Paywall? Sì, grazie. Più di 150 giornali adottano il sistema a pagamento

26 Ottobre 2011 • Digitale, Editoria • by

La realtà ha superato l’immaginazione. Fino a qualche anno erano pochi a scommettere sul futuro del paywall. Oggi lo scenario è del tutto cambiato. Non esiste più una radicale opposizione alla costruzione di un sistema a pagamento. Rispetto al passato si sono ormai aperte alternative che prevedono la possibilità di differenziare le politiche di accesso a alla rigidità dei sistemi di prima generazione, per lo più appartenenti a giornali di tipo economico e finanziario, si sono affiancate soluzioni più permeabili. Su molti siti generalisti sono oggi in essere paywall ibridi. E la differenza è grande. L’elemento abilitante il cambiamento è stata la capacità di filtrare gli accessi, rendendo invalicabile la lettura soltanto a coloro che evidenziano una frequenza di utilizzo elevata. Ecco, quindi, possibilità di leggere fino a un certo numero di articoli al mese così come la disponibilità alla lettura di articoli che vengono acceduti via motori di ricerca. Insomma, la tipologia delle politiche di accesso che possono essere implementate è sempre più varia e si arricchisce costantemente. Non esiste più alcun tabù nel proporre soluzioni di questo genere.

A favorire questa tendenza è stata soprattutto l’iniziativa messa in atto dal New York Times, un’operazione che ha creato un precedente inatteso sul quale si sono poi innescate tutta una serie di iniziative da parte di quotidiani generalisti di estrazione e appartenenza le più diverse. A oggi riferisce Ken Doctor sulle pagine del NiemanLab sono alemno 150 i paywall atttivi negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Europa. E una buona percentuale di coloro che fino ad oggi non hanno ancora in essere un paywall lo stanno valutando attentamente. Molti altri – dice Doctro – ne saranno presto annunciati.

Stiamo entrando in una nuova fase, un periodo in cui l’editoria inizia a riscattarsi dalla posizione di debolezza che l’aveva caratterizzata nello scorso decennio. Si inizia a intravedere la fattibilità di alcune manovre correttive, che mettano gli editori nella condizione di monetizzare, almeno parzialmente, il flusso di traffico che progressivamente converge su web. L’atteggiamento è ormai mutato, sia per la disponibilità di piattaforme tecnologiche più sofisticate, più adattabili, in grado di personalizzare i profili di accesso, sia per l’impulso che è stato impresso dalla logica a pagamento grazie alla diffusine di copie digitali distribuite attraverso edicole digitali, vedi AppleStore, fruibili via tablet, iPad in primis, e smartphone.

Per alcuni questo si è tradotto in una razionalizzazione dell’offerta, cercando di mettere a punto una strategia complessiva coerente con una sostenibilità economica. Chi diceva che mai e poi mai la stampa generalista avrebbe sposato la causa del paywall si sbagliava. Da un punto di vista commerciale avere in portafoglio un prodotto digitale a pagamento ha in qualche misura aiutato a re-inventare l’intero spettro della proposta editorial. Nello stesso tempo si è messa in gioco la capacità di accelerare la migrazione carta-digitale mantenendo intatto il valore economico di quest’ultima componente. Ai lettori della carta stampata, pubblico pagante, viene concesso il diritto ad accedere all’intera gamma di contenuti – declinata nelle più diverse forme – senza chiedere alcun esborso aggiuntivo. Significa lanciare un messaggio importante, ovvero che chi paga può avere accesso ovunque e comunque. Ma a questo punto diventa importante comprendere che il lettore che accetta di contribuire economicamente alla produzione delle informazioni vuole un trattamento differenziato. Per tutti coloro che hanno scelto o sceglieranno di introdurre una qualche forma di accesso a pagamento dovrebbe diventare prassi comune prevedere due tipologie di visualizzazione: una versione minimalista, che non deprima comunque il flusso di traffico generato, e una versione a valore aggiunto che possa dare al lettore la sensazione di essere un utente privilegiato.

Non esistono ricette uniche. Sono state sinora avanzate le più varie sperimentazioni e questo processo potrà portare a nuove e originali proposte. Il nuovo approccio alla lettura che si determina su internet, meno verticale e più orizzontale – ovvero una lettura che difficilmente si limita al singolo giornale, così come avveniva per la carta stampata, ma che si avvicina a una sorta di zapping editoriale- dovrebbe essere seriamente analizzato. Più persone potrebbero essere pronte a spendere una manciata di euro se la sottoscrizione consentisse l’accesso multiplo a più testate. Non a prodotti dello stesso gruppo, questa è una prerogativa del tutto insufficiente, ma a prodotti di gruppi diversi. Una condizione di questo tipo esige però un accordo tra editori differenti che dovrebbero convenire sulla spartizione di un canone di abbonamento abilitante l’accesso a più risorse editoriali. Pura follia? Un esempio arriva dalla piccola Slovacchia, un paese di soli 5 milioni di abitanti. L’operazione, avviata, racconta ken Doctor – ha ottenuto la convergenza dei più importanti editori dell’area. Risultato? Un paywall generalizzato i cui ricavi vengono distribuiti equamente a tutti partecipanti. Per un singolo pagamento mensile Piano Media prevede accesso a nove differenti siti. Le tariffe sono differenziate in base alla frequenza: 0,99 euro/giorno, 2,90 euro/mese, 29 euro/anno. Cifre molto basse, come si vede. Un criterio che aiuta l’obiettivo di puntare, non a una elite, ma un pubblico di massa. Una sorta di edicola digitale nazionale. Giornali senza barriere che capitalizzano i propri ritorni di investimento su un pubblico differenziato.

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