Il Corriere del Ticino, 12.10.2007
Il V-day e il nervosismo dei «grandi» dell’informazione italiana
Il tam tam mediatico delle ultime settimane ha fatto sì che l’eco del V-Day di Beppe Grillo arrivasse forte anche oltre confine. Nato come una manifestazione di piazza di informazione e di partecipazione popolare – come recita il manifesto – per dire basta ad un certo sistema politico italiano e alle sue leggi con una proposta concreta e costituzionale, l’evento è stato trasformato nel baluardo dell’antipolitica o, più banalmente, riassunto in quel termine che oggi continua a riempire le pagine di giornali, settimanali e salotti televisivi: il «Grillismo». Tanto che sorge spontaneo chiedersi quale sia stata la notizia tanto clamorosa: un milione e mezzo di cittadini italiani scesi in piazza a dire la loro in modo democratico o, piuttosto, un comico genovese che si è impegnato politicamente?
Figlio della rete
Il V-Day è figlio della rete. È un’idea annunciata e diffusa dal comico attraverso il suo blog www.bebbegrillo.it e raccolta dagli internauti di tutta la nazione, tanto da materializzarsi in un «miracolo» -come afferma lo stesso Grillo -che nessuno si aspettava. E i numeri come le testimonianze dei video pubblicati online su youtube o delle foto diffuse su flickr, parlano chiaro: un milione e mezzo dipersone riunitesi in 200 piazze italiane, oltre 300 mila firme raccolte per dire no ai politici condannati in Parlamento, 244269 iscritti al V-Day, più di 30 città estere coinvolte, migliaia di commentie accessi al blog di Grillo, 9.282 blog in rete che ne hanno parlato. Eppure il V-Day ai grandi dell’informazione non è piaciuto, ancora meno continua a piacere Beppe Grillo, bollato come «stregone», «qualunquista» e «populista».
Le ragioni del successo
Perché? I media si sono fatti interpreti di una classe politica che vede nel comico genovese un rivale potenziale? O forse è prevalso l’istinto di autodifesa di una categoria, quella dei giornalisti, che è stata colta di sorpresa dall’influenza di un blog e che dunque ora teme di perdere la propria influenza? Sono domande a cui è difficile dare una risposta; forse la verità è a metà strada. E il mistero sulle intenzioni di Grillo non fa che alimentare il nervosismo nonostante il comico abbia più volte dichiarato di non essere interessato a scendere in campo, neppure dopo il lancio delle liste civiche. «Non sto promuovendo la presentazione di nessuna lista civica, né locale, né nazionale. La loro voce i partecipanti del V-Day non la prestano a nessuno. Sono i megafoni di sé stessi. I cittadini che si fanno politica».
Gli si può credere?
Ma non tutti gli credono. Anche Berlusconi nel ‘93 aveva negato fino all’ultimo di voler scendere in politica. Allora il potere era televisivo, ora è della Rete. Da qui altre domande. Cosa fa agitare lo spauracchio del «grillismo»? Cos’è che da tanto fastidio al sistema politico e mediatico di un personaggio che in fondo ha avuto un’idea brillante, l’ha promossa attraverso i canali giusti, con il sostegno di persone motivate dando vita ad una manifestazione democratica di piazza come in Italia non se ne vedevano da tanto tempo? Per cercare di trovare delle possibili risposte, abbiamo intervistato Beppe Grillo (vedi intervista in calce).
IL «V-DAY» IN PILLOLE
L’8 settembre è stato il giorno del Vaffanculo day, o V-Day. «Un giorno di informazione e di partecipazione popolare» e anche «una via di mezzo tra il D-Day dello sbarco in Normandia e V come Vendetta», come l’ha definito Beppe Grillo. Si è tenuto sabato otto settembre nelle piazze d’Italia, «per ricordare che dal 1943 non è cambiato niente. Ieri il re in fuga e la Nazione allo sbando, oggi politici blindati nei palazzi immersi in problemi “culturali”».
L’appello lanciato dal comico genovese incitava i comuni cittadini ad andare nella piazza della propria città e firmare per portare in Parlamento una legge popolare articolata in tre punti:
- NO AI PARLAMENTARI CONDANNATI
No ai 25 parlamentari condannati in Parlamento Nessun cittadino italiano può candidarsi in Parlamento se condannato in via definitiva, o in primo e secondo grado in attesa di giudizio finale - NO A PIÙ DI DUE LEGISLATURE
No ai parlamentari di professione da venti e trent’anni in Parlamento – Nessun cittadino italiano può essere eletto in Parlamento per più di due legislature. La regola è valida retroattivamente - SÌ ALL’ ELEZIONE DIRETTA
No ai parlamentari scelti dai segretari di partito – I candidati al Parlamento devono essere votati dai cittadini con la preferenza diretta
L’ INTERVISTA A BEPPE GRILLO: «Sono morti e non se ne sono ancora accorti. Chi ha più potere ha più paura di perderlo»
Beppe Grillo, la stampa italiana è passata da un estremo all’altro. Prima del V-Day neanche una riga su di lei, ora tonnellate di articoli. Perché? E come giudica oggi la qualità dei pezzi e dei reportage televisivi che le vengono dedicati?
«I media non si aspettavano il V-day. Sono rimasti sorpresi dall’evento e da una informazione parallela cresciuta in Rete. I vecchi media “sentono” che il loro tempo è finito per questo continuano a parlare del V-day, non per i suoi contenuti, ma perché per loro è l’inizio della fine. Sono come dei malati che continuano a parlare della loro malattia ».
Perché tutti parlano di lei e nessuno accenna più alle numerose persone scese in piazza, alle loro motivazioni e ai risultati ottenuti?
«Vorrei puntualizzare che in Piazza è sceso un milione e mezzo di persone e non solo giovani. Rispondo alla domanda: perché se si demonizza Beppe Grillo, (come lei sa sono stato chiamato: populista, qualunquista, demagogo, ignorante costituzionalista, terrorista, fascista, fiancheggiatore dei negazionisti, razzista per citare solo alcuni dei termini) si annulla il messaggio del V-day: che i cittadini vogliono fare politica in modo diretto senza l’intermediazione delle segreterie dei partiti e vogliono un’informazione libera. Per l’ Italia sarebbe una rivoluzione».
I più accaniti contro di lei sembrano essere i grandi quotidiani (Corriere della Sera e Stampa) e quelli di sinistra. Come lo spiega?
«Preferisco rispondere che i media sono al servizio dei loro padroni che si chiamano Berlusconi, De Benedetti, i partiti, la Fiat e pochi altri. I giornalisti sono dipendenti, portavoce da ufficio stampa. Ci sono poche eccezioni di giornalisti liberi e spesso devono avere la scorta. I media tradizionali sono morti e non se ne sono ancora accorti. Quelli che hanno più potere sono quelli che hanno più paura di perderlo. Del resto vivono di soldi pubblici, sono pagati dalla politica che fingono di criticare».
Lei pronosticò il crac Parmalat e le difficoltà Telecom. Oggi è seguito da centinaia di migliaia di fans: il suo sito può essere considerato un sito d’informazione?
«Il blog ha dato migliaia di notizie su politica, ecologia, giustizia, energia, telecomunicazioni. Spesso mai pubblicate dai media. La domanda dovrebbe essere un’altra: i media tradizionali sono fonti di informazione o di propaganda e di persuasione occulta?»
L’Espresso ha titolato, con toni preoccupati: Internet sesto potere. Condivide?
«Non ha capito nulla e non ha neppure approfondito l’argomento. Invece di chiedere un’opinione a Chomsky, a Barabasi, a Lessig o a Seth Godin, per citare solo alcuni, e di analizzare il fenomeno Rete ha riportato l’opinione di persone spesso mai sentite nominare».
Ma l’informazione su internet è credibile o va solo controcorrente?
«Internet è l’informazione. Lo testimonia il successo di Wikipedia, la più grande enciclopedia del mondo in più di cento lingue».
Qualcuno ha definito i 2.433 commenti inviati al suo ultimo post come uno «sproloquio collettivo» che non legge nessuno, tanto meno lei…
«Io li chiamerei partecipazione. E li leggono tutti, altro che nessuno. Sono 2.433 opinioni. I commenti spesso integrano con informazioni eccellenti il post. Esiste nel blog una funzione detta: “Vota il miglior commento”, moltissimi votano e se si clicca il simbolo del miglior commento (una zampa d’orso Hopi) si possono leggere solo i migliori commenti scelti dai lettori se si ha poco tempo».
Elio Veltri ha dichiarato che lei è spaventato per l’offensiva mediatica lanciata contro di lei. Scavano nel suo passato alla ricerca di scandali. Non teme di finire stritolato?
«Io non ho niente da nascondere. In Rete può avere successo solo chi è credibile. Avete visto cosa è successo a Mastella? Berlusconi si guarda bene dall’entrarci. Se la Rete mi segue è perché ho una reputazione. La paura la devono avere coloro che hanno gli armadi pieni di scheletri a cominciare dai “mandarini” dell’informazione».
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