Meno lettori, più appassionati
per il giornalismo di domani

25 Gennaio 2012 • Digitale • by

Corriere del Ticino, 24.01.2011

Con l’inizio del nuovo an­no retrospettive, previsio­ni e riflessioni si rincorro­no. Soprattutto nei media, ambito in costante fermento. Ed è in­teressante vedere come le opinioni di due personaggi molto competenti, di­versi per età e cultura giornalistica siano in realtà complementari e re­stituiscano un quadro di insieme molto fedele di quello che oggi avvie­ne nel giornalismo e nella professio­ne.
Horst Pöttker, tedesco, classe 1944, è professore, sociologo, studioso dei me­dia e pubblicista. Clay Shirky, clas­se 1964, è professore e scrittore sta­tunitense, blogger, considerato un gu­ru dei nuovi media.

Secondo entrambi la crisi che stia­mo vivendo nel mondo dell’informa­zione è culturale prima che econo­mica. Non v’è dubbio ormai – dice Pöttker sulla Neue Zürcher Zeitung – che il giornalismo così come lo ab­biamo conosciuto fino ad oggi sia volto al termine. Continuerà ad esi­stere come professione al servizio del­l’opinione pubblica perché non pos­sono esistere società moderne senza un giornalismo libero e indipenden­te ma esso dovrà ripensarsi e rivalu­tarsi.

Il giornalismo sta perdendo la sua esclusiva funzione di informare. I me­dia mainstream non detengono più il controllo delle fonti e dunque le notizie passano veloci attraverso mol­teplici canali di comunicazione. In questo contesto il giornalista non può più essere visto come un osservatore distaccato e disinteressato. Nell’era dell’informazione digitale giornali­sti e media sono sempre di più al cen­tro degli avvenimenti, da osservato­ri diventano attori di ciò che acca­de, influendo su quella realtà che hanno il compito di comunicare.

Poi, come spiega Shirky in un post sul suo blog (tradotto in italiano e commentato da Antonio Rossano su LSDI) c’è il problema della so­stenibilità e dei nuovi modelli di bu­siness in un momento di forte crisi della pubblicità. Partendo dal falli­mento del paywall integrale adotta­to dai londinesi Times e Sunday Ti­mes e arrivando ad elogiare il siste­ma a «soglia di accesso» introdotto dal New York Times dove il lettore può fruire gratuitamente di un cer­to numero di contenuti (circa 20 ar­ticoli al mese) Shirky si dice convin­to che una delle cause fondamenta­li della ormai endemica crisi dei gior­nali, sia l’incapacità di editori e gior­nalisti, di staccarsi dal vecchio mo­dello economico della carta stampa­ta.

Non è più sostenibile la logica dei quotidiani che vedono il lettore co­me un cliente e le notizie come un prodotto, del giornale come un «pac­chetto» generalista in grado di sod­disfare qualsiasi tipo di esigenza. I giornali devono puntare alla crea­zione di contenuti originali e di qua­lità, dedicarsi a quei lettori che sono disposti a sostenerli. D’altra parte, sostiene Pöttker la pubblicità non è l’unica fonte di entrata, ci sono sem­pre i ricavi dati dalle vendite. E per­ché questi diano soddisfazione è ne­cessario mettere al centro i lettori e la qualità del giornale. Secondo Shir­ky bisogna dare più importanza a motivazioni non commerciali, come la lealtà, la gratitudine, la dedizio­ne alla missione, un senso di identi­ficazione con il giornale, il bisogno di preservarlo come istituzione piut­tosto che come business.

Perché il giornalismo e la professio­ne giornalistica sopravvivano ai grandi cambiamenti che stiamo vi­vendo l’unica via, per Pöttker, è adat­tarsi ai cambiamenti culturali e sto­rici. Come? Rinunciando ad un gior­nalismo di massa e mettendo il let­tore e le sue esigenze al centro: per Shirky il 2012 sarà l’anno in cui ve­dremo i giornali premiare i lettori più appassionati e fedeli, quelli di­sposti a pagare, che ne determine­ranno la sopravvivenza, siano essi cartacei o digitali.

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