Digital News Report 2016: smartphone, algoritmi e Silicon Valley

15 Giugno 2016 • Editoria, In evidenza • by

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Distributed content, ad-blocking, video e smartphone. Se si dovesse fare una foto di gruppo alle maggiori questioni aperte nel giornalismo e nei media contemporanei, questi ne sarebbero i protagonisti. Il Digital News Report 2016, pubblicato annualmente dal Reuters Institute for the Study of Journalism (RISJ), ogni 12 mesi, si preoccupa di scattare quella foto, portando in superficie trend ed evoluzioni internazionali nel settore. Quest’anno sono stati 26 i Paesi coinvolti nello studio, che è basato su un sondaggio cui hanno partecipato circa 50mila persone. A emergere in modo chiaro sono diverse direttrici, non tutte inedite, ma tutte equamente rinforzate.

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I social media, in particolare, sono ora una fonte di news su base settimanale per oltre il 50% del campione (e i valori sono alti sostanzialmente allo stesso modo in tutti i paesi). Ma un dato è particolarmente interessante: “una parte crescente degli utenti ne dipendono per il consumo diretto delle news”, scrivono gli autori del report. Questo si traduce nel fatto che tutti quei servizi lanciati dalle aziende della Silicon Valley per le news nel corso del 2015 stanno effettivamente spostando gli equilibri del settore. I distributed content, quelli disponibili al di fuori degli spazi soliti degli editori, sono quindi una realtà ormai acquisita.

Secondo i ricercatori del Risj, questo è visibile dal fatto che circa il 10% degli utenti europei e il 14% negli Usa ha nelle piattaforme social la sua principale fonte di notizie. La Grecia è in testa in questo senso, con il 27%. Tra le piattaforme, Facebook domina ovunque (tranne che in Giappone) con il 44% complessivo (media di tutti i paesi), Twitter, invece, si femobilerma al 10% totale.

Snapchat – con il suo servizio Discover – ha già guadagnato le attenzioni del 12% degli utenti statunitensi più giovani, a conferma della crescita costante dell’applicazione. Apple News, invece, l’app nativa di Cupertino per leggere le news direttamente sugli iPhone, non ha ottenuto ancora grande successo (solo il 3% nel Regno Unito e il 4% negli Usa, altrove non è disponibile).

Dal punto di vista di Internet in mobilità, invece, gli autori del report fanno notare come, a partire dal 2013, gli smartphone stiano guadagnando progressivamente terreno. Dal Digital News Report 2016 emerge come, complessivamente, il 53% dei partecipanti allo studio usi lo smartphone per leggere le news: la Svezia guida la graduatoria con il 69%, seguita dalla Corea del Sud con il 66% e la Svizzera con il 61%. L’Italia, invece, è poco sopra il 50%. Dai risultati del Report emerge anche come lo smartphone sia, in tutti i paesi analizzati, lo strumento tecnologico preferito dalle audience più giovani per l’accesso alle news. Globalmente, l’utilizzo del desktop e dei tablet è invece in discesa ovunque.

In relazione all’ambito mobile ma non solo, il Digital News Report è andato anche a guardare come si sta sviluppando l’adozione degli ad-blocker nei 26 paesi analizzati. L’uso dei software che nascondo le inserzioni pubblicitarie dall’esperienza di lettura degli utenti oscilla dal 10% giapponese al 38% polacco. Sul mobile, il dato complessivo si ferma invece all’8% al momento, ma un terzo dei partecipanti dice di prevedere di installarne uno entro il prossimo anno. Anche in questo caso, scrivono i ricercatori, i numeri sono più alti nelle fasce di età più giovani. Questi software anti-pubblicità sono utilizzati dal 20% degli utenti italiani e svizzeri.

Sulla scia della recente polemica attorno ai Trending Topic di Facebook, si è parlato molto di algoritmi nel corso della prima metà del 2016 e del modo in cui questi sono in grado di influenzare la fruizione dei contenuti giornalistici online. Anche il Report ha analizzato questo aspetto, riscontrando come il 36% complessivo degli utenti nei 26 paesi si dica soddisfatto se la selezione di news che gli viene offerta è fatta sulla base delle sue preferenze precedenti; il 30%, invece, preferisce ancora una selezione umana da parte di giornalisti ed editor, mentre il 22%, infine, gradisce invece una selezione operata sulla base delle scelte dei suoi amici. “Ci sono differenze generazionali che cambiano di Paese in Paese”, commenta nel report Rasmus Kleis Nielsen, Director of Research del RISJ, “ma parlando complessivamente, le persone più giovani sono anche più propense a ritenere positive le raccomandazioni personalizzate e social per la loro fornitura di news online”.

A sorpresa forse, nonostante i molti indicatori a mostrare risultati diversi, il video nel giornalismo online non sembra ritagliarsi ancora uno spazio significativo, secondo i risultati del Report. Solo il 26% dei partecipanti (globalmente) dice di fruire notizie online in formato visuale. Per il 41%, invece, le notizie testuali sarebbero ancora più semplici e comode da fruire, mentre il 35% dice che le pubblicità pre-roll sono ancora troppo fastidiose.

Quanto alla monetizzazione dei contenuti online, i dati relativi al numero di persone che hanno pagato delle somme di denaro per fruire le news online oscillano tra il 27% della Norvegia al 7% del Regno Unito, che chiude la graduatoria. L’Italia, in questo si posiziona abbastanza bene, con il 16%, mentre la Svizzera è a metà classifica, con il 10%. Su un piano sistemico, inoltre, si conferma il declino della televisione come medium di riferimento per le audience più giovani. Guardando al futuro, la tecnologia indossabile – per la prima volta inclusa nel Report – sembra ancora non avere un ruolo importante nel presente dell’informazione: solo l’1% degli utenti interpellati utilizza uno smartwatch per informarsi, sia in Europa che negli Usa.

A spiegare il presente al meglio, quindi, sembra essere la biforcazione di questo grafico:

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Il Digital News Report 2016 è disponibile qui. Tutti i grafici: Digital News Report / Reuters Institute for the Study of Journalism (RISJ). Il RISJ di Oxford è partner dell’Ejo nel Regno Unito

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