Un recente studio del Pew Center’s Project for Excellence in Journalism solleva alcuni dubbi sulla capacità del giornalismo digitale di risollevare le sorti economiche dell’editoria USA, quanto meno nel breve e medio periodo. Nonostante l’investimento sulla componente digitale continui a rafforzarsi – grazie a una diversificazione e consolidamento di più canali di informazione, web + tablet + mobile – quest’ultima non riesce a compensare la perdita che avviene sulla carta: a ogni dollaro guadagnato sul digitale corrisponde una perdita di 7 dollari sulla carta.
La crescita media registrata sul digitale nel corso del 2011, per i giornali campionati dal rapporto, è stata del 19%. Un dato migliore di quello presentato da Newspaper Association of America, che attribuisce alla componente digitale una crescita dell’8,3%.
Il divario tra i due ricavi, carta e digitale, rimane altissimo: quello sulla carta pesa in fatti ancora per il 92%. Ciò significa che la dinamica positiva del digitale influisce ancora poco sugli equilibri dei volumi complessivi. Per quanto il digitale presenti una crescita del 19%, a fronte di un meno 9% della carta, il differenziale di ricavi pubblicitari tra le due componenti continua a viaggiare su percentuali minime.
Da notare che la progressione più alta si registra tra i giornali che hanno un venduto superiore alle 50 mila copie giornaliere. Di converso sono questi stessi giornali a evidenziare la più alta perdita sulla carta stampata. In altre parole più è alto il numero di copie diffuse, più sono marcati gli indici, in positivo e in negativo, riferibili rispettivamente alla carta e al digitale.
Ma ragionare sulle medie di mercato può essere fuorviante. In una condizione di forti cambiamenti emerge, infatti, un’ampia diversità in termini di indici economici: esistono aziende che viaggiano con prestazioni di ottimo livello altre che mostrano tutti i segni della debolezza a intraprendere un nuovo percorso. Evidentemente, per quelle organizzazioni che hanno realmente impostato nuove regole del gioco, in una logica digital first, i segni sono più che positivi mentre le altre faticano a trovare un equilibrio coerente con i cambiamenti. E comunque anche tra coloro che hanno registrato le performance migliori in termini di ricavi digitali, +63%, non vi è molto da festeggiare poiché sulla carta risultano ricavi superiori al 90%. Insomma, a fronte di una crescita degli investimenti pubblicitari digitali la componente di ricavi rimane ampiamente subalterna alla carta.
Anche la componente mobile, per quanto enfatizzata, non lascia tracce significative: per la metà dei giornali che sono stati analizzati dal report, la quota pubblicitaria associata è pressoché nulla. Sul mobile la percentuale pubblicitaria non raggiunge infatti nemmeno l’1%. Così come fatica a imporsi la capacità di sfruttare adeguatamente la componente video. In media solo il 2% viene accreditato come ricavo generato da contenuti video.
Quanto emerge dal rapporto mette in evidenza come, a fronte di una maggiore popolarità dei canali di comunicazione digitali, la pubblicità stenti ancora a trovare delle formule di investimento che possano essere alternative a quelle che vengono proposte sulla carta. Nonostante la transizione al digitale sia di fatto in essere da circa 15 anni, i formati in cui la pubblicità viene utilizzata corrispondono sostanzialmente ai moduli previsti per la carta stampata. La critica coinvolge gli stessi giornali, in quanto questi ultimi vendono nello stesso modo carta e digitale. Se si osservano i dati della spesa pubblicitaria online complessiva, non quella riferita ai soli giornali, si nota come il 46% degli investimenti avviene attraverso pubblicità associata ai motori di ricerca, un criterio da cui i giornali sono attualmente esclusi.
Come si prevede possa essere il giornale tra qui a cinque anni? Ebbene, la risposta più comune è quella che ipotizza una riduzione nella frequenza di distribuzione. I giornali non saranno più quotidiani nel senso letterale del termine, non verranno distribuiti tutti i giorni della settimana. La frequenza sarà diversa e per alcune testate si ipotizza che possa sopravvivere soltanto l’edizione della domenica. Infine, vi è una convinzione diffusa che la trasformazione generale porterà alla definitiva scomparsa di alcuni degli attuali giornali in circolazione negli Stati Uniti così come a una riduzione complessiva del numero di giornalisti impiegati presso le redazioni.
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