Nel novembre del 2012, Xi Jinping si insediò alla presidenza del Comitato Centrale del Partito Comunista Cinese. Nonostante il breve arco temporale, molti ricercatori e osservatori dei media cinesi hanno lamentato un incremento in termini di controllo sia sui media tradizionali che su Internet
Uno dei fenomeni che ha destato maggiore preoccupazione è stato chiaramente descritto da Maria Repnikova e Fang Kecheng, ricercatori presso la Annenberg School for Communication dell’Univeristà della Pennsylvania. Il loro articolo, pubblicato da Foreign Policy, mette in luce l’impasse registrata dal Nanfang Zhoumo, conosciuto ai lettori occidentali come Southern Weekly, uno dei quotidiani più liberali nella Repubblica Popolare Cinese, stando al giudizio del New York Times contenuto in un articolo del 2008, e con una tiratura che si aggira intorno a 1,7 milioni di copie al giorno.
In passato, altri ricercatori come Zhou Yuezhi hanno evidenziato quanto giornali come il Nanfang Zhoumo avessero contributo al consolidamento del watchdog journalism anche in Cina. In effetti, nel corso dello scorso decennio, il quotidiano con sede a Guangzhou è stato protagonista di diverse inchieste. Basta ricordare, per citare un paio di esempi, la pubblicazione di alcune testimonianze di uomini e donne ai margini della società cinese e al conseguente licenziamento di Liao Yiwu, direttore della redazione, o la denuncia di appropriazione indebita di alcuni fondi da parte di Project Hope (xiwang gongcheng) finalizzato alla costruzione di scuole nelle aree più povere e rurali della Cina. Più recentemente, il Nanfang Zhoumo aveva invece portato avanti un’inchiesta, ripresa poi dalla stampa mondiale, sulle precarie condizioni di lavoro e sui diversi casi di suicidio all’interno della Foxconn.
Nel corso degli ultimi anni, il giornale ha provato a negoziare la sua attività di giornalismo d’inchiesta con i limiti imposti dall’allora State Administration of Radio Film and Television (SARFT) – divenuto successivamente State Administration of Press, Publication, Radio Film and Television (SAPPRFT) – e dal Ministero della Cultura e dall’ufficio di propaganda del Guandong diretto dal conservatore Tuo Zhen, in passato vice presidente dell’agenzia di stampa nazionale Nuova Cina.
Nel dicembre del 2013, inoltre, i collaboratori di Tuo hanno editato e modificato in maniera significativa il tradizionale “saluto” annuale del giornale senza avvisare preventivamente la redazione del Southern Weekly, come da prassi. Questo editoriale, inizialmente intitolato “Il sogno cinese, il sogno del costituzionalismo” (Zhongguomeng, xianzhengmeng), con malcelato riferimento alla dottrina del “sogno cinese” proposta dal neo presidente Xi Jinping, fu in quella occasione modificato in “il sogno del costituzionalismo, svegliamoci”.
Nonostante le numerose proteste da parte di altri giornalisti cinesi e gli attestati di solidarietà a favore dei giornalisti, il Nanfang Zhoumo ha dovuto far fronte anche a delle problematiche di natura economica, come confermano l’aumento del prezzo passato da 3 a 5 yuan nel 2014 e la riduzione nel numero di articoli pubblicati quotidianamente, elementi che palesano le difficoltà nell’acquisire nuovi lettori e inserzioni pubblicitarie. Tali difficoltà sono state palesate anche da Wang Wei, attuale responsabile della redazione del quotidiano, in un articolo dello scorso novembre in cui si lamentava il calo dei profitti e dei guadagni tra il 2012 ed il 2013.
Le recenti disavventure del Nanfang Zhoumo sono ancora più interessanti se contestualizzate in uno scenario più ampio che metta in risalto gli sforzi da parte del Partito finalizzati a un tipo di informazione più vicina ai nuovi media, e a un linguaggio più accessibile, soprattutto alle nuove generazioni.
Un primo caso è il lancio di The Paper (Pengpai), sito di informazione e opinione che individua nella generazione più giovane, avvezza alla condivisione di articoli online, i suoi lettori. Con questo progetto, il Partito sembra aver confermato l’importanza del legame tra giornalismo e Internet, importanza sempre maggiore, stando ai dati pubblicati dal China Internet Network Information Center lo scorso 3 febbraio: nel 2014, infatti, oltre 415 milioni di internauti cinesi hanno fatto accesso a notizie online servendosi della telefonia mobile (+13% rispetto al 2013).
Il secondo caso, invece, si riferisce alla presentazione del nuovo layout del Quotidiano del Popolo e la maggiore condivisione dei propri articoli su piattaforme social come Sina Weibo e l’applicazione di messaggeria istantanea WeChat.
L’ultima osservazione riguarda lo stile mediatico adottato dallo stesso Xi Jinping, a detta di alcuni ricercatori meno propenso alla promozione diretta della politica ideologica e più vicino invece al così detto netspeak e messo anche in evidenza durante il messaggio televisivo di fine anno pronunciato lo scorso 31 dicembre. Fenomeno vero, ma non isolato, la nuova leadership cinese continua infatti ad occupare in maniera propositiva anche i media tradizionali come testimoniano i diversi interventi dello stesso Xi Jinping su Qiushi, rivista bimensile pubblicata dalla Scuola del Partito Centrale e dal Comitato Centrale del PCC, letta soprattutto dai più alti quadri del partito.
Questi hanno finora stigmatizzato l’importanza di implementare le riforme, fornendo linee guida sullo sviluppo economico ma anche sulla responsabilità storica del PCC e sulla importanza della così detta linea di massa (qunzhong luxian) sviluppata in epoca maoista.
Tirando le somme, è possibile asserire che la nuova leadership abbia individuato sia nei nuovi ma anche nei vecchi media una posizione ancora più centrale rispetto al recente passato limitando di fatto le potenzialità del giornalismo d’inchiesta e di voci dal tono più liberale.
Per approfondire: La “going out strategy” del Web cinese dopo Hong Kong, di Gianluigi Negro
Articolo modificato in data 12 Febbario alle ore 14.45 per un errore nel riferimento temporale del primo paragrafo.
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