Evento giornalistico dell’anno ( per gli addetti al settore , ma non solo), ieri ha preso il via la quarta edizione del Festival Internazionale del giornalismo di Perugia. In programma fino al 25 aprile, il Festival anche quest’anno promette di essere una manifestazione di alto livello sia per i temi che per i professionisti in agenda.
Non ha fatto eccezione, anzi ha confermato la regola, questa prima giornata di conferenze durante la quale si è parlato molto di giornalismo italiano. Un giornalismo che a detta di molti deve cambiare strutturalmente se vuole avere un futuro. E subito sono emerse proposte e idee interessanti.
Secondo Franco Siddi (segretario generale FNSI) è necessario rimettere tutto in discussione pensando ad un nuovo sistema di interventi pubblici e di regolamentazione. Carlo Malinconico (Presidente FIEG) ha riporta to quanto emerso da una recentissima ricerca CENSIS secondo cui va riducendosi il digital divide ma nella fascia di giovani tra i 25 e i 32 anni va crescendo il press divide. Ovvero aumenta la percentuale di coloro che non prendono mai in mano un quotidiano. Se il giornale cartaceo in Italia vuole avere un futuro è necessario introdurre gli aiuti diretti in favore di un pluralismo delle voci (dal 2008 al 2011 le risorse pubbliche investite nell’editoria sono calate del 53%) e un ambiente legislativo favorevole. “Tutto il settore ha bisogno di una ristrutturazione e di una politica industriale chiara.” Ancora più duro Giulio Anselmi (Presidente ANSA) quando riferendosi alla realtà del mercato italiano ha detto “credo che i giornalisti sono ancora troppi” e e riferendosi poi al contratto dei giornalisti – definito poco prima da Andrea Camporese (presidente INPGI) una conquista – ha lamentato l’eccessiva protezione e corporativismo di cui taluni godono: “da noi una volta che uno ha guadagnato il posto è come essere diventato un vescovo.”
Patologica sinergia tra politica e informazione
Wolfgang Achtner (giornalista e scrittore, autore di Democrazia e telegiornali: il giornalismo come servizio pubblico), a proposito di politica e informazione, ha definito il giornalismo politico italiano autoreferenziale. Ha accusato i tg delle reti pubbliche e private di fare disinformazione. L’informazione di bombardare i cittadini con il nulla anzichè con i fatti. A differenza di Stati Uniti e della Gran Bretagna – non si riconosce il principio dell’accountability. Ovvero il giornalismo e il giornalista non si preoccupano di rendere conto ai cittadini del proprio operato (in inglese “accountability”) perchè è possibile farlo solo se si è indipendenti. Per Achtner Informazione politica significa tradurre dalla nebbia quel poco che è notizia e portarla all’attenzione del pubblico. C’è chi per rendere l’idea ha citato Pasolini “Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.” Tutto questo però il giornalista deve farlo senza illudersi di potersi sostituire alla politica e a quel vuoto che sempre più la caratterizza in nome di un’ossessione della rappresentazione. Anzi secondo secondo Alessandro Campi (docente di storia del pensiero politico all’Università di Perugia e direttore scientifico di FareFuturo) chi racconta la politica non dovrebbe avere una vicinanza e una prossimità eccessive con i suoi protagonisti”. I giornalisti – e putroppo in Italia spesso non è così – dovrebbero avere un percorso professionale contiguo ma indipendente dalla politica. Non dovrebbe esserci un intreccio tra le carriere.
RENA: un progetto per migliorare la cultura dell’informazione
Da tutto questo si evince che c’è un urgente bisogno di ricette per migliorare. A questo proposito è interessantissimo il progetto che porta avanti RENA (Rete per l’Eccellenza Nazionale) un’associazione indipendente, apartitica e apolitica che mira a migliorare la cultura dell’informazione in Italia. Come? Monitorando, analizzando e verificando la correttezza di tutti i dati statistici diffusi quotidianamente dalla stampa e dai politici, Perchè troppo spesso si dà conto di numeri abusati, mal interpretati e mal riportati. Troppo spesso le agenzie e i giornali pubblicano statistiche senza verificarne la fonte, la credibilità, l’autorevolezza e senza appurarne la correttezza. Eppure per un buon funzionamento della democrazia e perchè I giornali possano svolgere bene il loro ruolo di servizio pubblico occorre che I dati diffusi siano affidabili: “La correttezza dei dati è un bene pubblico come quello della sanità e della scuola”. Come porvi rimedio? Secondo RENA ci sono diversi modi:
– seguire una delle best practice del giornalismo Americano chiedendo il parere circa l’attendibilità dei dati ad un esperto
– investigare sulle fonti e sulle metodologie di ricerca usate
– prendersi il tempo di verificare i fatti in modo appropriato
– fare pressione sui direttori e capiredattori perchè non divulghino dati non controllati
– creazione di un sito dove vengono inseriti dati monitorati da un garante indipendente
– a fianco di questo “Data Repository” creare fact checking website sulla base di quello Americano (www.factcheck.org) che giorno per giorno monitora gli articoli dei giornali, le dichiarazioni dei politici e tenta di stabilire quale è il grado di verosimiglianza con la realtà dei dati statistici riportati
– motivare e attivare corsi di statistice nelle scuole di giornalismo
Secondo James Fontanella-Khan (direttore The Financial Times online India) funziona bene il metodo del Financial Times: una volta che hai scritto una storia c’è un subeditor nel quartier generale di Londra che la controlla e una seconda e una terza che ricontrollano numeri, bilanci, dati…Non esce nulla senza essere prima controllato.
Un’utopia rispetto agli attuali standard della stampa italiana.
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