Secondo una nuova ricerca, i giornalisti di lingua russa che lavorano in Estonia sono convinti di poter fare da mediatori tra i due gruppi linguistici del paese, quello estone e quello russo, senza però sentirsi in grado di rappresentare i secondi, la minoranza del paese, e aiutarli a integrarsi nella società. I media in Estonia, infatti, come in molti ex paesi sovietici, hanno sempre operato su larga scala in due lingue sin dall’ottenimento della propria indipendenza nel 1991. I giornalisti di idioma russo scrivono o trasmettono per la minoranza russa della popolazione (25%), mentre gli Estoni si rivolgono a quasi tutti gli altri.
Questi due sistemi mediatici rigidamente separati, in combinazione con il fatto che molti russi non hanno la cittadinanza estone e circa il 16% di loro afferma di non capire una parola della lingua ufficiale, hanno avuto un forte impatto sulla società, come affermano Epp Lauk e Maria Jufereva dell’Università finlandese di Jyväskylä: per i ricercatori, le comunità linguistiche sono come due entità che vivono “fianco a fianco”, senza però avere nulla in comune e usando canali di informazione molto diversi.
L’integrazione sociale è stata una questione vitale per i paesi baltici, soprattutto la Lituania e l’Estonia, sin dagli anni ’90. In entrambi i paesi, infatti, più di un quarto della popolazione parla russo come conseguenza delle politiche migratorie dell’Unione Sovietica al termine del secondo conflitto mondiale. I recenti eventi in Crimea e il conflitto militare in corso nell’Ucraina Orientale hanno di fatto poi confermato l’influenza che può esercitare una minoranza linguistica come quella russa su uno stato post-Sovietico. In Ucraina in particolare si è visto chiaramente come i media di lingua russa abbiano svolto un ruolo cruciale nel supporto dell’agenda politica di Putin.
Nello studio “Minority Language Media and Journalists in the Context of Societal Integration in Estonia”, Lauk and Jufereva hanno analizzato il ruolo che i giornalisti potrebbero avere nell’avvicinare le due comunità presenti in Estonia. I ricercatori sostengono che la distanza potrebbe venire colmata se i giornalisti russi agissero maggiormente da mediatori: non solo incrementando la copertura di questioni e avvenimenti estoni nella loro agenda, ma anche assumendo le vesti di rappresentanti, ovvero esprimendo punti di vista e aspettative della propria comunità.
Gli autori hanno svolto un sondaggio cui hanno partecipato 100 giornalisti russi attivi in Estonia, sottoponendo loro domande sullo status professionale e la possibilità di giocare un ruolo attivo nell’integrazione sociale. Inoltre i ricercatori hanno realizzato anche 11 interviste individuali condotte con giornalisti di diverse età e livelli di esperienza. Lo studio ha dimostrato che, in Estonia, “l’auto-identificazione professionale e l’impegno verso il proprio lavoro sono relativamente deboli tra i giornalisti di lingua russa” perlopiù per ragioni economiche: questi professionisti guadagnano mediamente meno degli estoni e l’84% dei russi ha uno stipendio inferiore a 1200 euro mensili.
Di conseguenza, il 77% ha più di un lavoro e quasi il 25% ne ha addirittura quattro o più. In aggiunta, la collaborazione con i colleghi estoni è sostanzialmente inesistente, ma si riscontrano differenze a seconda dei campi. La maggior parte (83%) dei partecipanti al sondaggio non è membro della Estonian Journalists’ Union e circa il 30% non ha alcuna familiarità con il codice etico del giornalismo estone. Le barriere linguistiche sono altrettanto importanti e decisive: il 20% degli intervistati, infatti, non parla estone, con una conseguente padronanza della lingua, quindi, limitata al livello passivo o addirittura inesistente.
Tuttavia, molti degli intervistati si vedono come mediatori tra le due comunità, evidenziano i risultati dello studio. La maggior parte dei giornalisti (94%) percepisce, ad esempio, “discutere e spiegare i problemi della società estone nei media russi”, “raccontare la cultura e la storia estone” (84%), e “aiutare la popolazione russofona a sentirsi parte della società estone” come parte essenziale del loro lavoro.
In confronto, però, solo il 77% si vede come watchdog e, al contempo, non crede di poter rappresentare o fare da portavoce per la propria minoranza all’interno della società estone. Le ragioni individuate dallo studio sono varie: molti (88%), ad esempio, hanno dichiarato che i media russofoni non hanno alcuna influenza nelle decisioni governative, mentre quasi la metà crede invece che queste organizzazioni non promuovano assolutamente l’integrazione nel paese. In generale, i risultati di Lauk e Jufereva dimostrano come i giornalisti con un grado di educazione più alto tendano anche a essere di vedute più ampie rispetto al loro futuro in Estonia. I più ottimisti riguardo il loro potenziale come agenti di integrazione sociale, infine, sono stati i giornalisti con un diploma universitario in giornalismo e quelli con una perfetta padronanza linguistica dell’Estone.
Articolo tradotto dall’originale inglese da Alessandro Oliva
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