Il volume dei contenuti traccianti di terze parti sui siti d’informazione di tutta Europa è significativamente ridotto dall’introduzione del General Data Protection Regulation (GDPR) dell’Unione Europea del 25 maggio 2018, lo rivela una nuova analisi del Reuters Institute for the Study of Journalism. La ricerca, basata su un confronto dei contenuti di terze parti presenti sui siti d’informazione ad aprile e a luglio 2018 – prima e dopo l’introduzione del GDPR – registra un calo del 22% nel numero di cookies ospitati senza il consenso degli utenti; un calo del 9% dei cookies dei social media e un calo del 7% nel numero di siti d’informazione che ospitano contenuti traccianti dei social media, come i pulsanti di condivisione di Facebook o Twitter. Tuttavia l’analisi delle homepage di oltre 200 dei maggiori siti d’informazione europei ha fatto registrare un cambiamento minimo nella percentuale complessiva di pagine di siti di news che contengono qualche forma di contenuto (99%) o di cookie (98%) di terze parti.
Il numero dei cookies di terze parti ha subito un drastico calo
Il numero di cookies di terze parti per pagina è calato in media del 22% su tutti i siti d’informazione. I siti tedeschi, che avevano il secondo numero più basso di cookies in aprile, mostrano il cambiamento minore, con una diminuzione del 6%. I siti britannici, che avevano al contrario il numero più alto di cookies traccianti per pagina in aprile, hanno mostrato una diminuzione del 45% a luglio. La percentuale di siti d’informazione che ospita contenuti social di terze parti, come pulsanti di condivisione di Facebook o Twitter, è a sua volta calata sensibilmente, passando dall’84% in aprile al 77% in luglio.
Sono stati analizzati un totale di 10168 caricamenti di pagina, quasi 1 milione di richieste di contenuto, e 2,7 milioni di cookies sui siti d’informazione di Finlandia, Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e Regno Unito, utilizzando un software appositamente realizzato, webXray. I cali nei cookies di terze parti fra aprile e luglio variano anche a seconda del tipo di contenuto: nel nostro campione, il numero di cookies degli strumenti di ottimizzazione del design è calato in media del 27%, quelli di pubblicità e marketing del 14%, mentre quelli dei social media del 9%. Le aziende tecnologiche statunitensi restano fra le più presenti sui siti d’informazione del nostro campione, Google (96%), Facebook (70%), e Amazon (57%); fra queste, solo Facebook ha visto un calo significativo dopo l’entrata in vigore del GDPR, scendendo di cinque punti percentuali. Ma la maggior parte delle altre compagnie con la più ampia presenza in aprile, incluse Verizon e Oracle negli Usa, Wpp nel Regno Unito e Criteo in Francia, hanno visto un calo significativo della propria copertura post-GDPR, in molti casi di dieci punti percentuali o anche di più.
Cattive notizie per le compagnie Ad-Tech
Uno degli autori del report, Rasmus Kleis Nielsen, ha affermato che i risultati sono significativi: “i siti d’informazione, specialmente quelli basati sugli introiti pubblicitari, sono particolarmente dipendenti da terze parti per molte funzioni cruciali, dalla monetizzazione alla condivisione sui social, e quindi il modo in cui gestiscono il GDPR è tanto importante quanto indicativo di una risposta più ampia. Abbiamo rilevato un chiaro declino nel volume dei tracciatori di terze parti, ma è anche interessante che – con la parziale eccezione di Facebook – i grandi ‘sconfitti’ in termini di copertura siano state le compagnie ad-tech fuori dalla top 3– ovvero quelle che non rientrano fra le maggiori società tecnologiche statunitensi”. L’autore principale del report, Timothy Libert, ha affermato invece che non è possibile dire con certezza perché i cambiamenti osservati nella ricerca si siano verificati e che alcuni di essi potrebbero essere anche indipendenti dall’arrivo del GDPR. Tuttavia, ha aggiunto: “in molti casi i cookies di terze parti non avrebbero dovuto essere generati senza consenso prima del GDPR, quindi i cambiamenti che vediamo potrebbero essere più indicativi di adattamenti nell’ambito di strategie di uniformità che non dei nuovi requisiti normativi”.
Ha poi proseguito dicendo che “mentre la prospettiva sulla privacy degli utenti sembra migliorare, è troppo presto per sapere quanto siano trasparenti le notifiche di opt-in, quale percentuale di utenti decida di acconsentire all’uso dei cookie di terze parti, e quanti siti costringano gli utenti ad accettare il tracciamento coi cookie di terze parti per visualizzare i contenuti. Nel complesso, l’impatto del GDPR va letto come un processo in corso piuttosto che come un singolo evento, e anche se il 25 maggio è arrivato e e se n’è andato, i nostri dati iniziali suggeriscono che potremmo continuare a vedere cambiamenti nel web europeo”. L’analisi, “Changes in Third-Party Content on European News Websites after GDPR”, di Timothy Libert, Lucas Graves e Rasmus Kleis Nielsen, parte da un precedente report, “Third-Party Web Content on EU News Sites: Potential Challenges and Paths to Privacy Improvement”, che ha confrontato i contenuti di terze parti sui siti d’informazione con altri popolari siti web durante i primi tre mesi del 2018. Quella ricerca ha mostrato come i siti d’informazione tendano ad avere un volume decisamente più alto di contenuti e cookie di terze parti rispetto ad altri popolari siti web.
Articolo tradotto dall’originale inglese da Giulia Quarta
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