Non è particolarmente difficile vedere i parallelismi fra gli sforzi fatti dal governo ungherese rispettivamente per chiudere la Central European University (Ceu) di Budapest, dare una stretta alle Ngo ed eliminare la libertà di stampa: le università, le Ngo e i media liberi incarnano tutto ciò che Fidesz, il partito al governo del paese, sembra disprezzare e temere.
Poche settimane fa uno dei miei studenti mi ha chiesto se le università in Ungheria potranno continuare a essere libere. Ci trovavamo in un corso dedicato a media e politica e quel giorno l’argomento della lezione era proprio la cultura politica ungherese. Non fingerò che a quel punto non ci siamo temporaneamente allontanati dall’approccio strettamente scientifico. Non è facile tenere corsi sui media di questi tempi e gli studenti avevano posto una domanda difficile.
Prima che venisse fuori questa domanda, avevamo discusso i rischi connessi all’ultimo cambio di regime e probabilmente avevamo anche toccato l’argomento del magnate dei media e oligarca Lajos Simicska, tramutato da amico in nemico dal primo ministro Viktor Orbán. Allo stesso modo, avevamo citato anche il nuovo consigliere mediatico preferito di Orbán, Árpád Habony. Questi argomenti hanno l’abitudine di insinuarsi spesso nelle lezioni.
Università: libertà di essere in accordo o in disaccordo
Eravamo in cinque nella stanza, quattro studenti molto attivi e di mentalità aperta – oltre a me – e abbiamo avuto un’ottima discussione in una bella atmosfera. Cos’è la libertà se non proprio questo scenario? Sì, entro i confini ristretti dell’università si può parlare liberamente, si possono ascoltare le opinioni degli altri, si può dibattere. E sebbene non si sia assolutamente costretti a farlo, si può persino essere d’accordo con gli altri.
Non ho mai sperimentato alcun problema, né in veste di professore universitario, né in quella di rappresentante di una Ngo, nel condividere le mie opinioni su Facebook, come durante interviste ed eventi pubblici. Persino nel peggiore dei casi, gli studenti sono abituati al fatto che sono una persona chiassosa e schietta. Infatti, l’università è lo spazio in cui il pensiero scientifico e le visioni del mondo hanno carta bianca. È lo spazio del dibattito razionale e dei contenuti di valore. Questa è la mia risposta alla domanda degli studenti.
Tagli ai fondi e perdita di autonomia
A dire il vero, c’è però anche un’altra risposta. Ovvero che l’educazione superiore ungherese, come struttura istituzionale, ha perso la sua autonomia tempo fa. Un passo dopo l’altro ha optato per l’adattamento piuttosto che per la resistenza. Se riceveva meno fondi dallo Stato, allora comprava meno carta, rinunciava all’aggiornamento della biblioteca, revocava le borse per i viaggi di studio, rinunciava a ricaricare i dispenser di sapone e di carta nei bagni, abbassava i riscaldamenti, univa i dipartimenti e, se proprio inevitabile, riduceva il personale. Ovviamente, questo è stato fatto a spese della qualità della ricerca e dell’insegnamento.
Ma l’aspetto peggiore, senza alcun dubbio, è che l’università ha imparato a cercare e accettare le grazie delle persone al potere, e ad essere sconfinatamente grata per ogni briciola ottenuta. I finanziamenti incerti costringono ogni istituzione a mettere da parte i propri principi e a scendere a compromessi. Poi c’è il nuovo sistema della “Cancelleria”: i cancellieri sono nominati dal governo per sovrintendere a tutti gli aspetti finanziari della gestione universitaria, privando così apertamente gli istituti di educazione superiore della propria autonomia economica. E l’autonomia economica è, ovviamente, un’illusione. Come si può decidere autonomamente dell’utilizzo delle capacità educative e di ricerca quando la realtà è che non ci sono i soldi? Dato che le competenze dei cancellieri non sono chiaramente circoscritte, tipicamente nascono continui conflitti fra i rettori delle università e queste nuove figure.
A dire il vero questo non è stato deciso senza il coinvolgimento delle università. I senati accademici hanno reso la vita facile ai piani del governo. Io c’ero, l’ho visto, e il mio è stato l’unico voto contrario. Un altro senato accademico ha eletto all’unanimità l’ideologo del partito al governo come presidente universitario, mentre un candidato alla posizione di decano è stato unanimemente rifiutato dai colleghi quando il primo ministro ha fatto sapere, tramite il preside dell’università, che non concordava con l’elezione di quella persona.
Un po’ alla volta, a partire almeno dal 2010, le università hanno rinunciato alla propria autonomia e sono gradualmente venute a patti con i tagli e le umiliazioni. Intanto, ci sono delle trattative che proseguono sullo sfondo, insieme a una discussione su come legittimare tutto questo. Almeno così si sopravvive, sembra essere la posizione collettiva. Come parte di questo sistema, come potrei prendermela con qualcuno che ha lavorato per assicurarmi il mio prossimo stipendio? Ma perché non è mai capitato che le università unissero le proprie forze e mostrassero un po’ di resistenza? Se avessimo reagito energicamente la prima volta che ci siamo trovati di fronte ai vaneggiamenti della politica, l’intero Paese avrebbe potuto avere migliori prospettive per il futuro.
In altre parole, l’altra risposta alla domanda dei miei studenti dovrebbe essere che le università non sono libere, non lo sono per niente. E che questo è dovuto, in gran parte, ai loro stessi errori. Qualunque sia il risultato del caso Ceu, l’attacco contro di essa ha reso chiaro che Fidesz può completamente distruggere l’intero sistema dell’educazione superiore in qualsiasi momento desideri. Esso non ha alcun interesse in una conoscenza all’avanguardia globalmente riconosciuta e la formazione di un’opinione indipendente e il pensiero critico sono assolutamente scoraggiate: persino i benefici che la Ceu porta all’Ungheria, inclusi alcuni che sono direttamente misurabili in denaro, appaiono irrilevanti per Fidesz.
Nuova legislazione: contro la diversità nell’educazione superiore?
In realtà, Fidesz sembra detestare l’autonomia e ancora di più la diversità. Il partito sembra disprezzare proprio i due valori che la Ceu e, – in circostanze più favorevoli, anche l’educazione superiore in generale – rappresenta. Non possono tenere la Ceu al guinzaglio e umiliarla come fanno con le università di stato, quindi hanno bisogno di qualcosa di molto più brutale.
George Soros, il finanziere e filantropo ungaro-americano che ha fondato la Ceo, serve solo come alibi in tutto questo. È solo un altro dei demoni creati da Fidesz, un nemico intoccabile e invisibile atto a fomentare le reazioni dei sostenitori del partito al governo. La comunicazione di Fidesz si basa su tali demoni. L’eroica lotta contro questi serve a legittimare tutte le azioni viziate del governo. Soros sembra il demone ideale perché rappresenta tutto ciò che non va a genio a Fidesz. Ma ultimamente è solo un’etichetta da attaccare su qualunque cosa. Ecco perché è un grave errore – e un’inammissibile semplificazione – per Der Spiegel o il per Guardian riferirsi alla Ceu come alla “università di Soros”.
La Ceu è per l’educazione superiore ungherese ciò che Népszabadság, il maggior quotidiano del paese che ha chiuso lo scorso anno fra le pressioni del governo, era per la libertà di stampa. Un confine che tutti credevamo il governo non potesse e non avrebbe mai oltrepassato. Ci sbagliavamo. Un’altra ragione per cui questa analogia sembra appropriata è che è ugualmente difficile rispondere a una domanda sullo stato di salute della libertà di stampa in Ungheria. Ci sono giornalisti liberi e aziende mediatiche libere e non è raro che questi denuncino scandali del governo. Ma la libertà di stampa è più di questo, è un sistema in cui tutti i punti di vista hanno le stesse possibilità di raggiungere il pubblico e dove ogni azienda mediatica ha le stesse chance di competere nel mercato pubblicitario, acquisire capacità di distribuzione e accedere alle informazioni governative.
Se nel complesso, i media operano in queste condizioni, allora c’è una possibilità che il pubblico abbia accesso a un’informazione soddisfacente. Quindi c’è una possibilità che il dibattito pubblico rifletta la diversità sociale e che i cittadini siano in grado di fare autonomamente le proprie scelte politiche. Libertà, diversità e autonomia sono il carburante necessario all’educazione e al giornalismo. Sono essenziali per una società funzionante. Che futuro può esserci per una società che rinuncia a questi valori?
Articolo tradotto dall’originale inglese da Giulia Quarta
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