. Si riporta infatti l’avvertimento pubblicato da Angela Merkel per mezzo del ministro Hoyer, in cui la cancelliera mette in guardia contro il rischio di ferire importanti principi legali mediante la gestione dei mezzi di comunicazione di massa. Tuttavia, la posizione del giornale nei confronti del problema non viene più di tanto esplicitata.
Il quotidiano economico Kommersant specifica la serie di scandali con cui inizia la presidenza europea dell’Ungheria, tra cui si annovera appunto la nuova legge sui media. L’analisi del problema verte sulle aspettative disattese di questa presidenza, che si sarebbe dovuta occupare di problematiche più serie, quali la grave crisi economica e che, invece, già dalle prime tre settimane del suo incarico ha diffuso un clima di insoddisfazione. Sono soprattutto i deputati europei e i capi di partito Martin Schulz e Daniel Cohn-Bendit a beneficiare di un ampio spazio per esprimere il proprio parere.
E’ degno di nota, ritiene il Kommersant, che Orbán abbia iniziato il suo discorso di ingresso nel Parlamento Europeo soffermandosi sui valori della libertà e della democrazia. Vengono poi riportati gli argomenti sostenuti dal governo ungherese – la legge sui media riguarda gli affari interni e l’Ungheria è una delle prime democrazie della ex Unione Sovietica – e il paragrafo sulla tanto dibattuta legge sui media è già concluso, senza lasciare trasparire l’opinione dell’autore.
Anche il Komsomolskaja prawda ha gridato allo “scandalo”, come recitano i titoli di testa, peccato però che lo scandalo consista più nel famigerato tappeto che il governo ungherese ha fatto mettere nell’edificio del Consiglio Europeo, in quanto rappresenta sì l’Ungheria ma con i confini del 1848.
Il giornale scandalistico lascia quindi in secondo piano la questione della legge sui media, trattata solo ai margini, in una frase secondaria : “anche gli stati membro disapprovano una legge sui media, in quanto basata sulla censura”.
Di tutt’altro tono è il sito di notizie dell’opposizione moderata, lenta.ru: “I media ungheresi costretti a seppellire la libertà di espressione”, “La fine della libertà”, così citano i titoli dei redattori. Viene anche riportata la protesta di due quotidiani ungheresi, ma si tratta solo di un’esposizione cronachistica dei fatti, nulla di più.
In un altro articolo il discorso è incentrato sull’ “effettiva introduzione della censura” in Ungheria. lenta.ru si occupa inoltre di un possibile ricorso costituzionale da parte di un quotidiano ungherese, cosa che del resto il redattore russo ritiene poco probabile, dato che “dall’aprile 2010 Viktor Orbán ha fatto qualsiasi cosa per consolidare il potere del partito”. Tuttavia, grande fiducia viene riposta in un efficiente azione di controllo da parte della Commissione Europea.
Un evidente attegiamento critico è anche riscontrabile dall’emittente estera Wolos Rossii (“La voce della Russia”, prima “Radio Mosca”). L’emittente viene finanziata dallo stato e ha l’obiettivo di rappresentare all’estero la Russia, una funzione simile a quella della Deutsche Welle per la Germania. Ciò che sorprende è l’ampio spazio dedicato alle voci critiche nei confronti della legge sui media. Un esempio è Boris Rezik, vicepresidente della Commissione della Duma per la politica dell’informazione. Il suo parere nei confronti della legge sui media è assolutamente negativo: “Dall’Ungheria non ci saremmo mai aspettati una simile decisione, perché il paese si è proclamato quale stato libero e democratico e un segno della società democratica è proprio determinato dalla libertà dei mass media”, ed esprime poi il timore che l’Ungheria possa assurgere a modello da imitare.
Anche la “Voce della Russia” prende posizione e la richiesta volta alla Commissione Europea di modificare la legge viene ritenuta dall’autore assolutamente “fondata”. La cosa sorprende molto, dato che la Russia non può certo essere considerata la “culla” della libertà di stampa. Perlomeno – e questo preme particolarmente ai politici russi –in Russia non è in vigore alcuna legge, che renderebbe lecita la censura.
Il punto di vista dei media americani
La vendetta di Orbán contro i trasgressori
Di Julia Weiß
Il New York Times si è ampliamente interessato alla legge ungherese sui media. Su nyt.com si possono infatti leggere numerosi articoli approfonditi sia su questo tema sia sul ruolo dell’Ungheria all’interno della Comunità Europea. Il corrispondente Stephen Castle si occupa dell’Ungheria soprattutto dalla prospettiva della UE, della funzione della presidenza europea e del contestato presidente Orbán bersagliato dalle critiche degli altri paesi membro. Vengono illustrate le tappe della carriera di Orbán, giudicando poi quale mossa alquanto sbagliata la promulgazione della legge sui media all’inizio della sua funzione di presidente del Consiglio Europeo, su questi passi falsi e sulle relative difficoltà l’autore redige poi anche un ulteriore contributo. Con la medesima oggettività Judy Dempsey commenta da Berlino il contesto europeo in cui si inserisce la legge sui media.: riepiloga brevemente la “labile posizione” dei paesi dell’Europa dell’Est e dipinge la questione ungherese come xenofoba e antisemitica.
E’ il Washington Post a promuovere il dibattito culturale più intenso. Nella colonna intitolata “Jeopardizing democracy in Hungary” (“La minaccia alla democrazia in Ungheria”) Anne Applebaum delinea la situazione politica ungherese e interpreta la legge come “vendetta” intimata dal presidente nei confronti di quei giornalisti che non intendono adeguarvisi: una vera e propria azione di corruzione a cui tuttavia l’elite e i media ungherese non sembrano attribuire l’adeguata attenzione. Segue poi il parallelismo con i politici americani, anche loro talvolta ben volentieri tentati di sbarazzarsi dei giornalisti un po’ scomodi, e conclude in tono piuttosto moderato: “Orbán è cresciuto in uno stato governato monopartitico, la sua consapevolezza storica dovrebbe trattenerlo dall’instaurare nuovamente un regime simile”.
Numerose sono state le lettere dei lettori dopo la pubblicazione dell’articolo “The Putinization of Hungary” (“La putinizzazione dell’Ungheria”). Un lettore avanza la proposta di indagare più approfonditamente sul ruolo dell’Ungheria nella UE e scredita la validità della sua presidenza del Consiglio Europeo, mentre un altro replica che una nuova legge sui media non debba necessariamente implicare le dimissioni dell’Ungheria e invita ad attendere gli effetti prima di avventare qualsiasi tipo di giudizio.
USA Today assume a proposito una posizione piuttosto passiva, probabilmente per la sua natura di tabloid. Tuttavia, il 14 gennaio, viene pubblicato online – usatoday.com – un articolo sulle proteste contro la restrizione della libertà di stampa, Se da una parte l’articolo appare molto simile a un comunicato d’agenzia, piuttosto interessanti risultano i cinque commenti che ne seguono. Il primo commento critica la mancanza di fiducia stessa degli Americani nella libertà di stampa, mentre un altro lettore polemizza sulle informazioni approssimative fornite dalla redazione. Scrive infatti die aver partecipato di persona alle proteste in Ungheria e di poter confermare che i dimostranti fossero ben oltre di solo duemila.
Traduzione dall’originale tedesco “Maulkorb für die Medien” di Mariaelena Caiola
*L’analisi è stata svolta dagli studenti del corso di “Giornalismo e Scienze Culturali” della Technische Universität di Dortmund nell’ambito del seminario “Media e Cronaca Estera” con la supervisione dello staff dell’EJO
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