È trascorso un anno dalla storica visita del Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping in Italia finalizzata all’ufficializzazione di un discusso “Memorandum of Understanding” (MoU) tra i due paesi. A distanza di poco più di dodici mesi, questo evento sembra oggi particolarmente lontano anche a causa di una serie di avvenimenti oggetto di vasta copertura mediatica: le proteste ad Hong Kong per il disegno di legge sull’estradizione di latitanti (反对逃犯条例修订草案运动), la così detta guerra commerciale prevalentemente incentrata sulle politiche dei dazi tra Cina e Stati Uniti e l’ancora attuale diatriba sulla gestione del COVID-19.
I risultati del recente studio condotto dal Laboratorio di Analisi Politiche e Sociali in collaborazione con l’Istituto Affari Internazionali sono interessanti perché mettono in luce un’attitudine positiva dell’opinione pubblica italiana nei confronti della politica estera cinese in un momento particolarmente delicato come quello della crisi sanitaria globale in cui, secondo alcuni osservatori la Cina ha “permesso al resto del mondo di prepararsi a combattere il virus”.
Di certo è comunque da segnalare una rottura rispetto alla copertura mediatica registrata nel marzo del 2019, in occasione della visita italiana di Xi Jinping, e da me analizzata in un paper per la rivista scientifica Problemi dell’Informazione di recente pubblicazione. In effetti, da una prospettiva quantitativa, i quotidiani che hanno dato maggiore copertura all’evento furono Il Messaggero, La Sicilia e Il Sole 24 Ore, meno attivi i quotidiani con una tiratura più alta, La Repubblica e Il Corriere della Sera su tutti. Tale risultato trova una giustificazione nelle visite mirate del Presidente Xi e della moglie Peng Liyuan a Roma e Palermo.
I risultati della mia analisi qualitativa sottolineano invece una copertura prevalentemente negativa nei confronti delle politiche cinesi, mettendo in risalto questioni quali il rischio per la sicurezza nazionale nel settore della tecnologia con particolare riferimento agli investimenti di infrastrutture 5G e le conseguenze sugli equilibri diplomatici tra Italia ed Unione Europea causate dal MoU fra Cina e Italia.
Tra i risultati della ricerca vi sono inoltre dei riferimenti ad aneddoti su Xi Jinping e Peng Liyuan. Pur trattandosi di una serie di notizie sconnesse da una comunicazione ufficiale, si tratta comunque di una scelta comunicativa che può avere un impatto sui lettori. Il riferimento a degli aneddoti può contribuire a far maturare un’opinione positiva come nel caso del paragone indiretto tra la first lady cinese e una giovane Elisabetta II entrambe in visita a Palazzo Colonna a Roma: un espediente utile ad evidenziare il carattere cosmopolita di Peng Liyuan così come la rilevanza politica interazionale della Cina (definita insieme all’ex impero britannico “differenti potenze mondiali”).
Al contrario, il riferimento alla militarizzazione sia a Roma che a Palermo per la visita del Presidente Xi, non ha contribuito di certo a rafforzare un’immagine positiva della politica cinese in Italia. Rimanendo in tema di immagini, la visita di Xi in Cina è narrata anche attraverso delle metafore visive. Un esempio emblematico è proposto dal Il Foglio che in un articolo intitolato “Così l’Italia Stende il tappeto Rosso per Xi Jinping” del 21 marzo 2019 ricorre all’immagine di un tappeto rosso, generalmente utilizzato per le visite di stato, ma che si dirama in diverse direzioni e con un funzionario (verosimilmente militare) in attesa.
Il quadro generale che emerge dalla copertura mediatica del marzo 2019 segnala infine una divergenza tra le aspettative politiche e il concreto sviluppo di una buona immagine della Cina in Italia. Alcuni quadri politici italiani di allora rappresentati ad esempio dall’ex Sottosegretario dello Sviluppo Economico, hanno in più in una circostanza sottolineato l’importanza strategica di tessere accordi istituzionali, economici e culturali con la Cina non senza scatenare delle perplessità. La parzialità della copertura mediatica di Xi Jinping in Italia non può considerarsi positiva nemmeno da una prospettiva cinese, almeno in ambito ufficiale, soprattutto considerando i forti investimenti nel corso degli ultimi due decenni per rafforzare il proprio soft power direttamente connesso all’ambizioso progetto One Belt One Road.
A questo scenario vanno aggiunte almeno altre due considerazioni legate all’immagine della Cina in Italia. La prima è di natura politica economica dei media. In Italia, così come in altri Paesi europei, il consumo di prodotti mediali cinesi è estremamente limitato, un esempio che palesa una serie di criticità è sicuramente il mercato cinematografico. La seconda considerazione è invece di natura più operativa e legata al ruolo degli Istituti Confucio negli atenei italiani e oggetto di discussione tra autorevoli professori di sinologia negli ultimi mesi.
Uno studio sulla copertura mediatica focalizzata sulle relazioni Cina-Italia nel periodo antecedente, simultaneo e successivo alla crisi sanitaria COVID-19 fornirà sicuramente un’interessante visione in merito al ruolo dei media italiani e alle modalità utilizzate per narrare la politica estera cinese in Italia ed uno spunto per valutare in che misura il chiaro obiettivo di Pechino di presentarsi come “potenza responsabile” (负责任大国) sia penetrato nell’opinione pubblica in Italia.
Questo articolo è tratto da un paper pubblicato sul numero 1/2020 del journal Problemi dell’Informazione, partner dell’Osservatorio europeo di giornalismo
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