HackPack: una redazione virtuale per i freelance

17 Luglio 2018 • Digitale, Più recenti • by

HackPack ha aiutato a realizzare un’intervista con Edward Snowden a Mosca

Dopo due anni e mezzo di reporting in Russia, il giornalista Justin Varilek aveva accettato un lavoro nella comunicazione nel suo Paese di origine, gli Usa. Quando la crisi ucraina è esplosa nel 2014, però, l’attenzione di Varilek si è nuovamente spostata a Est. “Ho visto come tutti i miei amici giornalisti stessero coprendo il conflitto in Ucraina e le loro difficoltà nel trovare fixer di qualità sul campo”, dice Varilek, la cui startup HackPack ha strappato il primo posto alla competizione organizzata da Deutsche Welle a Bonn lo scorso giugno.

Per entrare nell’Ucraina orientale in preda al conflitto, in genere i giornalisti stranieri devono passare i posti di blocco e hanno bisogno di fixer locali per muoversi sul territorio. Il problema, però, rimane poter capire il loro livello di esperienza e di professionalità prima di collaborare con loro sul campo. Per questa ragione è nata l’idea di HackPack, una redazione virtuale fondata nel 2015. “Ho realizzato che per ogni altro conflitto o crisi, sarebbe stato ugualmente importante riuscire a trovare il giornalista locale adatto cui affidarsi e capire se si tratta della persona giusta”, dice Varilek parlando del suo progetto. Il suo scopo era creare una piattaforma che permettesse ai giornalisti di “trovare, assumere e collaborare rapidamente ed efficacemente fra di loro”, ci fa sapere Varilek, che ora si trova a Londra.

Restituire il favore
Varilek ha anche visto le difficoltà che i suoi amici giornalisti incontravano con i pagamenti per i loro servizi di fixing, non sapendo quando e come sarebbero stati pagati: “i corrispondenti stranieri continuavano ad andare e venire e i giornalisti locali e i fixer non avevano possibilità di rivalsa se i colleghi internazionali non li pagavano”. Quando però un pagamento veniva effettuato, questo tendeva a essere fatto o direttamente in contanti sul luogo, o con un bonifico, molto costoso in termini di commissioni. Gli amici freelance di Varilek potevano guadagnare anche 200 dollari ad articolo, ma ne perdevano 45 solo per le commissioni bancarie. Per combinare le sue idee di una comunicazione più efficace sul campo e un modello di pagamento più trasparente, Varilek ha cercato il feedback di altri redattori e giornalisti e ha lasciato il suo lavoro a Boston per tornare a Mosca a sviluppare la piattaforma, lanciata ufficialmente come HackPack nel luglio 2015.

Oggi il termine “hack” può evocare cose da esperti di informatica e attacchi hacker, ma nella sua storia è stato usato anche in contesti letterari, spiega Varilek. “La parola ‘hack’ non si riferisce soltanto ai programmatori e agli informatici, anzi all’inizio si riferiva principalmente ai giornalisti”, spiega Varilek, “e sin dai tempi di Shakespeare, le persone che si guadagnavano da vivere con la scrittura, erano chiamate ‘hack’. Oggi nell’industria mediatica, i giornalisti che viaggiano spesso per il mondo e sanno fare un po’ di tutto per guadagnarsi da vivere vengono ancora chiamati in questo modo”.

Justin Varilek a un evento di Deutsche Welle


Una rete globale
Negli ultimi tre anni, oltre 11mila professionisti dei media in 160 Paesi si sono registrati su HackPack. I Paesi con una base utenti più ampia sono Russia (1588 membri), India (1041) Usa (446), Ucraina (352) e Regno Unito (275). La piattaforma aiuta le testate a connettersi con giornalisti con expertise specifici necessari sul campo, anche inviando notifiche via sms. “Questo è estremamente importante per il ciclo dell’informazione”, dice Varilek, citando il caso dell’attentato all’ex agente dell’intelligence russa Sergej Skripal, nel avvenuto nel Regno Unito lo scorso marzo. In quel caso HackPack ha rapidamente aiutato il Daily Mail a trovare un freelance in Kazakistan che potesse parlare con potenziali parenti.

Uno dei più interessanti progetti di HackPack negli ultimi anni, dice Varilek, è stato aiutare una pubblicazione a condurre un’intervista video con Edward Snowden a Mosca, una storia che sarebbe stata quasi impossibile da organizzare rapidamente per un giornalista straniero. “Gli stranieri non possono affittare l’attrezzatura a Mosca”, spiega il videomaker russo Mishiko Belashvili, che ha filmato l’intervista sul posto dopo aver conosciuto il suo “hack” sulla piattaforma, “e se viaggiano con la loro attrezzatura, devono avere uno speciale permesso dal Ministero degli Affari Esteri, un processo molto lungo”.

Oltre a ricevere richieste sul campo, i giornalisti iscritti possono postare idee per potenziali storie che vengono messe a disposizione dei redattori interessati a quelle tematiche. HackPack inoltre invia anche una newsletter settimanale mettendo in evidenza i principali assegnati, collaborazioni e call nelle diverse zone del pianeta. Una sezione su abbonamento permette inoltre agli editori di accedere a un sistema di gestione dei freelance, con cui possono creare un team e gestire tutti i pagamenti e i progetti. Quando un cliente pubblica una richiesta deve indicare anche la cifra che è disposto a pagare, affinché i giornalisti possono poi dire se sono interessati. Il pagamento avviene automaticamente congelato sull’account del cliente una volta che l’assegnato viene confermato. A questo punto il giornalista invia il lavoro, il cliente lo accetta, e solo allora la cifra viene trasferita sull’account del giornalista. “Il nostro obiettivo è dare ai freelance più stabilità e serenità nella loro vita frenetica”, afferma Varilek, “il sistema indica anche tutti i progetti completati, quindi è molto semplice per i freelance fare contabilità e pagare le tasse”.

Il sistema è più di un marketplace online, però, e prevede anche l’organizzazione di incontri offline per i giornalisti a Mosca, Berlino e Londra, che spaziano dalle tecniche giornalismo investigativo allo yoga nel parco per i freelance oberati di lavoro. “Questi eventi aiutano i giornalisti a conoscersi, accrescere il loro livello di professionalità e, ci si augura, ad avere più collaborazioni in futuro”, dice Varilek. Grazie alla piattaforma, i giornalisti hanno collaborato con pubblicazioni di primo piano come Al Jazeera, Delfi, Global Government Forum, Bbc, Kommersant e Snap Judgement per Npr. Nel 2017, i giornalisti che hanno utilizzato il servizio hanno guadagnato più di 175mila dollari, una cifra che Varilek punta a raddoppiare nel 2018. Se HackPack è una piattaforma pragmatica, Varilek la dirige però con una filosofia piuttosto idealistica.

“Gli avvenimenti che si verificano agli angoli del pianeta sono profondamente collegati e hanno un impatto sugli altri in tutto il mondo”, ci spiega: “non si può pensare che qualcosa sia lontano e irrilevante. E i media devono adeguarsi a questa realtà”.

L’intervista con Justin Varilek è stata originariamente condotta da Edita Badasyan e pubblicata sul sito russo di EJO. Articolo tradotto dall’inglese da Giulia Quarta

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