Sì, i giornalisti rispettano ancora gli embarghi

11 Febbraio 2015 • Cultura Professionale • by

L’embargo sulle notizie è un antico strumento della stampa che, a prima vista, potrebbe non essere più in grado di funzionare nel contesto dei media digitali.

Tuttavia, un nuovo studio rivela che molti giornalisti e professionisti delle relazioni pubbliche tendono a osservare ancora gli embarghi e, quindi, a ritardare di conseguenza la pubblicazione di una storia sino al momento pattuito.

Le ragioni a sostegno degli embarghi non sono infatti cambiate molto negli anni: da un punto di vista organizzativo, infatti, questa pratica è utile per i giornalisti molto impegnati e sotto pressione e, per quanto riguarda invece la fonte e i suoi interessi da tutelare, può condurre a un miglior lavoro di ricerca e a una maggiore accuratezza nei confronti della storia in questione.

Inoltre, le sanzioni contro un giornalista che ignori un embargo sono poche, ma nonostante ciò, questo succede complessivamente raramente: l’influenza sociale e un “codice d’onore” non scritto, infatti, fanno in modo che i giornalisti ignorino raramente gli embarghi. Semmai, è più frequente scoprire che qualcuno abbia ‘barato’ per arrivare a una storia prima della concorrenza.

Per la ricerca “News embargoes – under threat, but not extinct. How an ancient press tool survives in the modern world”, che ho svolto durante l’autunno del 2014 per conto del Reuters Institute dell’Università di Oxford (Risj), ho intervistato giornalisti, accademici e professionisti delle relazioni pubbliche nel Regno Unito e in Europa allo scopo di rilevare se l’embargo sulle notizie fosse sopravvissuto alla transizione verso il digitale. Il paper, su cui ho lavorato mentre ero fellow del Risj a Oxford, fa notare come gli embarghi sulle notizie siano ancora largamente utilizzati, ma con differenziazioni a seconda dei settori giornalistici.

Gli embarghi sul giornalismo scientifico sono i più discussi
Il giornalismo scientifico è certamente l’area in cui il ruolo degli embarghi è più enfatizzato, dato che l’embargo è stato un aspetto centrale e frequente per i più rinomati giornali scientifici sin dagli anni ’20. Gli editori dei journal scientifici ne difendono ancora l’uso dal momento che questo permette loro di controllare l’agenda scientifica attraverso la gestione del rilascio di informazioni ai mass media.

Ma ciò che viene visto come realmente problematico dai giornalisti scientifici è la cosiddetta “Regola di Ingelfinger” che impone agli scienziati che aspirano a una pubblicazione in una rivista scientifica di non condividere le loro scoperte con nessun altro prima della pubblicazione. In pratica gli scienziati, specialmente negli Stati Uniti, non parlano assolutamente con i media per paura di una possibile fuoriuscita accidentale di informazioni sottoposte a embargo.

Questo ha condotto Ivan Oransky, vice presidente e direttore editoriale globale di MedPage Today, a descrivere la “Regola di Ingelfinger” come una vera “morsa alla gola” che impedisce ai giornalisti di riferire sugli avvenimenti e le scoperte scientifiche nel momento in cui si verificano veramente.

Oransky ha anche creato un blog, Embargo Watch, dove tiene traccia degli embarghi infranti nell’ambito del giornalismo scientifico e dove i reporter possono commentare o discutere sui vari casi.

I giornalisti finanziari vengono spesso ‘rinchiusi’, prima del rilascio di dati sottoposti a embargo
Gli embarghi sono ancora molto importanti anche nel mondo finanziario. Le istituzioni che rilasciano dati finanziari sono infatti sempre più paranoiche nei confronti di possibili fughe di notizie. Negli Stati Uniti i giornalisti finanziari sono spesso ‘rinchiusi’ in una stanza, dove viene loro consentito leggere i dati sottoposti a embargo prima che questi vengano rilasciati, per dar loro il tempo di comprenderli al meglio.

Di recente, la sicurezza è però divenuta ancora più stretta nei confronti di questi sbarramenti. Per esempio, il Dipartimento del lavoro degli Stati Uniti fa accomodare i giornalisti in una stanza sigillata vietando loro di introdurre qualsiasi tipo di oggetto – persino le ciambelle – per paura che in qualche modo le regole vengano infrante.

Anche le aziende che si occupano di Pr nella finanza sono molto attente. In alcuni paesi europei società quotate avevano l’abitudine di fornire ai giornalisti dati sensibili di mercato prima che questi venissero elargiti agli azionisti. Ma dallo scoppio della crisi, le autorità hanno iniziato a osservare le politiche di rilascio in maniera molto più rigorosa, così questa pratica si è quasi definitivamente estinta. Nessuno vuole rischiare che una storia trapeli senza il dovuto monitoraggio.

Per i professionisti delle pubbliche relazioni la gestione del messaggio è ancora l’elemento chiave. La mia ricerca ha dimostrato che dosare il rilascio di notizie è diventato molto più complicato a causa della frammentazione del consumo di notizie: le fonti vogliono ancora vendere le loro storie in anticipo, ma al tempo stesso i giornalisti sono meno entusiasti nel pianificare storie una settimana in anticipo. Pertanto, è probabile che gli embarghi sulle notizie su argomenti più soft all’interno del giornalismo economico potrebbero estinguersi nei prossimi tempi.

Gli embarghi vengono infranti qualche volta, ma le sanzioni sono lievi
Gli embarghi vengono scavalcati, certo, ma questo è dovuto solitamente all’errore umano. Sorprendentemente, né i giornalisti né le loro fonti si preoccupano molto degli embarghi infranti e le sanzioni, di conseguenza, si concretizzano raramente. I giornalisti non amano barare: una volta promesso di rispettare un accordo tendenzialmente lo faranno, anche se potrebbero facilmente infrangerlo su Internet e a dispetto del fatto che le fonti sembrino beneficiare degli embarghi in misura maggiore dei giornalisti.

Articolo tradotto dall’originale inglese, traduzione a cura di Alessandro Oliva

Photo credits: Embargo Watch

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