Combattere la disinformazione in Europa centrale e orientale

19 Giugno 2023 • Economia dei media, In evidenza, Media e Politica • by

Dopo la pandemia da Covid-19, il problema della disinformazione si è ampliato al punto tale da diventare una preoccupazione mondiale. Tuttavia, in alcuni paesi questo problema è molto più difficile da gestire, come in Europa centrale e orientale. Il mix di eredità post-totalitarie, influenza russa nella regione, ascesa del populismo e di leader autoritari, il tutto in concomitanza con forti movimenti globali per la difesa della democrazia, ha portato a vari tipi di disinformazione e a diversi approcci legali per affrontarli.

In Europa centrale e orientale la disinformazione è “fatta in casa” o diffusa da organizzazioni con sede in Russia (le cosiddette “fabbriche di troll“) in collaborazione con persone locali che condividono la stessa prospettiva ideologica. Gli obiettivi dietro queste correnti variano anche da Paese a Paese. Ad esempio, in Polonia, paese a maggioranza cattolica, il fenomeno è collegato all’omofobia dilagante tra i cittadini. In Ungheria, invece, la disinformazione sembra essere legata aagli approcci autoritari della leadership del Primo Ministro Viktor Orbán.

Uno dei principali fattori che favoriscono la disinformazione è la perdita di fiducia nelle strutture e nelle istituzioni politiche e governative. Alla base di questa diminuzione della fiducia politica c’è  la delusione per la mancanza di cambiamenti a lungo attesi dopo la caduta dei regimi totalitari nella regione, e spesso sponsorizzati e promessi da leader e candidati. Questi fattori hanno portato a un aumento del populismo, alla polarizzazione della società e alla diffusione di fake news. La situazione si è aggravata durante la pandemia COVID-19 – soprattutto rispetto al tema della vaccinazione –  e a seguito del conflitto in Ucraina.

Propaganda russa

La propaganda e la disinformazione russa sono presenti nella regione sin dall’annessione della Crimea nel 2014. Di fatto, diversi media online sono stati creati per seminare sfiducia e disordini nelle società. In definitiva, l’obiettivo era quello di aumentare la fiducia nei contenuti filorussi sfruttando l’insoddisfazione dei cittadini e promuovendo l’idea che tutto fosse più sicuro prima dei cambiamenti di regime.

Protiproud, Aeronet News e la versione ceca di Sputnik News, presente su Telegram, sono alcuni esempi di media divulgatori di fake news. Queste testate hanno diffuso odio contro gli immigrati dal 2015 e hanno ripetutamente tentato di influenzare le elezioni presidenziali. Durante la pandemia hanno promosso diverse teorie cospirazioniste, come l’idea che la vaccinazione contro il Covid-19 fosse uno strumento letale usato da Bill Gates per spazzare via la maggior parte della popolazione mondiale. Hanno inoltre contribuito a preparare il terreno per giustificare e accettare la guerra in Ucraina con una propaganda che ritrae Vladimir Putin come un difensore della libertà. I loro contenuti sono ampiamente condivisi su Facebook, la piattaforma di social media più influente per le persone di età superiore ai 40 anni.

Strategie difensive

Anche le reazioni alla disinformazione variano da Paese a Paese. Gli Stati baltici, che in passato facevano parte dell’Unione Sovietica e si trovano al confine con la Russia, sono tradizionalmente i più protettivi nei confronti dei loro mercati mediatici. I lettoni multano e sospendono i media che trasmettono notizie in modo distorto, mentre gli estoni cercano di sviluppare una trasmissione più equilibrata (alternativa) in lingua russa. In Lituania è prevista la creazione di un centro speciale per combattere la propaganda del Cremlino.

Meccanismi simili sono stati istituiti anche in altri Paesi. In Repubblica Ceca, ad esempio, nel 2017 è stato fondato il Centro per la lotta al terrorismo e alle minacce ibride. Con l’inizio della guerra in Ucraina, il governo ceco ha approvato un blocco di tre mesi per i media promotori di fake news. Il governo ha anche promosso l’introduzione di un rappresentate per i media e la disinformazione per creare una legislazione contro la disinformazione – anche se il ruolo è stato cancellato dopo un anno. Il Ministero degli Interni ceco ha tentato di sostenere queste misure con una legge che avrebbe dato allo Stato il potere di bloccare i media ritenuti colpevoli di diffondere notizie false e propaganda distorta. Tuttavia, l’iter è stato interrotto in seguito alle crescenti critiche dell’opinione pubblica.

Mentre altri si sono concentrati sulla difesa dalla minaccia delle fabbriche di troll russe, l’Ungheria ha cercato di sfruttare il sentimento generale contro la disinformazione per rafforzare il regime al potere, approvando nel marzo 2020 una legge per il contenimento del Coronavirus. Ufficialmente, la legge era rivolta a coloro che diffondevano intenzionalmente false informazioni che avrebbero potuto minare gli sforzi per proteggere i cittadini dal virus. Tuttavia, la legislazione è stata fortemente criticata per gli ampi poteri conferiti a Orbán. In effetti, con lo stato di emergenza, era possibile mettere in prigione da uno a cinque anni chiunque diffondesse informazioni non approvate dalle istituzioni ungheresi. Più di 100.000 ungheresi hanno firmato una petizione contro questa “legge di abilitazione“.

Sostegno dell’Unione europea

In generale, le istituzioni dell’UE sostengono questi Paesi e altri Stati dell’Europa centrale e orientale nei loro sforzi per difendere la democrazia e prevenire la disinformazione. Attualmente, si stanno creando un numero sempre maggiore di leggi sulla trasparenza e sulla disinformazione. In reazione alla guerra ibrida con la Russia – e in parte per ciò che sta accadendo alla libertà dei media in Ungheria e Polonia– la Commissione europea ha approvato una Legge sulla libertà dei media nel settembre 2022. La legge deve passare al vaglio del Parlamento europeo e degli organi di governo degli Stati membri, un iter difficile ma fattibile. Considerando le insicurezze economiche e politiche e il timore che l’adozione di una nuova legislazione sulla disinformazione possa alienare gli elettori, l’appartenenza all’UE può essere vista come un vantaggio conveniente, in quanto i Paesi possono far passare le nuove leggi come la volontà dell’Unione.

 

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Articolo tradotto dall’originale inglese.

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