COVID-19 e giornalismo: Russia

3 Aprile 2020 • Brevi, Giornalismi • by

Il Coronavirus SARS-Cov-2 / Pixabay / public domain

Questo articolo è parte di una serie dell’EJO dedicata alla copertura giornalistica del Coronavirus COVID-19 nel mondo. La lista completa degli articoli è disponibile qui e in inglese.

Mentre sembra che ora le autorità russe prendano la situazione seriamente, è mancata in Russia una sana discussione dei media su come lo stato sti gestendo la crisi. Le misure per combattere la diffusione del Coronavirus in Russia sono state intensificate rapidamente nelle ultime settimane. A livello di governo federale, si sono viste diverse fasi che hanno incluso un aumento graduale delle limitazioni sui viaggi. A partire dal 18 marzo, ad esempio, a nessun cittadino straniero è stato consentito l’ingresso nel Paese.

Le misure adottate variano molto da regione a regione. Per quel che ho potuto apprendere, il primo luogo a considerare seriamente il virus è stata la città di Mosca, seguita poi dalla sua regione. Inizialmente sono stati cancellati o posticipati tutti gli eventi con più di 5mila persone, compresi anche molti festival previsti in primavera. A partire dal 15 marzo sono poi state prese misure molto più drastiche. Dal 17, tutti gli eventi con più di 50 persone sono stati proibiti e le scuole sono state chiuse. Nelle scuole di San Pietroburgo si sta lavorando per intensificare l’insegnamento a distanza. Le università statali Lomonosov di Mosca e di San Pietroburgo stanno passando all’insegnamento online. Il virus si è ormai diffuso anche in altre parti del Paese, al 17 marzo sono stati confermati casi di COVID-19 in quasi un terzo delle regioni.

Consulenza ufficiale incoerente
Le autorità non sono state efficienti nel fornire alla popolazione informazioni accurate e affidabili. L’obiettivo principale sembra essere quello di non creare panico, però non c’è nessuna informazione ufficiale. La maggior parte delle persone cerca consigli online ma quello che trova non è univoco.

Il Ministero della sanità ha creato una pagina che fornisce numerose informazioni, la quale non viene però citata né online né in televisione. Offrono assistenza per affrontare il problema anche molte altre agenzie, come Rospotrebnadzor (autorità russa per i servizi ai consumatori, ndr) e un’ulteriore unità recentemente creata. Le mie preoccupazioni si riversano su due fronti. In primo luogo, circolano voci secondo cui il numero apparentemente basso di casi sia il risultato di troppo pochi test. Secondo il Ministero della sanità, al 17 marzo sono stati effettuati più di 116mila test, di cui 114 risultavano essere positivi, però molti non credono a queste cifre. È difficile credere, ad esempio, che non ci siano stati contagi in Siberia o nell’estremo oriente, nel quale si sono viste molte migrazioni transfrontaliere con la Cina. Tuttavia, nessuna informazione affidabile a nostra disposizione può fornire un contrappeso a questi timori.

In secondo luogo, non molte persone seguono il consiglio di mettersi in auto-quarantena, di indossare una mascherina in pubblico o di evitare eventi pubblici. C’è molta resistenza nei confronti delle misure di contenimento, probabilmente per una generale mancanza di fiducia nei messaggi veicolati dai canali ufficiali. Sembra che le persone stiano cercando di provare a gestire la situazione facendo da sé in assenza di azioni chiare da parte delle autorità che non siano quelle di chiudere le scuole e la cancellazione degli eventi.

Media: molta copertura, poca discussione
C’è stata molta copertura mediatica sul COVID-19, però di fatto non c’è stata una reale discussione su come le autorità stiano gestendo la situazione. La maggior parte dei servizi, infatti, informa le persone solamente circa i casi più recenti e le misure prese per combattere la diffusione del virus. Non esiste però una discussione seria sulla possibilità che il paese sia adeguatamente preparato o che le autorità si stiano muovendo a sufficienza per proteggere le persone.

Le misure adottate dagli altri paesi non sono attualmente oggetto di attenzione se non su Channel One, dove i programmi tendono a ridicolizzare il modo in cui viene gestita la crisi altrove. È stato messa in discussione anche l’idea di mondo aperto, con la chiara implicazione che anche qui si tratti solamente di una idea ridicola.

Articolo disponibile anche in inglese

Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle dell’autore e non rispecchiano necessariamente quelle di tutto l’EJO

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