Cinque anni dopo l’inizio della “crisi dei migranti”, il tema ha avuto un impatto ampio sugli scenari politici dell’Unione europea e nessuna “soluzione europea” è stata fin qui trovata. Un nuovo studio condotto dallo European Journalism Observatory (EJO) illustra il ruolo dei media all’interno del dibattito sull’immigrazione: secondo i risultati della ricerca, ci sono differenze tra i diversi paesi per quanto riguarda le storie sul tema migranti che trattano i media. Ci sono differenze profonde da un punto di vista quantitativo e qualitativo nella copertura del tema non solo tra paesi dell’Europa occidentale e centro-orientale, ma anche tra gli stessi paesi occidentali. Lo studio rivela anche come permangano diversi “coni d’ombra” tematici nella copertura dei migranti e dei rifugiati.
L’EJO, un network di 12 istituti di ricerca europei sul giornalismo, ha analizzato la copertura riservata dai media ai rifugiati e ai migranti in 17 paesi. Complessivamente, lo studio ha interessato 2417 articoli raccolti nel corso di sei settimane di analisi selezionate tra l’agosto 2015 e il marzo 2018. Questo dell’EJO è il primo studio internazionale ad analizzare la copertura giornalistica dei migranti in così tanti sistemi politici e mediatici e culture giornalistiche. Il report complessivo è disponibile (in tedesco e inglese) sul sito della fondazione Otto Brenner Stiftung, che ha co-finanziato il progetto.
Con oltre 1,1 milioni di rifugiati (secondo le cifra dell’UNHCR per il 2019), la Germania è emersa dalla crisi dei rifugiati come uno dei cinque paesi del mondo che ospitano più persone, insieme all’Uganda, al Pakistan, alla Turchia e al Sudan. Secondo il nostro studio, questa posizione unica ha portato a una “prospettiva tedesca” specifica sul tema: la quantità di copertura mediatica in Germania supera di gran lunga quella di quasi tutti gli altri paesi inclusi nello studio – e va in parallelo solo con quella dell’Ungheria, il cui Primo ministro Viktor Orbán si è posizionato come un oppositore esplicito della Cancelliera Merkel sul tema dell’immigrazione.
I risultati dello studio rivelano anche pattern diversi nella copertura giornalistica in Germania, Italia, Grecia e tutti gli altri paesi Ue inclusi nel campione. In Germania, Italia e Grecia, i migranti e i rifugiati sono presentati come un tema nazionale, un risultato del fatto che questi paesi siano destinazioni prioritarie per queste persone. Al contrario, i media in tutti gli altri Paesi Ue trattano il tema come una questione di affari esteri, dato che gli eventi relativi all’immigrazione avvengono lontano, oltre i loro confini nazionali. I media in Francia, Regno Unito e Ungheria enfatizzano, invece, il ruolo predominante dei loro leader nel policy-making internazionale. I tedeschi, in particolare, saranno stupiti dallo scoprire che vi è poca pressione, negli altri paesi, per trovare una “soluzione europea” per la regolamentazione delle procedure di richiesta di asilo.
Dallo studio emergono anche differenze profonde nel tono della copertura mediatica tra i paesi analizzati. Complessivamente, le testate giornalistiche in Europa centrale e orientale si focalizzano maggiormente sui problemi con i migranti e i rifugiati o le proteste contro di loro. I media in Europa occidentale, invece, enfatizzano la situazione dei migranti e dei rifugiati, e sugli aiuti che vengono loro forniti. I media dell’Europa occidentale, inoltre, citano di norma più persone (non migranti) con attitudini positive nei confronti dell’immigrazione, rispetto ai media dei paesi orientali o centrali. Un pattern chiaro è emerso anche dalla comparazione tra i media più di sinistra o liberal con quelli più conservatori: i primi citano complessivamente più voci con opinioni positive e hanno dato più spazio all’aiuto dato ai migranti e in generale alla loro situazione.
I media trattano anche di personeche arrivano da parti diverse del mondo: l’Africa è il contesto più trattato dai media in Italia e, in qualche misura, in Francia. Mentre tutti gli altri paesi dell’Europa occidentale si concentrano sull’immigrazione proveniente dal Medio Oriente, il giornale italiano La Stampa non ha pubblicato nemmeno un articolo sui migranti e i rifugiati provenienti da questa area geografica. Per i media in Russia, Polonia, Bielorussia e Ucraina, invece, il flusso migratorio dall’Ucraina è un tema prioritario.
Un problema che abbiamo identificato con il nostro studio è che i media in tutta Europa non fanno sufficiente chiarezza per le loro audience sul background e lo status legale delle persone che cercano di entrare in Europa come migranti o rifugiati. La copertura mediatica è infatti dominata per lo più dal dibattito politico e dalle figure politiche (45%), lasciando poco spazio (solo il 4% degli articoli) per la copertura degli aspetti economici, culturali, storici del fenomeno o per altre informazioni di contesto. Solo un terzo degli articoli (33%) fa una chiara distinzione, ad esempio, tra rifugiati – che hanno uno specifico status legale protetto – e i migranti che lasciano i loro paesi di origine per motivi economici, sociali, di educazione, o altri. La maggior parte degli articoli (60% del totale) confonde i migranti con i rifugiati ed è poco chiara in questo senso.
Avviene per ignoranza? Perché i politici nazionali adottano scelte linguistiche ambigue? Perché i giornalisti danno per scontato che i lettori non conoscano la differenza? O perché non hanno abbastanza tempo e spazio per essere più specifici? Il nostro studio non fornisce una spiegazione, ma i media sono piuttosto vaghi anche quando si tratta di parlare dei paesi di origine dei migranti e dei rifugiati. Solo 778 articoli dei complessivi 2417, ad esempio, specificano da dove arrivano le persone: 293 parlano di Siria, altri di Africa genericamente (64), Myanmar (30), Albania e Ucraina (18 ciascuno) e Afghanistan (16). Si registrano, però, dei cambiamenti nel corso del tempo: nelle prime settimane della nostra analisi, ad esempio, il Medio Oriente come area di origine è stato particolarmente trattato e le persone provenienti da questa area sono state per lo più definite come “rifugiate”. Più tardi, invece, le persone sono state definite progressivamente più di frequente come “migranti”. Ad ogni modo, la quantità complessiva di articoli che non citano i contesti di origine dei migranti e dei rifugiati è rimasta alta per tutto il tempo analizzato.
Chiedere ai migranti e ai rifugiati dei loro background e delle loro motivazioni potrebbe essere d’aiuto per offrire maggiore contesto ai lettori, ma queste persone tendono a essere di norma solo spettatori silenti della copertura dell’immigrazione: solo il 26,5% degli articoli, infatti, ha fatto dei migranti e dei rifugiati i principali attori dei contenuti, mentre il 18% ne parla solo come gruppi ampi e anonimi. Solo l’8% degli articoli complessivi, inoltre, ne parla sul piano individuale o familiare, mentre i cittadini o le società civili dei paesi di destinazione sono i principali protagonisti degli articoli nel 18% del campione. Pochissimi dei migranti o dei rifugiati trattati negli articoli sono poi citati direttamente: complessivamente, abbiamo contato 411 migranti o rifugiati citati, contro 4267 persone appartenenti ad altre categorie. Se a essere individualizzato è di norma chi offre aiutato, chi viene aiutato difficilmente viene trattato dai media nello stesso modo. Come riscontrato anche da studi precedenti, la copertura mediatica tende anche a sovra-rappresentare i migranti o rifugiati maschi (e i minori) rispetto alle donne adulte.
Per quanto riguarda la rappresentazione dei migranti e dei rifugiati, i media europei possono imparare dagli USA, a loro volta inclusi nel nostro campione. Mentre il Washington Post si è concentrato principalmente sui migranti dell’America Centrale, il New York Times ha invece adottato una prospettiva più globale, trattando anche dell’Europa. Gli articoli statunitensi hanno coperto un numero piuttosto alto di migranti e rifugiati individuali, spesso citati direttamente. Questa è forse un risultato della tradizione giornalistica Anglo-sassone e dei dettami del codice etico della Society of Professional Journalists che indica di “dare voce ai senza voce”. In Europa, solo i media spagnoli si sono avvicinati a questo interesse per la prospettiva delle persone direttamente coinvolte nel fenomeno migratorio.
Lo studio, ad ogni modo, mostra anche che il dibattito pubblico attorno alla questione in altri paesi è molto lontano dall’essere di parte o come si assume spesso. Per questo abbiamo comparato la percentuale di persone citate negli articoli con attitudini positive nei confronti del tema con quelle con opinioni più negative: in sostanzialmente tutti i paesi inclusi nella ricerca, le due testate per paese che abbiamo analizzato offrono di norma opinioni divergenti. Questo ci fa concludere che è possibile rintracciare degli approcci più variegati sul tema dell’immigrazione nei media di tutti i paesi. Anche i media ungheresi, ad esempio, offrono un’immagine più varia di quella che ci si potrebbe aspettare. Il quotidiano Magyar Hírlap, ad esempio, ritenuto vicino al governo Orbán, non cita nessun migrante o rifugiato nei suoi articoli, ma sul sito indipendente index.hu, invece, la situazione di queste persone riceve più attenzione e alcuni migranti sono anche citati direttamente.
Il report completo, insieme a tutti i dettagli della ricerca, è disponibile qui.
Tags:crisi dei migranti, Europa, immigrazione, migranti, Unione Europea