La globalizzazione dell’informazione equivale al rischio di una omologazione delle notizie?
Il luogo comune che ha sempre accompagnato la nascita e la diffusione di internet come canale di diffusione e propagazione dell’informazione è la sua intrinseca capacità di garantire una maggiore libertà di espressione. Web, blog, twitter, i contenuti viaggiano senza che nessuno possa realmente impedire che le voci vengano censurate. Ma nella realtà? Non è forse vero il contrario? Non è forse vero che la globalizzazione dell’informazione equivale al rischio di una omologazione delle notizie? La verità è che internet diventa un grande normalizzatore di stili di vita ed è il più grande strumento per colonizzare il pensiero di una moltitudine di persone che risiedono nei luoghi più diversi del pianeta.
In ogni momento di discontinuità tecnologica che ha accompagnato l’evoluzione dei media si è sempre determinato un ordine di potere economico più ampio del precedente. I padroni dell’industria mediatica sono oggi dei colossi che un tempo nessuno immaginava potessero esistere. Se da una parte i costi di accesso a internet rendono possibile a singoli e piccoli gruppi di portare la propria voce sulla rete è altresì vero che i capitali che possono garantire l’esercizio di un vero impero mediatico sono alla portata di pochissimi gruppi i quali tendono ad avere interessi plurimi in quella che è oggi diventata la comunicazione convergente video-dati-voce, declinata attraverso il controllo di più media, Internet-TV-Giornali. In buona sostanza significa essere nella possibilità di immettere sul mercato risorse di un ordine di grandezza tale da mettere a rischio l’esercizio di una libera informazione in quanto condiziona le dinamiche degli investimenti pubblicitari, fonte primaria di sostenibilità del giornalismo.
E nell’era dell’informazione su internet, il fattore egemonico diventa la tecnologia. Di fatto lo è sempre stata, ma oggi, rispettando la logica che ha finora ha mosso l’industria dell’informazione, lo diventa in modo ancor più evidente. Piattaforme di distribuzione, infrastrutture di comunicazione sono gli elementi attraverso cui si esercita il nuovo oligopolio dell’industria mediatica. La disponibilità di capitali diventa prioritaria. Murdoch, attraverso le risorse finanziarie che ruotano attorno a News Corporation, è oggi impegnato nel tentativo di estendere il proprio impero sino a mettere in pericolo l’equilibrio che determina libera concorrenza e libero mercato. Google, elemento centrale e trasversale di intermediazione delle notizie, investe nei canali di comunicazione emergente che tendono a divenire essenziali in termini di distribuzione di contenuti e pubblicità, come il mobile e la TV. A ulteriore testimonianza dell’iperattivismo che mobilita ingenti risorse finanziarie e crea il nuovo oligopolio dell”industria dei media è anche l’ipotesi di fusione tra AOL e Yahoo! E il rischio, o l’inevitabile conseguenza con cui dovremmo convivere e misurarci, è quello di una omologazione sempre più forte dei messaggi.
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