Nelle redazioni arrivano i droni…

30 Marzo 2012 • Digitale • by

Nati per scopi militari e di spionaggio, i droni volanti sono passati dall’essere gioielli costosissimi a una realtà sempre più diffusa, facilmente realizzabile e poco costosa, se non una realtà commerciale compiuta, come nel caso della Parrott, azienda specializzata nella realizzazione di quadricotteri a basso prezzo. Per 300 euro, ad esempio, potreste portarvi a casa il nuovo AR Drone 2.0, pensato per realizzare riprese dall’alto. Videoamatori, appassionati di robotica o registi possono insomma entrare in possesso di una macchina volante di facile utilizzo in grado di realizzare filmati e fotografie in alta qualità e in sicurezza, volando silenziosa in cielo. Pensare che questa nuova tecnologia non potesse trovare applicazione anche nel campo del giornalismo era impossibile: dimenticate rocamboleschi voli in elicottero sopra scenari a rischio o pericolose traversate: in futuro i cieli saranno solcati da droni/giornalisti. Il fenomeno ha iniziato a prendere piede lo scorso inverno quando alcune spettacolari immagini realizzate da un attivista polacco durante alcuni scontri di piazza a Varsavia sono diventate virali in Rete: nel video si potevano vedere i due fronti delle violenze da una prospettiva che nessun’altra telecamera poteva sfruttare, grazie all’apporto di un drone della RoboKopter, una startup specializzata, fatto decollare sopra la zona interessata.

A quale redazione potrebbe non interessare uno strumento in grado di offrire un coverage tanto preciso e completo di un evento? E infatti non mancano i primi esempi di utilizzo in servizi giornalisti di materiale realizzato tramite droni. Basti pensare alle spettacolari immagini delle proteste a Mosca dello scorso dicembre che hanno fatto il giro del mondo.

Un altro esempio, cronologicamente più recente, riguarda un caso di inquinamento ambientale scovato presso un mattatoio di Dallas grazie alle riprese effettuate da un piccolo elicottero telecomandato che hanno consentito alle autorità di intervenire. E all’emittente tv FOX 4/KDFW di effettuare un eccellente servizio di cronaca. Certo, siamo ancora nel territorio del citizen journalism utilizzato da testate professionali come fonte, ma la prospettiva è certamente interessante. Più in là si è invece spinto il canale televisivo australiano Channel Nine che ha realizzato un’intera inchiesta sul centro di detenzione per immigrati dell’isola di Christmas grazie all’utilizzo di un drone, fatto volare sopra la struttura dopo che alla troupe era stato negato l’accesso di persona. Justin Gong è un giovane imprenditore australiano di origini cinesi che ha messo in piedi un’azienda, la XAircraft, specializzata in droni. Il velivolo usato da Channel Nine è stato realizzato da lui e molte altre aziende in Australia e Cina hanno già acquistato i suoi robot. Anche The Daily, il magazine digitale di Murdoch, ha realizzato un servizio con un drone in Alabama dopo il passaggio di un uragano.

Ma il più grande incentivo all’utilizzo dei droni con fini giornalistici arriva dall’università, e in particolare dal Drone Journalism Lab dell’University of Nebraska-Lincoln, presieduto da Matt Waite, professore di giornalismo e già sviluppatore di PolitiFact, la piattaforma di fact-checking vincitrice del Pulitzer nel 2009. Il lavoro del laboratorio è fin qui stato incentrato sulla raccolta di spunti e contenuti sull’applicazione dei droni nell’ambito dell’informazione. Raggiunto via mail, Waite ha specificato che finora il suo dipartimento ha potuto sperimentare un Ar Drone della Parrott controllato tramite smartphone, ma conta di poter presto sviluppare in house un modello con i suoi studenti. Anche perché i modelli attualmente disponibili non sono ancora in grado di offrire voli di lunga durata – il drone usato in Australia, ad esempio, è precipitato in mare – e non riescono a offrire prestazioni pari ai velivoli militari. Progettare modelli realizzati appositamente per le esigenze della stampa può essere la soluzione ai gap tecnologici che Waite è comunque convinto saranno superati in fretta a sufficienza da fare dei droni una realtà concreta del giornalismo dell’immediato futuro.

Ma se i benefici che i droni possono apportare al giornalismo sono evidenti da un punto di vista eminentemente tecnologico e operativo, altrettanto non si può dire degli aspetti etici e legali. Il passaggio da informazione e reporting a videosorveglianza è infatti labile e molte questioni, a cominciare dalla privacy delle persone eventualmente riprese dall’alto, lasciano aperte alcune questioni che potrebbero rallentare lo sviluppo e l’implementazione di questa tecnologia. È bene non dimenticare che i droni nascono come device militari di spionaggio. Una nuova legge promulgata dal senato americano ha “aperto” i cieli americani ai droni anche privati e per scopi commerciali. Le uniche limitazioni riguardano aspetti tecnici come il peso, che non deve superare i 2 kg e l’altitudine del volo, che non può essere superiore ai 120m. Di certo la liberalizzazione dei cieli potrebbe essere lo slancio definitivo del settore e favorire lo sdoganamento dei robot volanti presso il giornalismo, libero di operare nella certa legalità. Ma molti osservatori hanno fatto notare i lati oscuri di questa nuova regolamentazione, come quelli realitivi alla possibilità che i droni possano trasformarsi in nuove armi nelle mani del Grande Fratello o in armi, utilizzabili anche per scopi non pacifici.

Foto: Mike Miley @ Flickr CC

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