Grecia, la battaglia di Syriza contro gli oligarchi dei media

2 Febbraio 2015 • Giornalismi • by

Una delle priorità del nuovo governo greco è quella di riformare il sistema mediatico del Paese. In particolare, un piano guidato da Syriza, il partito di Alexis Tsipras, punta a organizzare un’asta pubblica al fine di garantire nuove frequenze tv in modo trasparente.

Molti rappresentanti di Syriza hanno dato importanza al concetto di trasparenza, per dimostrare quanto la loro elezione rappresenti una rottura con il passato. Secondo Pavlos Eleftheriadis, Associate Professor in legge alla University of Oxford, infatti, “Atene non ha mai concesso alle reti televisive di competere in modo equo per le frequenze o regolamentazioni di base”.

Il triangolo del potere greco: media, affari, politica
L’agenzia Reuters è stata la prima a rivelare i dettagli degli intrecci di potere dietro la crisi greca. I critici della elite al potere, tra cui anche George Pleios, Professore di Media Studies presso l’Università di Atene, hanno fatto notare come molte aziende greche potessero ottenere prestiti facilmente dalle banche, senza garantire una restituzione in tempi brevi. Queste aziende sono anche quelle ad aver ricevuto pubblicità proprio da quelle banche o da aziende partecipate.

In cambio di questi favori finanziari, le aziende mediatiche hanno offerto copertura amichevole e biased per sostenere gli interessi di questo “triangolo di potere”, come dichiarato anche da Dimitri Papadimoulis di Syriza in un’intervista recente con Mega Channel, uno dei maggiori canali greci.

Per approfondire: Grecia: la crisi alimenta la censura sui media, di Philip Di Salvo

Il piano di Syriza per combattere gli oligarchi della stampa e la corruzione
Il piano in fatto di media del nuovo governo è quello di combattere l’influenza degli oligarchi nel settore dell’informazione. La policy è in linea con quanto promesso in campagna elettorale, ma Syriza stessa sa di non potere andare molto oltre. L’esecutivo neo-eletto punta ad aumentare le entrate e sostenere l’economia nazionale ponendo fine alla corruzione e all’evasione fiscale, fenomeni molto comuni tra i media in Grecia.

In un recente articolo per il Financial Times, George Stathaki ha dichiarato che “lo stato otterrà più di cento milioni di euro da questo processo”. All’interno del suo pacchetto di norme anti-corruzione, Syriza vuole controllare i prestiti concessi dagli istituti di credito al fine di prevenire, o bloccare, il sostengo finanziario a imprese mediatiche fortemente indebitate.

I giornalisti greci sono divisi di fronte alle riforme di Syriza
Ma le riforme del nuovo governo sono oggetto di forte dibattito negli ambienti del giornalismo greco. Alcuni credono che Alexis Tsipras possa farcela, ma molti sono più scettici. Se una revisione del modus operandi in fatti di media è essenziale in Grecia, la strada potrebbe essere molto difficile e lunga. Anche se l’esecutivo ha la volontà di portare a compimento quanto promesso, al contrario dei precedenti governi, le sue politiche economiche rappresentano anche un azzardo maggiore per il Paese.

Per approfondire: Il ritorno dei baroni dei media, di Michał Kuś, Stephan Russ-Mohl e Adam Szynol

I media greci combattono per sopravvivere in una situazione economica molto difficile
In Grecia gli organi di informazione – compresi giornali e testate online – stanno combattendo per farcela in un mercato ristretto e molto competitivo ed esiste il rischio che la situazione possa peggiorare ulteriormente, fintanto che la Grecia non risolve i suoi contenziosi con i creditori internazionali. Le aziende private, soprattutto quelle del settore delle telecomunicazioni, che comprano spazi pubblicitari sui media, sono infatti poco motivate a farlo nelle attuali condizioni economiche.

La mancanza di pubblicità potrebbe quindi significare che Syriza rimanga bloccato in un labirinto: la sua promettente agenda di riforme per i media potrebbe essere costretta a una posticipazione, mentre anche le aziende media più solide sono costrette ad accedere a liquidità per coprire i propri costi.

Articolo tradotto dall’originale inglese

Photo credits: Adolfo Lujan / DISO Press / Flickr CC

Articolo modificato in data 02/02/2015 alle ore 12 per un’erronea definizione di George Stathaki, docente presso la University of Crete

 

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