Corriere del Ticino, 24.01.2011
Con l’inizio del nuovo anno retrospettive, previsioni e riflessioni si rincorrono. Soprattutto nei media, ambito in costante fermento. Ed è interessante vedere come le opinioni di due personaggi molto competenti, diversi per età e cultura giornalistica siano in realtà complementari e restituiscano un quadro di insieme molto fedele di quello che oggi avviene nel giornalismo e nella professione.
Horst Pöttker, tedesco, classe 1944, è professore, sociologo, studioso dei media e pubblicista. Clay Shirky, classe 1964, è professore e scrittore statunitense, blogger, considerato un guru dei nuovi media.
Secondo entrambi la crisi che stiamo vivendo nel mondo dell’informazione è culturale prima che economica. Non v’è dubbio ormai – dice Pöttker sulla Neue Zürcher Zeitung – che il giornalismo così come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi sia volto al termine. Continuerà ad esistere come professione al servizio dell’opinione pubblica perché non possono esistere società moderne senza un giornalismo libero e indipendente ma esso dovrà ripensarsi e rivalutarsi.
Il giornalismo sta perdendo la sua esclusiva funzione di informare. I media mainstream non detengono più il controllo delle fonti e dunque le notizie passano veloci attraverso molteplici canali di comunicazione. In questo contesto il giornalista non può più essere visto come un osservatore distaccato e disinteressato. Nell’era dell’informazione digitale giornalisti e media sono sempre di più al centro degli avvenimenti, da osservatori diventano attori di ciò che accade, influendo su quella realtà che hanno il compito di comunicare.
Poi, come spiega Shirky in un post sul suo blog (tradotto in italiano e commentato da Antonio Rossano su LSDI) c’è il problema della sostenibilità e dei nuovi modelli di business in un momento di forte crisi della pubblicità. Partendo dal fallimento del paywall integrale adottato dai londinesi Times e Sunday Times e arrivando ad elogiare il sistema a «soglia di accesso» introdotto dal New York Times dove il lettore può fruire gratuitamente di un certo numero di contenuti (circa 20 articoli al mese) Shirky si dice convinto che una delle cause fondamentali della ormai endemica crisi dei giornali, sia l’incapacità di editori e giornalisti, di staccarsi dal vecchio modello economico della carta stampata.
Non è più sostenibile la logica dei quotidiani che vedono il lettore come un cliente e le notizie come un prodotto, del giornale come un «pacchetto» generalista in grado di soddisfare qualsiasi tipo di esigenza. I giornali devono puntare alla creazione di contenuti originali e di qualità, dedicarsi a quei lettori che sono disposti a sostenerli. D’altra parte, sostiene Pöttker la pubblicità non è l’unica fonte di entrata, ci sono sempre i ricavi dati dalle vendite. E perché questi diano soddisfazione è necessario mettere al centro i lettori e la qualità del giornale. Secondo Shirky bisogna dare più importanza a motivazioni non commerciali, come la lealtà, la gratitudine, la dedizione alla missione, un senso di identificazione con il giornale, il bisogno di preservarlo come istituzione piuttosto che come business.
Perché il giornalismo e la professione giornalistica sopravvivano ai grandi cambiamenti che stiamo vivendo l’unica via, per Pöttker, è adattarsi ai cambiamenti culturali e storici. Come? Rinunciando ad un giornalismo di massa e mettendo il lettore e le sue esigenze al centro: per Shirky il 2012 sarà l’anno in cui vedremo i giornali premiare i lettori più appassionati e fedeli, quelli disposti a pagare, che ne determineranno la sopravvivenza, siano essi cartacei o digitali.
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