Libertà di stampa in Italia, allarme dell’Onu

23 Maggio 2014 • Libertà di stampa • by

Un quadro allarmante. Una débâcle in tutti i settori, dal servizio pubblico alla situazione lavorativa dei giornalisti. Con l’obbligo per l’Italia di mettere mano all’intero settore della libertà di stampa per adeguarsi in modo effettivo agli standard internazionali, tuttora non rispettati. È quello che emerge dal rapporto del Relatore speciale sulla promozione del diritto alla libertà di opinione e di espressione dell’Onu Frank La Rue, adottato il 29 aprile e che sarà discusso nel corso della prossima sessione del Consiglio per i diritti umani che si svolgerà a Ginevra il 26 giugno. Qui, il testo del rapporto: A-HRC-26-30-Add3_en.

Il rapporto, il secondo dopo quello del 2004, è il frutto della visita condotta in Italia nel novembre 2013. Le richieste dell’Onu sono chiare, senza margini di fraintendimento. Certo, però, l’Italia, da tempo, malgrado i richiami internazionali e le condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo, continua a non fare nulla. Prima di tutto, il Relatore speciale intima all’Italia la depenalizzazione della diffamazione proprio per evitare che l’attuale normativa, che tra l’altro prevede il carcere, produca un effetto deterrente sulla libertà di espressione. Il nuovo disegno di legge è solo parzialmente in linea con gli standard internazionali. Va bene nella parte in cui elimina il carcere, ma non nella decisione di mantenere il reato di diffamazione. In questo modo – osserva La Rue – non è rispettata l’esigenza di una totale depenalizzazione. Non solo.

Anche sul piano civile il disegno di legge non convince perché prevede sanzioni pecuniarie troppo elevate, con un obbligo di rettifica pressocché automatico. Una scelta che entrerà in conflitto con la libertà di stampa. Giusto prevedere la rettifica, ma solo per fatti falsi stabilendo altresì che, laddove concessa, si disponga il divieto di azioni giudiziarie. Da bloccare poi gli assalti ai giornalisti in sede giudiziaria. Sono troppo le azioni temerarie e pretestuose, senza reale fondamento, che costituiscono una spada di Damocle per i giornalisti. In questa direzione, l’Onu chiede, per coloro che intraprendono queste azioni con il fine di intimorire il giornalista, non solo il pagamento delle spese processuali ma anche una sanzione economica pari all’entità del risarcimento richiesto al giornalista.

Il Parlamento dovrebbe poi abrogare l’articolo 341 bis che ha reintrodotto con il pacchetto sicurezza (legge n. n. 94/2009) il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, punito con la reclusione fino a 3 anni: un’eliminazione necessaria per diffondere uno spirito di maggiore tolleranza alle critiche. Nell’ottica di garantire la libertà di stampa – osserva La Rue – dovrebbe essere assicurato l’effettivo svolgimento di indagini verso coloro che intimidiscono i giornalisti e la punizione di coloro che compiono atti di intimidazione. Sarebbe necessaria una normativa ad hoc per prevenire e indagare gli attacchi alla stampa.

Da assicurare poi un equo compenso ai giornalisti e migliorare le condizioni di lavoro, ormai deteriorate. Con gravi situazioni di sfruttamento e con una proliferazione di tipologie contrattuali che hanno portato a una totale deregulation. Basti pensare, aggiunge il Relatore, che i giornalisti freelance sono pagati da 5 a 50 euro ad articolo e addirittura 4 centesimi per rigo.

Manca – ancora – una legge efficace sul conflitto di interessi: indispensabile l’introduzione di una norma che vieti a membri del governo o a politici eletti di possedere e controllare i media. Basta, poi, al controllo politico della Rai. La nomina di due membri del Consiglio di amministrazione della Rai direttamente dal Governo e degli altri 7 dal Parlamento non assicura un’effettiva indipendenza dalla politica. Così come preoccupa lo stretto legame, finanche nella concessione delle frequenze, dal ministero dell’economia. Necessarie modifiche che conducano all’individuazione dei membri del consiglio di amministrazione con la partecipazione della società civile e con nomine scaglionate nel tempo.

Ma il Relatore speciale chiede molto di più per assicurare la piena realizzazione del servizio pubblico e cioè che la possibilità di agire in sede giurisdizionale in relazione all’effettivo rispetto dell’obbligo di garantire trasmissioni di servizio pubblico da parte della Rai sia consentita non solo all’altro contraente ossia al Ministero dell’economia, ma ad ogni cittadino.

Stessa trasparenza richiesta per i membri dell’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni): non in linea con gli standard internazionali la nomina di 5 membri da parte del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico. L’Italia fa poi orecchie da mercante sul divieto di concentrazione nella proprietà che intacca la libera concorrenza. La recente abrogazione del divieto per coloro che posseggono televisioni di acquistare azioni nel settore della carta stampata è un motivo di allarme. Da modificare anche la normativa sull’accesso alle informazioni e sugli atti della pubblica amministrazione, eliminando ogni forma di restrizione.

L’Italia fa poco anche sul fronte del contrasto all’hate speech. Va bene la proposta di legge sul contrasto all’omofobia e alla transfobia ma devono essere eliminate le eccezioni previste per coloro che compiono atti in questa direzione all’interno di organizzazioni politiche e culturali.

Ultima richiesta: l’istituzione di un organo nazionale sui diritti umani che abbia un ruolo centrale proprio nel rafforzamento della libertà di opinione e di espressione. Una richiesta già presentata nel 2004. Sempre ignorata dall’Italia. Come tutte le altre.

Questo articolo è stato pubblicato originariamente sul blog di Marina Castellaneta

Photo credits: UN Geneva / Flickr CC

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