Le audience sono complessivamente scontente della qualità delle notizie e in particolare di quelle che trovano sui social media. A sostenerlo, il Digital News Report 2017. La ricerca, svolta dal Reuters Institute for the Study of Journalism dell’Università di Oxford, è basata su un sondaggio svolto da YouGov che ha interessato oltre 70mila persone in 36 paesi.
I risultati del report mostrano come, anche se più della metà dei partecipanti (54%) usa i social media come fonte di notizie, solo un quarto di chi lo fa (24%) crede che i social separino in modo adeguato i fatti dalla fiction, mentre per i media tradizionali questo dato si attesta al 40%. Negli Usa (20% e 38%) e nel Regno Unito (18% e 41%), le persone sono però più inclini (il doppio) ad avere fiducia nei media tradizionali. Solo in Grecia si pensa che i social media siano complessivamente migliori, principalmente perché i greci interpellati hanno generalmente pochissima fiducia nei media tradizionali (solo 28% e 19%).
Fiducia nei media e bias politici
La fiducia nei media varia significativamente nei 36 paesi rappresentati nel report. La percentuale più alta che dichiara di fidarsi del giornalismo si trova in Finlandia (62%), le più basse sono invece in Grecia e Corea del Sud (23%). Nella maggior parte delle nazioni si osserva una forte connessione tra la sfiducia nei media e la percezione dei bias politici. Questo vale soprattutto nei paesi con alti livelli di polarizzazione politica: negli Stati Uniti, ad esempio, questo scenario è evidente per via del fatto che i partecipanti si siano detti più propensi a fidarsi di notizie provenienti da testate che seguono già regolarmente (53%), un dato sensibilmente più alto rispetto a quello attribuito alle notizie in generale (38%). Nel Regno Unito sembra che le conseguenze della Brexit abbiano portato a una caduta di fiducia nei media pari al 7% (dal 50% al 43% in un anno).
Livello di fiducia in base allo schieramento politico
Negli Usa chi si dichiara di destra è tre volte più propenso a esprimere sfiducia nelle notizie in generale rispetto a chi si dichiara di sinistra, mentre in Inghilterra si verifica l’esatto contrario. Questo è dovuto alle differenze strutturali tra i media nei diversi paesi: fino a poco tempo fa, ad esempio, non vi era alcuna testata americana (per audience raggiunta) che potesse essere equiparata ai tabloid britannici, tradizionalmente più tendenti verso il centro-destra. In molti contesti, questi vuoti nell’offerta mediatica hanno dato la possibilità a nuove testate online schierate apertamente di entrare nel mercato. Due esempi palesi sono Breitbart, seguito dal 7% dei partecipanti americani, e The Canary, apertamente pro-Jeremy Corbyn, letto dal 2% dei britannici inclusi nello studio.
Differenze regionali nelle spese per le notizie online
In tutti i paesi inclusi nella ricerca solo una persona su dieci (13% il dato medio) paga per le notizie online, ma ci sono grosse variabili regionali. In Norvegia, ad esempio, circa un quarto (25%) delle persone paga per fruire le news, in Svezia un quinto (20%), mentre in Grecia solo il 6%. Secondo il report, questo è normalmente dovuto a tassi di reddito più alti e alla propensione preesistente a pagare per abbonamenti cartacei, propensione poi trasferita al digitale spesso grazie al lancio da parte degli editori di pacchetti carta/online e a periodi di prova che hanno familiarizzato i lettori. Potrebbe però esserci anche un terzo fattore in alcuni contesti: uno dei lati positivi paradossali della polarizzazione e della sfiducia nei social e nei media in generale è infatti stato proprio l’aumento notevole del numero di persone disposte a pagare per le notizie online negli Stati Uniti, dato che è salito 9% al 16%. Anche le donazioni alle organizzazioni mediatiche sono triplicate.
La maggior parte dei nuovi abbonamenti e degli altri tipi di introiti viene principalmente da coloro che in politica si schierano a sinistra, con quasi un terzo di questi che dichiara apertamente di voler “aiutare a finanziare il giornalismo”. Una crescita significativa è venuta anche dagli under 35, un potente correttivo all’idea secondo cui le fasce d’età più giovani non sarebbero disposte a pagare per la fruizione del giornalismo online. Una crescita simile nei pagamenti per le notizie su Internet è avvenuta in Australia, un altro contesto mediatico relativamente polarizzato. Il numero di australiani che paga per ottenere notizie è salito dal 10% nel 2016 al 13% nel 2017, con il 25% dei paganti che dichiara di farlo per “aiutare a finanziare il giornalismo”. Nel Paese anche il livello di donazioni per il settore è relativamente alto.
La crescente polarizzazione potrebbe giovare alle aziende mediatiche
È ormai evidente come il settore mediatico stia vivendo tempi difficili e l’aumento della polarizzazione, le fake news e la diminuzione della fiducia nei social media contribuiscono a generare nuove preoccupazioni. Tuttavia ci sono segni che in alcuni Paesi proprio la polarizzazione potrebbe condurre alla rinascita della volontà, da parte di alcuni gruppi, di sostenere le organizzazioni mediatiche a cui si sentono più vicini. Le avversità politiche, inoltre, potrebbero innescare una maggiore affinità verso i media, almeno in alcuni contesti, cosa che potrebbe essere una possibile via per sostenere il futuro del giornalismo finanziato privatamente.
Il report completo è disponibile qui.
Articolo tradotto dall’originale inglese da Georgia Ertz
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