La campagna elettorale per le ultime elezioni di metà mandato negli Usa è stata per lo più negativa e aggressiva. I candidati hanno fatto meno affidamento ai media tradizionali per indirizzare i loro messaggi, affidandosi sempre di più al data journalism, alle statistiche e alle inserzioni elettorali di attacco e polarizzanti.
La ricerca accademica, di recente, ha iniziato a guardare dentro questi trend. A partire dall’ultima campagna presidenziale, nel 2012, il coverage politico ha infatti avuto un nuovo focus sulle probabilità. Questo cambiamento è dovuto principalmente a Nate Silver, uno statistico che ha sviluppato un modello di previsione per il New York Times e che ha azzeccato i risultati per ognuno dei 50 stati. Silver è stato poi assunto dalla ESPN che ora ospita Five Thirty Eight, ma analisi simili si possono trovare anche sul New York Times stesso, sul Washington Post e su Politico.
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— FiveThirtyEight (@FiveThirtyEight) 6 Novembre 2014
Michael Butterworth della Ohio University ha tracciato ed esaminato questo trend che ha segnato un’evoluzione dall’opinione degli esperti al calcolo delle probabilità, in uno studio recente. Il ricercatore ha riscontrato come le statistiche abbiano creato un nuovo arsenale per il giornalismo applicato alle campagne elettorali, diminuendo l’influenza dei commentatori tradizionali. Il frame delle notizie statistiche ha rinforzato alcune tendenze nel giornalismo politico che i ricercatori seguivano già da qualche tempo, come il correre dietro alle strategie delle campagne – il cosiddetto horse-race journalism -, piuttosto che alla sottolineatura e l’analisi delle posizioni dei singoli candidati. Mentre i critici lamentano che questo tipo di giornalismo non riesce a informare accuratamente il pubblico sulle questioni politiche fondamentali, gli studi empirici hanno mostrato come questo approccio sia invece apprezzato dalle audience.
Ma, guardando alle campagne elettorali più recenti, è possibile riscontrare anche un secondo cambiamento, questa volta da parte della comunicazione politica. Secondo un’analisi del Washington Post, infatti, l’80% della propaganda politica attaccava direttamente un avversario politico. Le conseguenze di questo genere di campagna elettorale “negativa” può essere valutato in due differenti prospettive: guardando all’impatto sulla mobilitazione dei votanti o sull’influenza effettiva sulle scelte degli elettori. Yanna Krupnikov della Stony Brook University ha scoperto come queste campagne negative possano sì portare a maggiore partecipazione ma solo quando le tempistiche sono corrette. Gli elettori che hanno già deciso la propria inclinazione al voto tendono infatti a essere infastiditi da questo genere di propaganda politica e restano a casa il giorno delle elezioni. Al contrario, gli indecisi tendono a essere motivati dai messaggi più aggressivi nel decidere per chi votare. Anche John Geer della Vanderbilt University e Lynn Vavreck della University of California hanno riscontrato alcuni aspetti positivi nelle campagne politiche “negative”: i due ricercatori concludono che le inserzioni più aggressive portano a una migliore comprensione delle differenze ideologiche tra opposti candidati.
Uno degli effetti di questa polarizzazione è che i Repubblicani e i Democratici ricevono le notizie politiche da canali mediatici diversi. A darne ultima conferma, anche uno studio del Pew Research Center che ha mostrato come i conservatori preferiscano Fox News, mentre i liberali guardino con piu favore verso il New York Times o la Npr per essere informati sulla politica. Inoltre, i giovani americani usano fonti completamente diverse, come The Daily Show con John Steward o The Colbert Report per restare aggiornati con le notizie politiche.
Un nuovo studio della University of Pennsylvania, infine, ha guardato agli effetti educativi dell’infotainment. I ricercatori hanno scoperto che gli spettatori del Colbert Show sanno di più a riguardo dei finanziamenti delle campagne elettorali della media dei consumatori di news Usa: durante l’ultima campagna presidenziale, infatti, Stephen Colbert aveva sollevato una grande questione sulla regolamentazione di questi finanziamenti e sui benefici sulle aziende donatrici.
Comunque anche ora che le elezioni midterm si sono tenute, grandi trend come la polarizzazione, le campagne politiche negative il data journalism con le sue previsioni e l’horse-race journalism sono destinati a restare sulla scena del giornalismo politico.
Articolo tradotto dall’originale inglese e pubblicato inizialmente in tedesco su Der Standard
Tags:Barack Obama, comunicazione politica, data journalism, Media e politica, Nate Silver, New York Times, Oregon University, Pew Research Center Project for Excellence, previsioni, ricerca sui media, The Colbert Report