Osservatorio europeo di giornalismo, 08.12.2009
Dopo un calo della pubblicità che ha messo a dura prova l’industria editoriale si inizia a parlare di una possibile ripresa. Dall’inizio del prossimo anno il mercato statunitense dovrebbe ritrovare una sua stabilità. Questo vuol dire che i volumi d’investimento non saranno inferiori a quelli del 2009 e che sarà possibile totalizzare un segno più che da tempo era scomparso dai fatturati dei media.
Nel corso del 2010 la previsione è di un + 0,2% per un totale di 162,7 miliardi di dollari. Ma i giornali non saranno tra coloro che potranno beneficiare al meglio della inversione di tendenza: per i quotidiani ZenithOptimedia prevede nel corso del 2010 una diminuzione del 4,1% rispetto al 2009, mentre per internet si configura un aumento pari all’11,6%. Il 2010 sarà quindi un anno ancora complicato che metterà a dura prova la sostenibilità finanziaria di molti editori, considerato che la compensazione generata da internet è ancora ampiamente insufficiente a coprire le perdite della carta stampata.
Un esempio di come stanno procedendo i conti economici della stampa statunitense è quello offerto dal Gruppo McClatchy che pubblica una trentina di giornali. Dopo un secondo e terzo trimestre che hanno visto una diminuzione dei ricavi pubblicitari rispettivamente del 28% e 30%, nell’ultimo trimestre ci si consola con una perdita di “solo” il 20% rispetto allo stesso periodo del 2008. New York Times Co, evidenzia una stesso trend: per il quarto trimestre dell’anno si prevede una diminuzione del 25% contro il – 30% del terzo trimestre e una ripresa degli investimenti su internet che aumentano del 10% dopo avere conosciuto perdite dell’ordine del 19%.
La situazione statunitense non si discosta di molto da quella che sta vivendo la stampa europea. In Italia nel primo trimestre dell’anno il calo è stato del 26% mentre contestualmente diminuiscono le copie vendute. Il Gruppo 24 ORE ha chiuso i primi nove mesi del 2009 con ricavi pubblicitari in perdita del 26,6%. Anche nel terzo trimestre dell’anno – si legge in una nota del Gruppo – non si sono evidenziati segni di recupero rispetto alle performance negative realizzate nel primo semestre.
Tempi e luoghi di produzione vengono razionalizzati , investimenti in marketing e tecnologia sono ridotti all’osso o congelati. Si tagliano le spese redazionali a cominciare da viaggi e abbonamenti alle agenzie di stampa. Per abbattere il costo del lavoro si smagriscono le redazioni con i prepensionamenti, vengono smaltite le ferie arretrate che appesantiscono i bilanci, si riduce il numero di collaboratori e corrispondenti. Il Washington Post incalzato dalla crisi dell’editoria e dal calo della pubblicità (nei primi tre trimestri dell’anno ha perso oltre 166 milioni di dollari), chiuderà entro fine dicembre i suoi ultimi uffici di corrispondenza americani di Los Angeles, Chicago e New York.
Se la sofferenza dei giornali continuerà, come dimostrano i dati e le previsioni fornite dagli analisti, è inevitabile che si accentuino le iniziative e proposte mirate a introdurre sistemi di contribuzione differenziati per l’accesso ai contenuti come micropagamenti o abbonamenti. Da una parte ottenere una retribuzione diretta dagli utenti, dall’altra aprire la contrattazione con Google e con i grandi aggregatori per monetizzare il valore creato dai contenuti editoriali. Nel corso del 2009 la pressione esercitata da News Corp. nella persona di Rupert Murdoch e il gran rumore di fondo generato da affermazioni di gruppi editoriali operativi negli Stati Uniti o in Europa testimoniano della crescente necessità di superare l’attuale condizione di incompatibilità di fondo tra il modello internet riferibile alla formula del tutto gratis e la sostenibilità del business editoriale.
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