La decima edizione del DIG Festival, “J’accuse”, è giunta al termine e si conferma anche quest’anno una delle rassegne di giornalismo più attese nel panorama nazionale e non solo. I cinque giorni in programma hanno infatti visto la partecipazione di più di 100 ospiti internazionali e un’affluenza record che ha superato le 13mila presenze, oltre al tutto esaurito per la gran parte degli eventi.
Il merito di questo successo va indubbiamente ricercato nella capacità di creare uno spazio di espressione e dialogo non solo tra giornalisti e accademici, ma anche attiviste/i e comuni cittadini, il tutto all’insegna della libertà di pensiero e di espressione. Come ricordato da Philip di Salvo, ricercatore della Universität St. Gallen e membro del direttivo DIG:
“Si è trattata dell’edizione più grande e partecipata della storia di DIG. È stupendo vedere il festival crescere e raggiungere pubblici diversi e più ampi: direi che stiamo riuscendo a raggiugenere l’obiettivo di essere un evento che parla di tutti i temi di cui il giornalismo di inchiesta può e deve occuparsi. In un anno come questo, in cui il mondo sembra andare in fiamme a causa di nuovi conflitti tremendi, ricordare quale sia il ruolo del giornalismo nel fare sì che questi fenomeni vengano compresi, è fondamentale”
Il “J’accuse” che ha dato il nome a questa edizione del DIG Festival nasce infatti da una trama di fili che spaziano dalla celebre espressione usata dallo scrittore francese Emile Zola, passando per un inno al giornalismo libero e indipendente fino ad una comune presa di posizione di fronte alla continua uccisione di giornalisti e civili in Palestina. L’assedio della Striscia di Gaza e dei territori occupati è stato infatti uno dei temi al centro di numerosi eventi, tra cui la mostra inaugurale dell’artista Gianluca Costantini, Nel mirino della memoria. Ritratti dei giornalisti uccisi in Palestina, oltre all’attesissima lectio magistralis della relatrice ONU Francesca Albanese e del giornalista Christian Elia. Inoltre, quest’anno il Watchdog Award, riconoscimento al progetto giornalistico o agli individui che si sono distinti per il loro lavoro, è stato assegnato ai Press House – Palestine e a tutti i giornalisti palestinesi.
Durante la premiazione, il giornalista palestinese Hekmat Youssef, riuscendo a connettersi da Gaza, ha ricordato come “Quello che i giornalisti di Gaza stanno vivendo non è solo una sfida professionale, ma una lotta quotidiana per la sopravvivenza di fronte a un pericolo costante, e un conflitto continuo tra l’adempimento del loro dovere e la trasmissione della verità e i pericoli che li circondano da ogni direzione”.
Oltre alla questione palestinese, ampio spazio è stato dedicato alla crisi climatica, da sempre un tema caro al DIG Festival, la lotta alla criminalità organizzata e il ruolo del giornalismo locale, chiave portante per le inchieste giornalistiche. Tra i volti noti di questa edizione si annoverano anche il giornalista Giorgio Mottola, Jake Hanrahan – fondatore di Popular Front -, la giornalista Rivkah Brown e la ricercatrice e attivista Diletta Belotti.
Non da ultimo, quest’anno il DIG Pitch «Matteo Scanni» 2024, finanziamento da €15.000 a un documentario di inchiesta in via di sviluppo o produzione, è stato assegnato a Juan Ravell, Jeff Arak e Pedro Alvarez Gales, con il progetto The Diplomat.