Nei Pesei del Medio Oriente l’uso di Internet sta aumentando e un numero crescente di persone si sta distanziano dai modelli di fruizione tradizionali dei media. A confermarlo sono i risultati della ricerca Media Use in the Middle East 2016, dedicata alle abitudini mediatiche della zona, che rivelano un dato principale: il digital divide si sta riducendo e non solo tra gli Stati del Golfo e quelli a loro vicini, ma anche tra le generazioni e le classi sociali all’interno di questi Stati.
I ricercatori che hanno condotto lo studio hanno intervistato 6mila persone in sei Paesi (Egitto, Libano, Tunisia, Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi) e tenendo al centro diversi aspetti dell’uso dei media, compresi gli atteggiamenti culturali, la censura e le attitudini nei confronti dei social media, è stato riscontrato come l’adozione di Internet negli ultimi tre anni sia aumentata ovunque, e in particolare in Egitto e in Libano.
Mentre in Tunisia l’uso di Internet è più limitato, negli Stati del Golfo, invece, si è diffuso in modo capillare. La ricerca mostra anche come gli utenti di tutti i media siano diventati complessivamente più aperti verso altre culture, grazie alla possibilità di accedere a una maggiore varietà di film e programmi televisivi internazionali. Più di un terzo degli intervistati (36%), inoltre, ha infatti incluso un’emittente straniera nella lista dei canali seguiti regolarmente. Lo studio, condotto dalla Northwestern University in Qatar in collaborazione con il Doha Film Institute, è parte di un progetto comparativo longitudinale eseguito su base annuale.
Un altro dato interessante emerso dalla ricerca è che l’accesso ad altre culture, tramite televisione terrestre internazionale o tramite le piattaforme digitali, non ha causato l’allontanamento del pubblico dai media nazionali e regionali. Al contrario, secondo quanto si legge nella ricerca, “i dati indicano un aumento dell’uso dei media legato alla propria identità, assieme a una varietà sempre più ampia di contenuti internazionali”. Inoltre, l’arabo rimane la lingua preferita online nella regione analizzata, e il numero di persone che accedono a siti web in inglese starebbe calando.
Atteggiamenti culturali
Il pubblico vuole più contenuti connessi con la propria cultura e la storia di appartenenza, secondo il 52% dei tunisini e addirittura l’80% dei qatarioti. La maggior parte di queste persone, non a caso, fruisce preferibilmente media d’intrattenimento in lingua araba, mentre l’uso dell’inglese è molto più basso e in calo. Infatti, la consumazione di film, programmi televisivi e musica provenienti dagli Stati Uniti è diminuita a cominciare dal 2014, mostrano i risultati.
Censura e regolamentazione
La maggior parte degli egiziani e dei qatarioti crede che tra le responsabilità del governo vi sia anche quella di bloccare contenuti “sgradevoli” che si trovano su Internet. Tuttavia, libanesi, tunisini e gli abitanti degli Emirati hanno affermato che i cittadini dovrebbero avere il diritto di decidere liberamente quali contenuti fruire: rispetto all’anno scorso, il sostegno della libertà di parola è aumentato in Tunisia e in Egitto, ma è leggermente calato in Arabia Saudita. La maggior parte (54%) dei cittadini di tutti i Paesi esaminati ha dichiarato infine di credere nella libertà d’espressione online, anche se le loro idee potrebbero essere mal viste.
Uso dei social media
Facebook e WhatsApp sono le piattaforme dominanti nella regione analizzata, anche se vi sono delle variazioni a livello nazionale: ad esempio, solo il 3% dei tunisini usa l’app di messaggistica. Instagram, per restare tra le piattaforme di Mark Zuckerberg, invece, viene usato sempre di più ovunque. Almeno il 40% dei tunisini non usa Twitter, mentre Facebook non viene usato dal 15% dei qatarioti e i dati di utilizzo di Facebook e Twitter sono declinanti anche in Arabia Saudita e Libano.
La privacy rimane invece una preoccupazione in tutta la regione: quasi un terzo delle persone interpellate afferma infatti di essere preoccupata dalla possibilità che il governo sorvegli le attività online. Molte altre (42%) sono invece preoccupate del controllo delle loro attività online da parte di aziende, mentre quasi tre quarti degli intervistati ha riferito di avere cambiato il proprio modo di usare i social media, proprio a causa della questione privacy. Infine, sono stati pochi gli intervistati che hanno dichiarato di essere disposti a pagare per accedere a contenuti online (26%) e ancora meno (17%) quelli che hanno detto di averlo fatto nel corso dello scorso anno.
Articolo pubblicato originariamente dall’Arabic Journalism Observatory in francese e arabo. Traduzione dall’inglese da Georgia Ertz
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