Le agenzie di stampa assomigliano sempre di più a giornali online. Secondo un recente studio condotto da Estudio de Comunicacion, società di consulenza internazionale con sedi in oltre 20 nazioni, e Servimedia, terza agenzia stampa per dimensione in Spagna. La ricerca “Il ruolo delle agenzie di stampa nel XXI secolo”, presentata di recente durante il giorno di apertura del corso “Il Futuro delle agenzie di stampa”, organizzato presso l’Università Computense di Madrid, mostra chiaramente quanto sia condivisa l’idea (addirittura nel 97% dei casi), secondo la quale il rapporto tra le agenzie e i loro clienti sia cambiato radicalmente con l’avvento delle “nuove” tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
La ricerca si è svolta dal 22 aprile al 3 giugno 2013 coinvolgendo i responsabili della aziende dell’Ibex 35, indice della borsa di Madrid che comprende i titoli a maggior capitalizzazione, e i direttori di 37 mezzi d’informazione della penisola iberica sia nazionali che regionali e digitali, nonché i manager delle principali agenzie stampa spagnole.
I risultati dello studio evidenziano come le agenzie di notizie abbiano sempre meno differenze con i giornali online. Secondo più della metà dei rispondenti (55%), la diffusione dei social network, infatti, potenzia il lavoro delle agenzie di stampa nella raccolta delle informazioni. Per oltre un terzo degli intervistati (37%), nonostante l’utilizzo dei social media, le agenzie rimangono però una fonte sottostante alla catena dell’informazione; grazie ai social network, le agenzie di stampa raccolgono informazioni che vengono poi propagate nella catena informativa.
Per le agenzie, l’arrivo del giornalismo d’impresa, il “brandjournalism”, che potenzialmente potrebbe sostituire una parte del lavoro delle agenzie o, almeno, ne è complementare (48% del totale) è soprattutto una minaccia. Anche la Rete è vissuta più in termini di pericolo, nonostante al Web siano riconoscute anche opportunità di potenziamento: il 37% del campione complessivo, però, ritiene che Internet svaluti il lavoro delle agenzie di stampa.
Guardando al futuro, gli intervistati vedono le agenzie come sempre più affini ai media online. Per il 67% di loro (grafico a sinistra), la pratica di fornire notizie ad altri media come “grossisti” e allo stesso tempo pubblicare sui propri siti Web è accettabile. Tale attività, tuttavia, è stata criticata dai direttori e dai vicedirettori dei diversi mezzi d’informazione che hanno spiegato come questo aspetto ponga le agenzie in diretta concorrenza in due campi: quelli dei ricavi, sia informativi che pubblicitari.
Si tratta, insomma dell’ennesimo capitolo del dilemma del prigioniero, pietra miliare della teoria dei giochi, che illustra egregiamente il falso paradosso della probabilità contro la logica, il cui modello pare perfettamente calzante alla persistente difficoltà di definire se e come sia possibile rimpiazzare i ricavi della carta con quelli del digitale.
Nel nuovo, sempre in mutamento, ecosistema dell’informazione si rompono i vecchi equilibri: i giornali hanno meno bisogno delle agenzie stampa di un tempo grazie a social media e citizen journalism; mentre dall’altro lato, le agenzie immaginano in un futuro prossimo di entrare in concorrenza con i loro clienti. Al tempo stesso le imprese, spesso clienti di entrambi, abbracciano sempre più l’idea di diventare loro stessi editori, produttori di contenuti dando vita a quello che viene raccolto nella definizione di brand journalism. Non ci sarà da annoiarsi.
Photo credits: European Parliament / FLickr CC
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