Osservatorio europeo di giornalismo
Il Fatto, quotidiano fondato da Antonio Padellaro e Marco Travaglio, uscito in edicola per la prima volta il 23 settembre scorso, si conferma la vera novità nel panorama editoriale italiano. Ha raggiunto la media di 70 mila copie giornaliere vendute, cui si devono aggiungere i 43mila abbonamenti (carta e online) sottoscritti fino a questo momento, per un totale complessivo di copie diffuse superiore alle 100 mila. Numeri di assoluto rilievo per la stampa italiana, considerato che dei circa 90 quotidiani presenti in Italia sono pochi quelli che possono definirsi grandi, con vendite superiori alle 200 mila copie (Repubblica, Corriere della Sera, La Stampa, Il Giornale, Libero, Il Sole 24 Ore). La maggioranza della stampa quotidiana si attesta su tirature che non superano le 50 mila copie. Giornale dichiaratamente di opposizione, Il Fatto non ha cannibalizzato la stampa tradizionale della sinistra: l’Unità vende una media di 55mila copie, Il Manifesto 24mila, Liberazione, organo di Rifondazione Comunista, 10 mila copie, numeri sostanzialmente stabili rispetto ai risultati del 2008 e comunque precedenti l’uscita del nuovo quotidiano.
Prezzo di copertina 1,20 euro, dieci redattori, venti pagine, tante firme, collaboratori autorevoli e free lance anche all’estero, Il Fatto rappresenta un nuovo pubblico e pesca in una inedita fetta di mercato: i lettori mostrano di apprezzare il giornale con le sue scelte nette e per la riuscita integrazione con Internet. La versione online non è stata pensata per produrre notizie a raffica. In virtù di una scelta che privilegia l’analisi e l’approfondimento, il sito web è stato creato ispirandosi alla formula del blog: una notizia a tutta pagina, per certi versi simile all’impostazione dell’Huffington, che viene cambiata nelle 24 ore, e poi una selezione di articoli dal giornale e opinioni dalle diverse sezioni (Cronaca, Mondo, Economia, Scuola, Società, Terza Pagina, Media&Regime, Giustizia&Impunità, Lavoro&Precari, Politica). E’ un giornale focalizzato sulla politica e la cronaca giudiziaria, tralascia l’informazione più popolare, di costume, i casi di cronaca nera da cui attingono a piene mani i telegiornali e gran parte dei quotidiani.
Mentre si registra un calo generalizzato dei due grandi quotidiani nazionali, Repubblica e Corriere, il primo a quota 470mila copie il secondo a quota 507 mila (dati Fieg novembre 2009), Il Fatto evidenzia come, nonostante la crisi generalizzata del settore, vi sia ancora modo e spazio per creare una informazione che, pur traendo vantaggio dalla complementarietà del web, gioca la sua scommessa sul media tradizionale, la carta. Il punto di break-even, ovvero di profittabilità del giornale, si attesta, secondo quanto affermato dalla direzione, sulle 25 mila copie. Da un punto di vista economico l’operazione si può considerare di successo.
Il pubblico ha ancora fiducia nella stampa, soprattutto apprezza le scelte più nette, basti pensare che l’unico grande giornale ad avere incrementato le vendite nel corso del 2009 è stato Il Giornale che è passato dalla 170 mila alle 190 mila copie copie giornaliere. Sotto la direzione di Feltri – definito da Luca Telese del Fatto grande mago del giornalismo di destra – Il Giornale è diventato una vera e propria macchina da guerra nei confronti di tutti coloro, sia di destra e di sinistra, che si muovono al di fuori di una rigido schematismo berlusconiano. Eppure questa logica, da un punto di vista strettamente commerciale ha pagato e ha riscosso successo in numero di lettori acquisiti.
La storia del Fatto lascia aperti forti dubbi sulla crisi del giornalismo e della carta stampata. Lascia trasparire come, per certi versi, la crisi sia soprattutto ascrivibile a un giornalismo tradizionale, che muove soprattutto dal desiderio di compiacere un vasto pubblico, definendo un palinsesto che possa soddisfare le aspettative pubblicitarie. Come scrive Umberto Eco su L’Espresso “se un tempo il quotidiano aveva quattro pagine (parlo dei beati tempi di guerra) oggi ne ha in media 60, e non è che al mondo succedano più cose – anzi, a essere obiettivi, ne succedevano di più tra il 1943 e il 1945, dall’Olocausto alla bomba atomica. Per riempire queste 60 pagine, e avere la pubblicità che ti consente di vivere, devi magnificare la notizia, sbattere il mostro non solo in prima ma anche in seconda e terza pagina, col risultato di parlare dieci volte dello stesso evento nello stesso giorno, dal punto di vista di dieci inviati, e dando l’impressione che gli eventi siano dieci. Ma perché devi avere pubblicità per riempire sessanta pagine? Per potere fare sessanta pagine. E perché devi fare sessanta pagine? Per avere pubblicità abbastanza per farle”.
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