EJO RESEARCH
È il risultato di uno studio europeo dell’EJO che indaga le dinamiche con cui i media di informazione online coinvolgono gli utenti nel processo redazionale delle notizie
Vengono sempre dichiarate le fonti e viene data notifica degli errori? Esiste un ombudsman dei lettori al quale rivolgere critiche e reclami e che si preoccupa di correggere eventuali imprecisioni o mancanze del suo giornale? E’ possibile avvalersi di blog, forum, social media per discutere insieme ai giornalisti e agli utenti delle scelte redazionali e degli articoli pubblicati?
Emergono dei tratti comuni tra i paesi dell’Europa dell’est e dell’ovest o piuttosto le diverse culture giornalistiche hanno sviluppato differenti modelli partecipativi per coinvolgere gli utenti nei processi informativi?
Queste alcune delle domande al centro del presente studio dell’Osservatorio europeo di giornalismo dopo aver osservato alla lente e messo a confronto il livello di trasparenza giornalistico e redazionale di 12 paesi europei: Germania, Inghilterra, Francia, Irlanda, Italia, Lettonia, Austria, Polonia, Portogallo, Svezia, Svizzera e Ungheria. E anche Russia.
Per ogni paese sono stati presi in considerazione:
- i siti dei tre maggiori quotidiani in termini di diffusione cartacea e di visite sul web
- i siti dei tre più importanti notiziari
- il sito web di un settimanale o di un sito di informazione esclusivamente online
Lo studio ha voluto mettere in rilievo le caratteristiche e le diversità nel considerare e adottare il fattore trasparenza nelle diverse culture mediatiche europee, le differenze che contraddistinguono i siti dei media di qualità e di intrattenimento dai prodotti della carta stampata e della televisione.
Ed ecco il risultato: sono molte le redazioni europee che si avvalgono degli strumenti di trasparenza più semplici come la funzione di commento agli articoli, i link di approfondimento ad altri siti, la presentazione dello staff di redazione della testata. Ma poche quelle che utilizzano quegli strumenti che davvero consentono un maggior coinvolgimento e un autentico dialogo con il pubblico e chiedono un investimento di risorse come la figura dell’ombudsman o i comitati per i lettori.
L’indagine si è svolta durante il semestre invernale 2010 e oltre al team dell’EJO dell’Università della Svizzera italiana e della Technische Universität di Dortmund, vi hanno partecipato gli studenti del corso di “Giornalismo e Scienze culturali” della Technische Universität di Dortmund, il team dell’OEG dell’Istituto Erich Brost di Dortmund, l’Università di Breslau ( Polonia) e l’Istituto dei Media di Riga (Lettonia).
Più trasparenza per l’informazione nell’era del web 2.0?
fronte all’incremento degli scandali che sempre più coinvolgono i media e alla crescente sfiducia nella politica, spesso attribuita ai media e al loro modo di fare informazione (cfr. “Was Journalisten anrichten“ “Cosa combinano i giornalisti”, inserto della Zeit del 14 aprile 2011), i ricercatori della comunicazione chiedono una maggiore trasparenza nelle scelte redazionali per promuovere la credibilità dei contenuti che vengono pubblicati e rendere ragione dell’importante ruolo sociale dei media. La domanda principale rivolta agli esperti riguarda da una parte la consapevolezza della responsabilità di auto-controllo da parte dei media stessi (cfr. Fengler et al. 2011), dall’altra, il diritto concesso al pubblico di partecipare alle dinamiche redazionali (cfr. Meier 2010). Secondo Klaus Meier, per consentire ai propri utenti di apprezzare maggiormente la qualità dei propri prodotti giornalistici, “una redazione dovrebbe fare luce il più possibile sulle proprie strutture e procedure, rivelare le condizioni e le modalità di stesura dei contenuti, segnalare le fonti e discutere sui relativi valori e interessi personali, riconoscere gli errori e correggerli pubblicamente” (Meier 2010, p. 154). Solo in tal modo è possibile rafforzare la fiducia e l’attenzione nei confronti del lavoro giornalistico, proprio in un tempo in cui i giornalisti concorrono sempre più in rete con concorrenti che non sono professionisti del mestiere.
I classici strumenti di trasparenza della carta stampata riguardano la presenza di mediatori, la correzione di errori e la dichiarazione delle fonti. Nell’era digitale si affermano però altre possibilità di co-partecipazione da parte degli utenti, ad esempio sotto forma di webcast inviati dalle redazioni, di blog, Twitter-Feed e network in cui i giornalisti possono discutere e rendere conto delle scelte redazionali (Meier 2009, S. 83).
Quali sono gli strumenti di trasparenza
E’ possibile catalogare a grandi linee gli strumenti di trasparenza nelle seguenti categorie (cfr. Meier 2009/10, integrazione a cura degli autori del presente contributo).
• Informazioni sulle redazioni e sulle loro condizioni generali: indicazione completa del nome dell’autore/ indicazione della sigla dell’autore, presentazione della redazione/ giornalisti; modulo di contatto; indicazione degli indirizzi e-mail e del contatto telefonico degli autori; presentazione della linea editoriale; presentazione del gruppo mediatico/ profilo dello stato patrimoniale e delle partecipazioni; pubblicazione di un codice etico per il sito web/ la redazione; pubblicazione delle linee guida da rispettare circa il reperimento di fonti dai social media.
• Informazioni sui metodi di lavoro e sulle fonti: deep Links, link a fonti/ siti web esterni; segnalazione del materiale di agenzia e delle fonti; Crowdsourcing: coinvolgimento dei lettori nella ricerca di informazioni.
• Informazioni sulle scelte redazionali: video del meeting di redazione; blog; sezione “Giornalismo sui Media”.
• Strumenti di correzione degli errori: sezione degli errori/ pulsante degli errori; ombdusman/ avvocato dei lettori; rubrica per lettere dei lettori/critiche; comitato dei lettori.
• Strumenti per la discussione con e tra gli utenti: funzioni di commento tra gli articoli; forum di discussione per gli utenti; rubrica “Gli articoli più letti”; collegamento a social network.
I risultati della ricerca
La presente indagine mostra delle divergenze significative nell’impiego degli strumenti di trasparenza sui siti europei che si occupano di informazione. Ma non è solo la diversità delle culture mediatiche a far variare l’intensità del loro utilizzo bensì anche la discrepanza tra le versioni on-line i prodotti della carta stampata e quelli televisivi. Ma in che misura tali offerte mirano a un miglioramento del fattore trasparenza e in quali termini cercano di promuoverlo?
In molti casi, i cosiddetti strumenti di trasparenza supportano soprattutto strategie di marketing e hanno lo scopo di comunicare un’immagine positiva del gruppo mediatico. E’ il confronto con gli altri concorrenti a motivare la loro applicazione e a promuovere ad esempio in tutti i paesi esaminati il collegamento ai social media quale prerogativa standard. Solo il notiziario lettone Latvijas Neatkarīgā Televīzija e il settimanale ungherese di economia Heti Világgazdasá non usano i social media. Ma in nessuna delle pagine web analizzate si trovano le rispettive linee guida relative all’impiego dei social media, cosa che invece rappresenterebbe un significativo criterio di trasparenza.
Solo in pochi casi è possibile usufruire di istituzioni quali il comitato dei lettori, è il caso del Bild tedesco e dell’ Audience Council dell’emittente pubblica RTÈ.
Così come non è una pratica diffusa mettere in webcast la riunione di redazione cosa che in Italia però da qualche tempo sta facendo Repubblica.it. Nel Bild la pubblicazione saltuaria della critica di personaggi importanti è stata sospesa, e lo stesso destino è toccato ai webcast dei meeting redazionali del notiziario svedese Aktuellt.
La gestione dei blog non richiede ingenti risorse economiche ma un grande impegno in termini di tempo. Solo pochi media illustrano le scelte redazionali all’interno dei blog, come ad esempio il notiziario Tagesschau o il quotidiano russo Nowaja Gaseta. In numerosi siti dei media analizzati i blog sono gestiti dai membri della redazione, che tuttavia non offrono maggiori informazioni sul contesto delle notizie e si limitano a una mera esposizione dei fatti; per il resto si tratta per lo più di blog su temi nei cui confronti gli autori sembrano avere un particolare interesse. Solo in casi sporadici i blog sono caratterizzati dalla presenza di mediatori, un esempio è l’ombudsman del quotidiano portoghese Público, José Queiros; in questi contesti i redattori rispondono ai quesiti dei lettori palesando i metodi e le fasi di ricerca delle informazioni e delineando le scelte giornalistiche.
Per quanto concerne la presenza di tali mediatori è possibile evincere delle particolari divergenze culturali. Nei media analizzati in Francia, in Svezia e in Portogallo sono operativi per ciascun paese ben tre figure con questa carica; in Irlanda esiste un ombudsman nazionale e in Austria, nel quotidiano Der Standard, un responsabile dei lettori che svolge i medesimi compiti di un ombudsman. Invece, nei siti esaminati in Germania, Inghilterra, Russia, Italia, Lettonia, Ungheria, Polonia e Svezia questa funzione non esiste affatto.
Un ulteriore strumento che richiede un costante monitoramento e aggiornamento è il crowdsourcing, ovvero, il coinvolgimento degli utenti nel lavoro giornalistico. A questo proposito spiccano i media polacchi: i webcast delle riunioni sono già a disposizione in due di loro e il Crowdsourcing viene impiegato dal tabloid Fakt e dall’emittente pubblica TVP. Piattaforme di crowdsourcing vengono anche gestite dal quotidiano di qualità Gazeta Wyborcza e dall’emittente privata TVN. Nonostante alert24 sembri essere ben poco utilizzata dai giornalisti di Gazeta Wyborcza, gli operatori di TVN fanno invece regolarmente riferimento alla piattaforma Kontakt24. Il crowdsourcing viene applicato in Europa sia nella carta stampata sia nell’ambito televisivo, dai media di intrattenimento a quelli di qualità, ma non è possibile individuare una presenza così forte e significativa come nel caso dei media polacchi. L’Austria è l’unico paese che non offre in nessuno dei siti web analizzati strumenti di crowdsourcing. Poiché non è possibile stabilire in modo dettagliato la frequenza dell’effettivo ricorso ai contributi dei lettori, la valutazione dell’efficacia di questo tipo di strumento risulta piuttosto complicata. Non va però dimenticato che idee come quella dei lettori reporter “retribuiti” del Bild celano un enorme potenziale di marketing.
Uno altro strumento di trasparenza poco utilizzato è la pubblicazione di un codice etico, a cui la redazione debba attenersi. Solo nel mondo mediatico portoghese sembra essere una prerogativa standard, dal momento che tutti i media analizzati, con la sola eccezione del quotidiano gratuito Destak, pubblicano on-line dettagliati codici etici, così come statuti della redazione. I mediatori del quotidiano di qualità Público e dell’emittente pubblica RTP seguono dei propri statuti, consultabili sul web. Ma sui siti dei media tedeschi, svedesi, italiani, ungheresi e polacchi non si riscontra alcun riferimento a un qualsivoglia codice etico o a determinate linee guida. Il quotidiano lettone Diena mette a disposizione solo alcune indicazioni a riguardo, ma non l’intera pubblicazione del codice; in alcuni casi – ad esempio nel Times irlandese – questo criterio di trasparenza si limita a una breve illustrazione delle misure intorno a cui si orienta il lavoro giornalistico. Il problema è quanto queste direttive siano aggiornate, come dimostra il link sul sito dell’ombudsman di France 2 alla “Carta del Giornalista”, relativa certo a questioni di etica professionale ma risalente al 1918!
Un effetto decisamente positivo sull’immagine offerta da un media è rappresentato dalla possibilità concessa all’utente di segnalare errori e di intervenire in modo attivo e tempestivo nel lavoro redazionale. Ma anche qui la trasparenza viene a mancare: certo, diversi media di diversi paesi offrono sul sito i cosiddetti “pulsanti degli errori” o altre possibilità di segnalazione, ma non è per nulla chiaro se la correzione poi avvenga e in che misura vengano accolti e tenuti presenti gli interventi. Diversamente si presentano i contesti in cui operano i mediatori, che pubblicano nei blog le iniziative dei lettori e in alcuni casi riconoscono e correggono gli errori commessi. Ma anche in tal caso non è possibile evincere con chiarezza quanti commenti vengano in realtà quotidianamente pubblicati e con quali criteri vengano selezionati. L’Austria potrebbe essere citata come esempio a riguardo, grazie alla presenza di un “assistente dei lettori”, Otto Ranftl del quotidiano Der Standard e alla rubrica del sito di Die Presse, in cui viene prestata particolare attenzione alle critiche e alla correzione degli errori.
La Lettonia e la Russia rappresentano invece due esempi in cui l’obiettivo trasparenza rimane decisamente al margine. Il quotidiano lettone Diena mette infatti sì a disposizione sul suo sito un “pulsante degli errori”, peccato solo che non funzioni, mentre nel settimanale russo Argumentij i faktij, non appena l’utente clicca sul pulsante, si segnala l’impossibilità di accedere al servizio perché il redattore addetto si è dimesso.
Questa cultura di dare scarsa considerazione al potenziale dei lettori si ripercuote inoltre in una ridotta offerta di rubriche di lettere e critiche dei lettori. Rubriche di questo tipo si trovano solo nei media irlandesi: l’Independent, il Times, il Sunday Tribune e l’Evening Herald, in cui però il link non funziona. Alternative per la pubblicazione delle proposte del pubblico si esplicitano nella forma di blog gestiti da mediatori (cfr. Público, in Portogallo) e di blog dei lettori (cfr. il Sud-Ouest, Francia).
Una forma abbastanza frequente di partecipazione dei lettori è il commento, utilizzata da diversi media analizzati in Germania, Francia, Austria, Italia, Svizzera, Lettonia e Svizzera, mentre negli altri paesi si limita ai siti della carta stampata. Un po’ meno frequenti invece i forum di discussione fatta eccezione per i media portoghesi, i media ungheresi e in particolare quelli polacchi, in cui tutte e cinque le pagine web analizzate dispongono di un forum.
Le informazioni sulle persone che lavorano nelle redazioni si limitano per lo più agli autori, sono infatti gli articoli o i servizi televisivi più importanti ad essere firmati. Eventualmente vengono presentati i redattori fissi, talvolta invece solo i giornalisti che hanno un blog o i conduttori delle trasmissioni televisive. Si tratta di un’abitudine generale sia nei media di intrattenimento sia in quelli di qualità e non è stata riscontrata alcuna differenza di spicco tra i media analizzati. Le uniche eccezioni sono rappresentate dalla Svizzera e dalla Polonia, in cui quattro dei media presi in considerazione presentano in modo dettagliato la redazione, nonché la linea giornalistica adottata.
Nella realtà mediatica polacca è anche abitudine presentare il gruppo editoriale/mediatico stesso: Rzeczpospolita, Gazeta Wyborcza, Wprost, TVP e Polskie Radio pubblicano dettagliati resoconti economici; solo TVP (con un link al sito dell’impresa mediatica) e Fakt (nome e indirizzo del consiglio di amministrazione) si mostrano più parsimoniosi di dettagli. Non sono solo i media polacchi a prestare attenzione alla presentazione dell’impresa mediatica, bensì anche quelli tedeschi e inglesi, in cui in quasi tutti i media indagati è possibile accedere a informazioni dettagliate a riguardo.
In alcuni casi la pubblicazione di tali dati sottostà alla politica dei dirigenti e non a una esplicita decisione della redazione. In Austria, ad esempio, per norma di legge la situazione patrimoniale e le quote di partecipazione devono essere dichiarate nel colophon e in Francia la denuncia del volume di affari e del numero di collaboratori viene regolamentata da direttive ben precise.
In tutti i media oggetto dello studio esiste la possibilità di contattare la redazione, sia in forma di un apposito modulo sia via mail. Meno diffusa risulta però la possibilità di contattare i singoli giornalisti, fatta eccezione per il settimanale Der Spiegel (Germania), The Sun (Inghilterra), Le Nouvel Observateur (Francia) e i giornali Svizzeri. Solo in due siti vengono indicati i numeri di telefono dei singoli redattori: in quello di Die Presse (Austria) e di Latvijas Avīze (Lettonia).
Per quanto concerne la dichiarazione delle fonti e dei processi di ricerca delle informazioni lo studio delinea un quadro piuttosto variegato: in Francia, Austria e Germania la segnalazione di fonti e informatori consente al lettoro di farsi un’idea delle modalità di realizzazione di un servizio, mentre di norma negli altri paesi non sono state riscontrate delle indicazioni che fossero ben chiare e precise. La segnalazione del materiale di agenzia impiegato – che, tuttavia, viene con nostro grande stupore regolarmente applicata solo in Germania, Portogallo e Ungheria – e l’indicazione di deep Link rappresentano poi un ulteriore strumento di trasparenza. Se da una parte Portogallo e Ungheria si mostrano avanti per quanto concerne la trasparenza relativa al materiale di agenzia, risultano molto indietro nell’indicazione dei deep link, poiché in nessun articolo è possibile integrare le informazioni ricorrendo ad altri siti. Sono i siti tedeschi del Tagesschau e di Heute ad avvalersi regolarmente di questo criterio, mentre negli altri paesi viene scarsamente preso in considerazione.
Conclusioni della ricerca
Nessuno dei paesi esaminati rappresenta il modello perfetto del giornalismo trasparente.
Le forti differenze riscontrate nella frequenza di utilizzo di adeguati strumenti di trasparenza sui siti di informazione europei e russi fanno emergere un quadro assolutamente disomogeneo. In alcuni paesi alcuni strumenti sembrano essere già ben consolidati – in generale si tratta semplicemente del collegamento a social media, a funzioni di commento e alla possibilità di selezionare i contributi pubblicati. Le direttive di ciascun paese hanno certo un ruolo importante, ma la scelta di inserire un criterio di trasparenza e la logica con cui utilizzarlo dipendono dalle singole strategie redazionali e ciò non consente, quindi, di individuare nei singoli paesi dei modelli precisi di riferimento, né tra i media di intrattenimento né tra quelli di qualità.
Vengono inoltre preferiti quegli strumenti che non richiedono un impegno particolare in termine di tempo e di risorse; come nel caso dell’ombudsman o di un comitato dei lettori. Se analizzati meglio, alcuni degli strumenti adottati contribuiscono si a comunicare una maggiore trasparenza ma sono soprattutto funzionali alle strategie di marketing. E’ il caso del quotidiano Bild che ingaggia lettori reporter o istituisce un comitato dei lettori, senza tuttavia promuovere in modo significativo la trasparenza del lavoro giornalistico. Anche la pubblicazione della critica pubblica sembra essere marginale e adottata principalmente per farsi pubblicità e posizionare il prodotto sul mercato.
Ci sono poi siti che mettono a disposizione la possibilità di segnalare eventuali errori ma che non chiariscono se e secondo quali modalità i contenuti vengano modificati; per non parlare del collegamento ai social network e la mancata pubblicazione di linee guida che ne regolamentino la gestione e l’utilizzo. E’ pertanto dubbia l’effettiva efficacia di tali criteri e la logica con cui vengano impiegati: in molto casi, per assurdo, manca proprio la trasparenza dello stesso strumento di trasparenza.
Bibliografia
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Meier, Klaus (2009): Transparenz im Journalismus. Neue Herausforderungen im digitalen Zeitalter. In: Brandner-Radinger, Ilse (cur): Was kommt, was bleibt. 150 Jahre Presseclub Concordia. Wien, pp. 83-90.
Meier, Klaus (2010): Redaktion. In: Schicha, Christian; Brosda, Carsten (cur.): Handbuch Medienethik. Wiesbaden: VS Verlag, pp. 149-163.
Traduzione dall’originale “Mogelpackung im WWW” di Maria Elena Caiola
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