Dopo l’acquisizione da parte di AOL, l’Huffington Post prepara la sua espansione a livello internazionale. A luglio è previsto il lancio dell’edizione UK e, in rapida successione, quella dell’edizione francese. Siti che si aggiungeranno a quelli già esistenti in USA e Canada. Per la fine dell’anno è prevista la presenza in 12 diversi Paesi con estensioni che riguarderanno America Latina, Australia e India. Nessuna ipotesi è stata ancora avanzata riguardo a un eventuale sbarco sul mercato italiano: “stiamo cominciando a guardarci intorno ha detto Arianna Huffington, e a capire se c’è spazio per un sito indipendente di news come il nostro”.
Il giornale online, che rappresenta il caso di maggiore successo nell’ambito dell’informazione digitale (negli Stati Uniti ha superato per numero visitatori il New York Times), sceglie un modello di crescita che si avvicina più a quello delle classiche Internet Companies che non ai giornali tradizionali. Un’espansione che non sarebbe stata possibile se non ci fosse stata di mezzo l’acquisizione condotta da AOL, azienda che garantisce oggi le risorse finanziarie necessarie per esportare a livello internazionale il metodo Huffington.
L’editoria digitale avanza a grandi passi proponendo delle soluzioni del tutto diverse da quelle conosciute in passato. Sarà vero che internet può dare voce anche a piccoli gruppi e a modelli di informazione locale, ma ciò che testimonia il caso Huffington è che sulla rete si gioca una partita del tutto nuova che mette in discussione assetti e privilegi di un’informazione finora controllata per lo più da editori locali, soprattuto per quanto riguarda l’Europa.
Il consolidamento di gruppi che esercitano una funzione di provider di servizi internet, vedi Google e AOL, sono ormai diventati parte integrante di un ecosistema editoriale che non ha confini, strutture sovranazionali che esercitano un’influenza sempre più crescente all’interno dei singoli Paesi. A livello globale la competizione su internet tende sempre più ad assomigliare a quella imperante nei network televisivi, dove singoli tycoon controllano business miliardari.
La storia dell’Huffington Post rende evidente la replicabilità di un modello editoriale in stile web, sia da un punto di vista giornalistico, sia da un punto di vista di sostenibilità economica. Un esempio del tutto impraticabile da parte di coloro che sono ancora assoggettati al mondo della carta stampata. Per quanto avversato dagli editori tradizionali, il consenso raggiunto in termini di lettori, dimostra l’efficacia del metodo Huffington. Occorre ora capire se il format giornalistico potrà trovare uguale apprezzamento al di fuori del contesto americano: una scommessa che, se vinta, potrebbe innescare una nuova competizione a danno di quegli editori che devono ancora convertirsi a un futuro sempre più digitale.
Tags:Aol, Arianna Huffington, editoria digitale, Google, Huffington Post, New York Times