Negli Stati Uniti prosegue la contrazione degli investimenti pubblicitari. Nell’ultimo trimestre fiscale il Washington Post ha registrato una diminuzione di ricavi del 20% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Anno su anno la diminuzione è stata del 13%. Non si arresta la perdita di lettori sulla carta stampata. Il numero di copie diffuse nel giorno medio è diminuito dall’inizio di quest’anno del 5,4% e 518 mila sono le copie attualmente distribuite dal Washington Post. Ciò che più preoccupa è che la diminuzione del valore generato dalla carta non viene compensata dai ricavi online. Nonostante le aspettative, i risultati sono deludenti. Per il gruppo la pubblicità online è calata del 14% rispetto allo stesso periodo del 2010.
Per l’editoria americana diventa sempre più complicato creare le premesse per raggiungere una nuova sostenibilità allineata alle dinamiche di mercato. La New York Times Co., editrice dell’omonimo giornale, dal 2006 a oggi ha registrato una progressiva perdita di fatturato passando da 3,2 miliardi di dollari agli attuali 2,4. Nello stesso periodo il valore di capitalizzazione si è pressoché azzerato: a fine 2006 l’azione del NYT era valutata 26 dollari, oggi ne vale 7,35 dopo avere toccato il minimo storico nel 2009 quando ne valeva poco più di 4.
Andamento cui si allinea lo stesso Washington Post, il cui Gruppo di appartenenza, Washington Post Co, negli ultimi 5 anni ha registrato un dimezzamento in termini di capitalizzazione di mercato: l’azione di riferimento valeva circa 760 dollari a fine 2006, oggi ne vale 334.
E’ interessante notare come la credibilità e l’apprezzamento del mercato nei confronti dell’industria editoriale abbia seguito in questi ultimi anni un andamento omogeneo in aree geografiche diverse. Il Gruppo Editoriale l’Espresso a inizio 2007 aveva un valore per azione pari 4,23 euro, oggi ne vale 1,29. Contestualmente i ricavi nello stesso periodo sono passati da 1,1 miliardi a 885 milioni di euro. Uguale tendenza si riscontra nelle dinamiche di capitalizzazione di RCS Media Group: 0,71 euro l’attuale valore dell’azione contro i 3,8 euro di fine 2006.
La vera crisi in termini credibilità e prospettive di sviluppo delle aziende editoriali USA è iniziata nel 2009. Dopo gli effetti del disastro finanziario innescato dal fallimento di Lehman Brothers, il comparto editoriale non è più ripartito e la capitalizzazione di mercato è rimasta sottodimensionata, contrariamente alle dinamiche degli indici complessivi – vedi Nasdaq, S&500 o Dow Jones – che sono rapidamente risaliti. Per il NYT la crisi è iniziata ancor prima, a partire dal 2007. (Vedi grafici)
Insomma, analizzando lo stato di salute finanziario dell’editoria ci si accorge che la credibilità di cui gode il settore è estremamente bassa. Esiste un divario piuttosto netto rispetto alla media di capitalizzazione di mercato e ciò vuol dire che l’industria editoriale è ancora in mezzo al guado e che le prospettive di una sua rinascita, sotto il profilo quanto meno economico, sono tuttora incerte.
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