Osservatorio europeo di giornalismo, 19.12.2009
Contano di più le parole o i fatti? Per Barack Obama, a un anno dal suo insediamento alla Casa Bianca, le parole e le promesse continuano a essere tante, i fatti pochi. Per coloro che riponevano speranze e ottimismo in un nuovo corso nella politica internazionale è arrivato il momento della delusione, o meglio, della disillusione.
Eppure Obama gode di copertura mediatica che continua ad avvolgerlo in un aurea da messia e salvatore del pianeta. Ma il tasso di aspettative si contraddice con la realtà. Ed è in continuo ribasso. Yes we can? No we can’t, ammette implicitamente Obama, ma continuate ad avere speranze.
Il vertice sul clima di Copenhagen è espressione emblematica di questa ambivalenza. Si è risolto, di fatto, in un fiasco completo. Più che un accordo è una dichiarazione di intenti. A 12 anni dallo storico appuntamento di Kyoto, nulla di storico è stato ratificato. Nessun documento vincolante e nessun trattato sostitutivo a quello del 1997 è stato prodotto. E la presenza messianica di Obama non ha contribuito a fare alcun sostanziale progresso. Sul controllo delle immissioni inquinanti, riduzione di CO2, peggio di così non poteva andare. Doveva essere la svolta planetaria verso la green economy. Se ne riparlerà, l’anno prossimo, alla nuova scadenza programmata in Messico. Eppure la questione climatica era un pilastro della politica di Obama e doveva costituire uno dei punti fondanti di discontinuità con l’amministrazione Bush, ma fino a questo momento i fatti lasciano delusi.
A distanza di un anno il circuito mediatico che lo aveva sostenuto inizia a incrinarsi. New York Times e The Guardian si dimostrano critici e la discussione è più attenta alla realtà dei fatti. Sulla scena internazionale – Afghanistan, Iran, questione ambientale – i risultati ottenuti non sono stati finora rivoluzionari. E per quanto riguarda il cambiamento climatico la capacità di influenza degli Stati Uniti deve fare i conti con la Cina del ventunesimo secolo, superpotenza economica e vero antagonista della supremazia americana. Barack Obama, sino a questo momento, si è dimostrato vero motore del cambiamento nell’immaginario collettivo; la realtà, fino a questo momento, non è stata all’altezza della fantasia.
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