Le organizzazioni giornalistiche dovrebbero continuare a inseguire la pubblicità digitale e cercare di ottenere un pubblico quanto più grande possibile per far crescere i loro business, o dovrebbero al contrario concentrarsi maggiormente sullo sviluppo dei modelli a pagamento, anche se questi potrebbero limitare la reach delle loro audience? I maggiori editori europei stanno affrontando questo quesito in modi differenti.
Alcuni, come La Repubblica in Italia, cercano una posizione dominante nel proprio mercato domestico, continuando a operare con un modello gratuito supportato dalla pubblicità, anche perché concorrenti come il Corriere della Sera hanno introdotto invece un modello a pagamento: “noi crediamo che solo un numero limitato di grandi organizzazioni mediatiche oggi abbia la possibilità di raggiungere un grande pubblico di milioni di visitatori quotidiani” dice a questo proposito Alessio Balbi, Direttore dell’online del quotidiano romano. La Repubblica intende essere una di quelle in Italia.
Altri si chiedono invece se il modello gratuito, supportato dalla pubblicità, possa funzionare veramente per le organizzazioni mediatiche. Danata Hopfen, Direttrice editoriale e membro del consiglio di amministrazione del tedesco Bild è convinta invece che “siccome le grandi piattaforme accumulano una grande porzione dei guadagni nel mercato digitale, abbiamo concluso che non è possibile avere successo con i soli introiti pubblicitari”. Bild sta quindi sviluppando un modello freemium che prevede contenuti gratuiti per mantenere ampia la sua audience reach e, parallelamente, un’offerta di contenuti premium accessibili solo tramite un abbonamento. Dall’estate del 2016 Bild ha registrato 320mila abbonati mensili.
Un nuovo report pubblicato dal Reuters Institute for the Study of Journalism, Private Sector Media and Digital News, a cura del sottoscritto, Annika Sehl e Rasmus Kleis Nielsen, esamina come 25 diverse organizzazioni di news tradizionali del settore privato in sei paesi europei stiano sviluppando il proprio modello di business in un ambiente mediatico in evoluzione. Balbi e Hopfen sono fra i 54 dirigenti, senior manager ed editor che abbiamo intervistato in Finlandia, Francia, Germania, Italia, Polonia e il Regno Unito.
Sfide per la pubblicità digitale
Gli intervistati hanno individuato tre sfide principali per quanto riguarda la pubblicità digitale, finora il modello di business dominante per il giornalismo su Internet:
- Il ruolo sempre più dominante delle grandi compagnie tecnologiche della Silicon Valley, che sono in grado di vendere al grande pubblico una pubblicità più mirata, e a un prezzo più basso, rispetto ai provider di news tradizionali;
- I bassi ricavi medi per utente, specialmente sul web mobile;
- Il crescente numero di persone che usano gli ad-blocker.
Di fronte a questi problemi, i risultati del nostro report indicano come sempre più brand giornalistici stiano sviluppando modelli di pagamento diversi – in particolare modelli freemium e paywall metered. È questo il caso di Bild, ma anche di altri importanti giornali europei, come il finlandese Iltalehti, il francese Le Figaro o il tedesco Süddeutsche Zeitung. Ma La Repubblica non è la sola a continuare a scommettere al contrario su un modello gratuito per i lettori e supportato dalla pubblicità. Un certo numero di altri giornali nazionali con pubblico di larga scala – come il Mail Online – così come tutte le emittenti commerciali che abbiamo intervistato, continuano a inseguire il modello free pubblicitario puntando ad accumulare un pubblico numeroso piuttosto che pagante.
Come ha spiegato Kevin Beatty, Ceo di Dmg Media, editore del Daily Mail, intervistato per il report: “noi abbiamo stabilito molto chiaramente che ci troviamo nel processo di costruzione di un grande pubblico e di un alto livello di coinvolgimento con esso, e per fare questo dobbiamo essere ad accesso libero”. È chiaro che, mentre sempre più organizzazioni di news in Europa stanno adottando dei modelli a pagamento, non c’è consenso su quale sia il modo migliore di agire. Come sia Balbi che Beatty hanno suggerito, muoversi su vasta scala può ancora funzionare per chi ha molti lettori. Ma per gli altri, gli abbonati paganti sono sempre più importanti.
Nuovi modo di produrre ricavi
Sia che le organizzazioni di news inseguano il grande pubblico o un modello a pagamento, la nostra ricerca mostra come molte di queste, in particolare i giornali nazionali che sperimentano un sostanziale declino nei ricavi dal cartaceo e stanno lavorando duramente per accrescere il proprio business digitale, stiano investendo anche nello sviluppo di nuove fonti di ricavi per integrare la pubblicità display e i pagamenti degli utenti. Le iniziative più interessanti che abbiamo identificato sono:
- Il lancio di nuove offerte di contenuti basate su una stretta collaborazione fra dipartimenti editoriali e manageriali, come Pixels e Les Décodeurs a Le Monde e l’app indipendente IL Pika (“IL rapido” in italiano, ndr) introdotta dal tabloid finlandese Iltalehti;
- Investimenti in contenuti sponsorizzati, come fanno Spark, la divisione branded content del Daily Telegraph, o i Bild Brand Studios, che hanno come obiettivo quello di capitalizzare sulle capacità di storytelling dei brand tradizionali per meglio competere con le grandi compagnie tecnologiche che dominano altri settori del mercato pubblicitario digitale;
- Strategie di diversificazione, con uno spostamento nell’e-commerce e nei servizi business-to business, seguite da giornali regionali tedeschi come Rheinische Post e Westdeutsche Allgemeine Zeitung.
Visto il calo o, nel migliore dei casi, la stagnazione degli introiti tradizionali e le crescenti pressioni sulla pubblicità display digitale, trovare il giusto percorso è chiaramente fondamentale per la possibilità dei media di news del settore privato di continuare a investire nel giornalismo.
Articolo tradotto dall’originale inglese da Giulia Quarta. Il Reuters Institute è membro del network dell’Ejo nel Regno Unito
Tags:abbonamenti, Bild, Daily Mail, La Repubblica, metered paywall, modelli di bsuiness, paywall, Reuters Institute for the Study of Journalism, tabloid