Di cosa parliamo quando parliamo di “sfera pubblica” e “opinione pubblica”

26 Giugno 2020 • Giornalismi, Più recenti • by

Pixabay / public domain

Nell’anno della pandemia da COVID-19 e dei conseguenti discorsi mediatici prodotti senza soluzione di continuità, può essere utile proporre una riflessione su due concetti utilizzati frequentemente nel discorso pubblico, ma spesso in maniera disordinata e imprecisa. Mi riferisco a “sfera pubblica” e “opinione pubblica”. La confusione sul loro utilizzo è dovuta al fatto che molte volte vengono ritenuti sinonimi di concetti quali: spazio pubblico, dimensione pubblica – per quanto riguarda il primo termine – e dibattito pubblico, pensiero comune – per quel che concerne il secondo.

In realtà, siamo di fronte a due concetti cardine della sociologia e della teoria sociale, il cui chiarimento e approfondimento si deve a due studiosi classici delle scienze sociali quali Jürgen Habermas e Pierre Bourdieu. Andiamo per ordine, utilizzando una classificazione schematica che possa aiutare il lettore a comprendere le caratteristiche precipue dei due concetti.

Jürgen Habermas / Wikimedia Commons

“Sfera pubblica” è la traduzione italiana del concetto habermasiano “Öffentlichkeit”, inteso come uno spazio di incontro e argomentazione tra soggetti liberi, detenenti uguali diritti di parola, che affrontano problemi di interesse collettivo e sottopongono al vaglio intersoggettivo le loro idee-opinioni espresse attraverso forme argomentative. La traduzione italiana non ha mai reso pienamente giustizia al significato profondo del termine tedesco. D’altronde, tradurre è sempre tradire.

Per “sfera pubblica” è dunque da intendersi uno spazio intermedio tra il pubblico, come sede del potere politico e delle passioni collettive, e il privato, come area della produzione e riproduzione degli interessi e degli orientamenti individuali. Si tratta dunque dello spazio della parola, della critica e dell’argomentazione razionale in cui i segnali e gli impulsi della società civile vengono elaborati e rappresentati alla sfera del potere politico e in cui le azioni del pubblico potere vengono sottoposte al vaglio della critica e del giudizio.

Le conversazioni che prendono forma in questo spazio – che può essere in presenza fisica o a distanza – riguardano argomenti d’interesse comune e i soggetti partecipanti si danno da fare per proporre soluzioni a eventuali problemi o per condividere le loro opinioni o proposte su un fatto inerente al bene comune e, dunque, dalla rilevanza “collettiva”.

Per quanto riguarda invece il concetto di “opinione pubblica”, potremmo dire, citando il sociologo francese Pierre Bourdieu, che essa “non esista”. In effetti, si tratta di un concetto costruito in base alla scelta di temi inseriti nell’agenda e utilizzando un gruppo di persone alle quali si richiede un’opinione. Ma la questione è spinosa e nasconde una serie di “trucchi”. Ad esempio, il tema su cui è richiesta un’opinione è sempre scelto da chi ha come obiettivo quello di ottenere percentuali di risposte su una certa questione, ossia di conoscere “l’opinione pubblica” di un determinato numero di persone – gli intervistati – che in uno specifico momento vengono contattati per partecipare all’indagine.

Pierre Bourdieu / Wikimedia Commons

Si evince in questo caso la discrasia tra le risposte espresse dagli intervistati in una situazione artificialmente prodotta come quella di un sondaggio, rispetto alle opinioni espresse dagli stessi soggetti in una situazione di vita quotidiana, quando invece vige la regola dell’interazione tra pari che impone il confronto, la richiesta di spiegazioni, il pettegolezzo pure. Le domande prodotte dall’intervistatore (o da un software) sollevano infatti o un ineliminabile imbarazzo, dovuto a una sorta di obbligo di assumere ex abrupto una posizione rispetto a una tematica, oppure conflitti morali che possono comportare l’apparizione di diverse “non risposte” nel computo finale.

A fronte dell’imbarazzo suscitato dal tema, non è infatti raro che l’intervistato scelga appunto di non rispondere per evitare ulteriori domande o conflitti, tutelando così una forma diplomatica di interazione nei confronti dell’intervistatore. Ma ciò chiaramente non vuol dire che il soggetto intervistato non abbia una opinione.

Altro nodo problematico del concetto riguarda il postulato che Bourdieu definisce della “produzione universale di una opinione”. Quest’ultima, riferendosi inevitabilmente a un tema – si ha una opinione di qualcosa o di qualcuno – nasconde una profonda mistificazione della realtà riferita alla differenza di capitale culturale detenuto dai soggetti che rispondono: la difformità tra gradi di cultura e conoscenza determina dunque opinioni pubbliche e risposte che vengono guidate dai soggetti che decidono quali individui intervistare. Corollario a ciò, l’inevitabile mancanza di informazioni inerenti al tema su cui viene posta la domanda.

Si tratta di un problema che Bourdieu definisce di “competenza politica”, ossia la possibilità di rispondere alle domande poste varia in base al livello di istruzione, in primis, e allo stato socio-biografico del rispondente, in secundis (ad esempio: per avere una opinione su un particolare tema è necessario che in quello specifico momento della mia vita io abbia a che fare con esso o che almeno me ne sia imbattuto nel passato. Le modalità con cui avviene o è avvenuto tale incontro rappresentano le possibilità di riflessione che potrò utilizzare nel rispondere).

È necessario chiarire poi che l’opinione pubblica non si costruisce attraverso una mera somma delle singole opinioni dei soggetti intervistati, poiché, come chiarisce Bourdieu: “nelle situazioni reali, le opinioni sono delle forze e i rapporti di opinione sono conflitti di forza. Prendere posizione su questo o quel problema significa scegliere tra gruppi sociali realmente esistenti, ed esprimere, sempre più, scelte rispetto a principi esplicitamente politici”. Scegliere insomma da che parte prendere posizione, a chi portare consenso, con e contro quali soggetti schierarsi.

E quasi sempre, quando viene richiesta una opinione, non si possono che assumere posizioni già predisposte da altri (intervistatore, medium, editore, direttore, ecc.) oppure decidere di non sapere. Inoltre, vi è il problema di coloro che producono (leggi: diffondono-pubblicizzano), i dati e le risposte che vanno a costituire l’opinione pubblica. Si pensi appunto ai sondaggisti che “raccontano” i risultati ottenuti producendo così l’opinione pubblica: ossia una presunta verità espressa dalla maggioranza degli individui intervistati.

Ma quest’ultima non può che essere limitata e soggettiva (partielle et partiale) poiché frutto di un racconto, appunto, di un soggetto che interpreta i risultati in base alle sue categorie interpretative nonché, molto spesso, in base alle richieste e alle volontà politiche che giungono da editori, direttori, datori di lavori, amici, famigliari, ecc. Una schematica comparazione tra i due concetti può essere infine utile per evidenziare le reciproche caratteristiche peculiari:

  1. Nascita: la sfera pubblica può essere generata da altre forme di socialità o nascere da incontri casuali. L’opinione pubblica è sempre generata da una domanda che viene posta a uno specifico gruppo di soggetti tramite sondaggi, questionari, interviste, ecc. Tuttavia, entrambe sono caratterizzate da un grado di permeabilità che soltanto le ricerche empiriche possono valutare in base alle caratteristiche del contesto analizzato.
  2. Forma: la sfera pubblica è aperta, inclusiva, partecipativa, democratica, controllabile; essa può generarsi in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo se si verifica un “problema” che interessa le persone presenti. L’opinione pubblica è vincolata nell’accesso, poiché costruita artificialmente da chi ha interesse a veicolarne il peso specifico: media, politici e amministratori di professione, giornalisti, editori, professionisti nel campo della comunicazione, imprenditori, ecc. i quali decidono anche l’agenda dei temi.
  3. Comunicazione: la sfera pubblica implica la necessità di utilizzare una razionalità comunicativa nel rivolgersi agli altri e nel comunicare le proprie argomentazioni: informarsi, convincere o essere convinti. L’opinione pubblica viene spesso costruita, veicolata e nutrita dalle emozioni che si diffondono (o vengono diffuse) tra i partecipanti a un sondaggio, un forum in rete, una manifestazione in piazza, ecc. Ai soggetti che esprimono la propria opinione non viene richiesta un’argomentazione ma soltanto, molto spesso, una risposta laconica.
  4. Uguaglianza: la sfera pubblica tende a concedere uguaglianza ai partecipanti, in termini di parola e argomentazione, poiché considera tutti i soggetti qua individui, ovvero spogliati dei loro ruoli (almeno in linea teorica). L’opinione pubblica può invece esercitare violenza simbolica nei confronti di coloro che non hanno sufficiente capitale culturale per esprimersi (o ne hanno troppo) oppure di coloro che decidono di non rispondere alle domande.
  5. Sviluppi: la sfera pubblica può generare opinione pubblica. Le argomentazioni prodotte per trovare soluzioni a problemi di interesse collettivo potrebbero generare opinioni e prese di posizioni da parte dei soggetti che vengono a conoscenza (o partecipano o ne sono toccati) delle decisioni assunte dal gruppo costituente sfera pubblica. Viceversa, da opinioni pubbliche veicolate, ad esempio, dai media, possono nascere forme di socialità e di agire che rappresentano sfere pubbliche.
  6. Tema: dalla sfera pubblica possono emergere sollecitazioni di temi da dibattere, suggerimenti di provvedimenti da assumere da parte del potere politico, forme di critica o di consenso, ecc. L’opinione pubblica viene invece sollecitata, da chi ne ha le risorse e le capacità, su un tema già presente oppure su qualcosa che si vuole far diventare, appunto, opinione pubblica e dunque utilizzare per influenzare politici, amministratori, leader d’opinione, ecc.
  7. Identità: nella sfera pubblica, i soggetti cercano forme di riconoscimento identitario attraverso le proprie argomentazioni e le forme di agire comunicativo che decidono di mettere in atto. Dal capitale reputazionale ottenuto e dalla qualità delle azioni svolte nella sfera pubblica, è possibile che alcuni soggetti divengano leader di opinione. L’opinione pubblica, invece, può utilizzare tali leader per rafforzare un tema o proporne uno ex novo, ma difficilmente può costruire ex nihil soggetti del genere, poiché non produce un processo di costruzione identitaria.

L’articolo è tratto da:“Sfera pubblica e opinione pubblica. Habermas e Bourdieu. Una comparazione”, Quaderni di Teoria Sociale, 1-2, 2020, pp. 669-680.

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