“Signor Blatter, ha mai incassato una tangente?”. È stato questo, forse, il momento culminante del rapporto tra il freelance britannico Andrew Jennings e i vertici della Fifa: una domanda posta durante la conferenza stampa di rielezione dell’oggi dimissionario presidente della Fédération Internationale de Football Association Sepp Blatter nel 2002. Quella domanda, per Andrew Jennings, reporter di origini scozzesi, ha dato inizio a un lavoro di indagine durato quasi 15 anni e volto ad andare oltre la coltre di segretezza e corruzione che avvolgeva la massima istituzione di governance del calcio mondiale, svelandone i lati più oscuri.
Jennings, infatti, è autore di un libro pubblicato già nel 2006 sulla Fifa e le sue ben poco limpide attività, intitolato “FOUL! The Secret World of Fifa: Bribes, Vote-Rigging and Ticket Scandals”, del lungo reportage “The Beautiful Bung”, andato in onda sulla Bbc lo stesso anno e dell’exposé “Omerta: Sepp Blatter’s FIFA Organised Crime Family”, dato alle stampe lo scorso anno. Tre lavori frutto della combinazione di fiuto investigativo e ottime fonti all’interno della Fifa. Un lungo articolo sul Washington Post narra oggi il dietro le quinte delle pubblicazioni di Jennings, rese possibili da un contatto – un whistleblower – che a partire da quella domanda posta 13 anni fa, ha iniziato a passare al giornalista una serie di documenti scottanti sulla corruzione di Blatter e dell’organizzazione di cui era a capo, direttamente dalla sua sede zurighese: “è partito tutto così”, ha dichiarato Jennings al Washington Post, “e ancora prosegue”.
I gave the FBI the crucial documents that triggered yesterday’s arrests. There will be more to come. Blatter is a target.
— Andrew Jennings (@AAndrewJennings) 28 Maggio 2015
Come scrive oggi il Washington Post, anche l’indagine della Fbi che ha portato agli ultimi arresti eccellenti ha però avuto origine dal lavoro di Jennings, e le autorità si sono rivolte a lui già a partire dal 2009: “ho dato io all’Fbi i documenti che hanno fatto partire tutto questo”, ricorda il giornalista oggi intervistato dal quotidiano americano, “ora conto di poter essere nel banco della stampa in tribunale a New York durante il processo e dire a questi persone ‘ne è passato di tempo, vero?'”.
Andrew Jennings oggi ha 71 anni ed è prossimo alla pensione. Negli ultimi giorni, anche il Guardian ha tributato i giusti onori al suo lavoro, attribuendogli una fetta cospicua del successo dell’indagine americana, ricordando anche le rivelazioni da lui pubblicate nel 2012 sul Sunday Times sull’assegnazione dei mondiali in Qatar e Russia da parte della Fifa. Già all’epoca, grazie a queste pubblicazioni, era potuta partire un’indagine indipendente negli Usa, ricorda il giornale di Londra.
Quella di Jennings è la storia emblematica di un giornalista che sfidando la segretezza di un’organizzazione riservatissima e potente e il silenzio spesso accomodante della stampa di settore, è riuscito ad essere il meccanismo di cambiamento che il giornalismo investigativo punta a essere per definizione. Una storia, quella di Jennings, che ricorda anche quanto il whistleblowing sia uno strumento irrinunciabile per favorire la trasparenza e il cambiamento laddove questa non è nemmeno concepita, come nel caso della Fifa e delle decisioni prese dai suoi vertici.
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