Dare il buon esempio nella copertura delle ingiustizie sociali

21 Dicembre 2020 • Giornalismi, Più recenti • by

Una pandemia globale. L’uccisione di George Floyd. Un’elezione negli Stati Uniti in cui il Presidente in carica non accetta la sconfitta per settimane. Ci sono abbastanza notizie in questo elenco per riempire diversi anni di giornalismo, ma queste storie straordinarie si sono tutte svolte negli ultimi mesi. Quando il ciclo delle notizie è così senza sosta ed estremo, come giornalisti corriamo il rischio di rimanere bloccati al mero riportare le notizie, invece che pensare a come comunicarle al meglio.

Ma come giornalisti ed educatori, noi volevamo pensare a come poterci assicurare che le storie più importanti vengano raccontate nel modo più efficace. Il risultato è stato una serie speciale che abbiamo creato per il podcast del Dipartimento di giornalismo della City, University of London, The Knowhow, chiamata “Reporting Injustice”.

The Knowhow
In cinque episodi abbiamo voluto evidenziare le complessità del giornalismo e gli attori che stanno facendo la differenza in questo momento storico: giornalisti proattivi piuttosto che reattivi e le cui storie hanno cambiato il modo in cui la società vedeva questioni cruciali come quelle razziali, di genere e di classe.

È facile parlare teoricamente con i nostri studenti di ciò che può fare il buon giornalismo. Con questa serie, volevamo trovare alcuni esempi concreti che potessero esaminare in modo più dettagliato casi in cui i giornalisti non si sono limitati a segnalare lo status quo ma, al contrario, puntavano al cambiamento. Nonostante il crescente scetticismo nei confronti dei giornalisti, abbiamo trovato molti esempi negli ultimi anni – offerti da diversi media diversi.

Il giornalismo come catalizzatore
Alcuni di questi casi erano già piuttosto noti. Ad esempio, la denuncia di Amelia Gentleman sul Guardian dello scandalo Windrush, ad esempio, ha portato alla luce il modo in cui viene trattato nell'”ambiente ostile” per i migranti sostenuto dal governo conservatore di Theresa May chi, venuto dai Caraibi per aiutare a ricostruire il Regno Unito dopo la seconda guerra mondiale.

Tuttavia, non sono solo i media tradizionali a fare la differenza in questo senso. Un episodio della serie, ad esempio, si è concentrato sull’importanza del giornalismo specializzato, in questo caso quello di Inside Housing, che ha contestato la narrativa secondo cui quella della Grenfell Tower fosse stata una tragedia isolata. Sophie Barnes, una ex allieva del nostro corso di giornalismo investigativo, ha condotto due indagini FOIA che hanno rivelato problemi diffusi negli alloggi sociali in tutto il paese.

Un’altra storia di cui abbiamo trattato è stata quella di un’altra ex allieva della City, Alexandra Heal, iniziata con una conversazione con un amico sugli abusi domestici compiuti da agenti di polizia. Ancora una volta, un’accanita indagine iniziata con il suo progetto presso la nostra università, ha avviato una super denuncia che potrebbe cambiare il modo in cui operano le forze di polizia.

Nel frattempo, dopo decenni in cui donne e ragazze indigene sono scomparse o sono state uccise nel silenzio delle forze dell’ordine, dei governi e dell’opinione pubblica, gli attivisti indigeni negli Stati Uniti e in Canada stanno iniziando a ricevere l’attenzione dei giornalisti. La nostra serie ha indagato come la storia sia stata trattata finora e cosa possono fare i giornalisti per migliorare il modo in trattano delle comunità indigene.

Prospettive e percezioni
A volte è il modo in cui le storie vengono raccontate a cambiare le percezioni del pubblico rispetto alle notizie. Quando il New York Magazine ha deciso di raccontare la storia delle accuse di abuso sessuale contro Bill Cosby, invece di concentrarsi sulla celebrità sotto accusa, la rivista ha optato per dare priorità alle donne che avevano denunciato. Ciò è scaturito nella famosa copertina che, come sottolinea la giornalista Noreen Malone, ha contribuito a cambiare il modo in cui le storie di molestie vengono pensate, raccontando principalmente il punto di vista dei sopravvissuti e non quello dei molestatori.

C’è poi un’altra grande sfida per il giornalismo che dobbiamo affrontare e riguarda non solo il modo in cui vengono raccontate le storie, ma chi può raccontarle. Una recente ricerca di Women in Journalism (WIJ) pubblicata a settembre ha dimostrato che meno di una firma su quattro in prima pagina va di norma alle donne, il che non rappresenta un miglioramento rispetto a ricerche simili condotte tre anni fa. Lo studio di WIJ ha anche rilevato che solo il 16% degli esperti interpellati negli articoli è composto da donne. Queste cifre scendono ulteriormente se si considerano la razza e l’etnia.

Il paradigma della parità
Quando WIJ ha monitorato la copertura giornalistica di una settimana a luglio 2020 ha scoperto che nessuna giornalista donna nera aveva pubblicato un articolo sulla prima pagina di nessuno dei giornali inclusi nel periodo di analisi, e che su 174 firme, solo due appartenevano a donne BAME. Inoltre, solo tre donne BAME sono state citate in prima pagina durante quella settimana. Alcune aziende mediatiche stanno però cercando di affrontare questo problema.

Ad esempio, Roula Khalaf, Direttrice del Financial Times, ha dichiarato di essersi data come obiettivo, per il prossimo anno, quello di avere il 50% di donne per quanto riguarda le firma agli articoli, gli editor e per gli esperti citati negli articoli e obiettivi del 20-22% in merito alle persone BAME in redazione. Alla BBC, l’hancorman Ros Atkins ha anche avviato un’iniziativa 50:50 che mira ad avere il 50% di apparizioni sullo schermo assegnato a donne. Avrai già notato che tutti i giornalisti su cui ci siamo concentrate per il nostro podcast erano donne. Oltre a ciò, tutti gli esperti con cui abbiamo parlato durante la serie tranne uno erano donne e tre su cinque episodi includevano donne di colore.

Perché l’abbiamo fatto? In qualità di studiose femministe abbiamo voluto sottolineare il lavoro di donne giornaliste ed esperte. In qualità di educatori, vogliamo mostrare ai nostri studenti che è possibile avere contenuti diversi se si è determinate a far sentire voci diverse: volevamo dare l’esempio.

Articolo tradotto dall’originale inglese e pubblicato originariamente sul sito della City, University of London. Il Dipartimento di giornalismo della City, University of London è partner dell’EJO nel Regno Unito