In Polonia, Russia e Svezia la presenza del multiskilling, ossia la capacità di operare produttivamente su più fronti e per diverse piattaforme, è ormai chiara e tangibile nelle redazioni: in un sondaggio che ha esaminato le opinioni e le esperienze di 1500 giornalisti provenienti dai tre paesi, quasi la metà si è infatti descritta come reporter multi-operativo, una fetta più ampia (58%) ha ammesso che l’azienda per cui lavora si aspetta tale abilità e una fetta ancora più ampia del campione analizzato (73%) ha concordato sul fatto che i giornalisti del futuro saranno sempre più “multiskilled”.
La multi-operatività, al contempo, pur evidenziandosi come un nuovo trend lavorativo rivoluzionario a livello operativo e concettuale, non è stata però recepita allo stesso modo nelle nazioni prese in esame, tanto da svilupparsi in maniera diversa: prevalentemente positivi in Polonia e in Russia, negativi e critici in Svezia. Sono questi i risultati primari a cui è giunto Gunnar Nygren, professore dell’università di Södertörn e autore dello studio Multiskilling in the Newsroom: De-skilling or Re-skilling of Journalistic Work.
L’obiettivo di Nygren: la parola ai giornalisti
La ricerca è stata realizzata nella primavera del 2012 con un particolare obiettivo: comprendere l’atteggiamento degli stessi giornalisti verso il fenomeno del multiskilling quale abilità di gestire più livelli produttivi (dalla ripresa all’editing) in ottica multi-piattaforma, osservare come diversi sistemi mediatici affrontano il fenomeno e capire le ragioni dell’eventuale differenziazione in modo da inquadrare infine la multi-operatività come un caso di upskilling o di deskilling.
Per raggiungere questo scopo la ricerca si è dunque avvalsa di sondaggi, approfonditi poi in un numero ristretto di interviste (60) con tre gruppi di 500 giornalisti complessivi provenienti rispettivamente dai territori svedesi, polacchi e russi ed eterogenei sia per età, che per genere e tipologia di media di appartenenza. I risultati dunque indagano atteggiamenti e idee che trovano spiegazione in vari fattori, dall’età all’esperienza, differendo quindi da paese a paese.
Attitudini positive e negative verso il multiskilling: ragioni alla base
Partendo infatti dall’attitudine generale verso il multiskilling, si può notare, secondo lo studio di Nygren, come essa sia bivalente: se il 50% dei giornalisti, specialmente in ambito russo, esalta le maggiori libertà e opportunità in termini creativi e di autonomia derivate dal poter gestire indipendentemente più aspetti, il 34% vede il multiskilling come responsabile di un netto calo qualitativo del proprio lavoro a causa della dispersività e del sacrificio delle proprie abilità principali a favore di altre.
Questi atteggiamenti tuttavia dipendono da diversi fattori, in primis l’età e la familiarità: sono i giornalisti più giovani a mostrare maggiore entusiasmo e a sentirsi più multiskilled, come del resto chi ha già avuto esperienza pratica del fenomeno. Altro nodo cruciale è poi il tipo di media di riferimento: i giornalisti radiotelevisivi, a causa del loro continuo contatto con la tecnologia e della necessità di saperla utilizzare, vedono molto più di buon occhio il multiskilling, a differenza dei loro colleghi della carta stampata, abituati invece a una rigida divisione del lavoro. Infine, le redazioni a personale ridotto percepiscono come inevitabile la multi-operatività e sono costrette ad accettarla, mentre i colleghi abituati ad ambienti di lavoro più grandi e più specializzati avvertono il multiskilling come una strategia di riduzione del personale.
Differenziazioni nazionali
In base a questo quadro si possono quindi comprendere le differenze e peculiarità nazionali, in cui si può assistere a una scissione: da un lato Polonia e Russia, i cui giornalisti sono molto positivi e fiduciosi nell’autonomia e libertà creativa derivanti dal multiskilling; dall’altro la Svezia, il più negativo e critico dei tre paesi, in cui la maggior parte degli intervistati inquadra la multi-operatività come una minaccia alla qualità del giornalismo.
La ragione, in accordo ai fattori prima descritti, risiede nel fatto che in quest’ultima nazione i giornalisti sono generalmente più anziani (il 38% è over 50, mentre in Russia sono il 7% e in Polonia il 18%, nda) e meno esperti di multiskilling. Ancora più rilevante è però il fatto che il numero di giornalisti presenti nel settore radiotelevisivo e online in Svezia è molto minore rispetto a quello riscontrabile in Polonia e in Russia; in altri termini i giornalisti sono fortemente concentrati nelle redazioni della carta stampata, un settore tuttora soggetto a una forte compartimentazione e a una certa resistenza ai cambiamenti. Ciò che accomuna i tre paesi sono invece le preoccupazioni inerenti il calo qualitativo che si ripresentano comunque a tutti i livelli: ad ogni età, in ogni cultura mediatica, in esperti e non.
Non una strategia di downsizing, ma una rivoluzione lavorativa
Il multiskilling, secondo lo studio di Nygren, non sarebbe tuttavia una delle cause dei tagli al personale operati da molte redazioni in un’ottica di efficienza e risparmio. Questo in considerazione del semplice fatto che l’aspettativa di multiskilling da parte delle redazioni sarebbe uguale tanto in quelle con staff in calo quanto quelle con personale in crescita, secondo quanto dichiarato dagli stessi giornalisti. Certo è che il multiskilling ha comportato cambiamenti comuni a tutte le redazioni.
Se infatti in Svezia ci si è concentrati maggiormente sul lavoro di scrittura ed editing, in Polonia e Russia le competenze giornalistiche si sono invece ampliate integralmente, toccando anche campi come layout, fotografia, ricerca e relazioni con il pubblico. Resta comunque un trend unitario il fatto che le attività legate alla produzione di materiale siano esponenzialmente cresciute in tutte e tre le nazioni e in modo direttamente proporzionale alla richiesta di multiskilling da parte delle redazioni. I giornalisti, in sostanza, scrivono di più, fotografano di più, riprendono di più, fanno più editing multipiattaforma e riciclano dunque i contenuti, lavorando tendenzialmente più all’interno della redazione che all’esterno.
In conclusione, afferma Nygren, il multiskilling non può essere considerato un deskilling, ma al contrario una rivoluzione lavorativa, un nuovo standard delle industrie mediatiche con nuove tendenze come la predilezione per il lavoro dalla scrivania rispetto a quello sul campo; la crescita di una cultura di produzione convergente sempre più diversificata dalla vecchia cultura della carta, rigida e segmentata; una sempre più evidente contrapposizione tra giornalisti anziani e giovani e, infine, la nascita di nuove redazioni di desk editor dediti al riutilizzo di contenuti, affiancati da poche star giornalistiche autrici di grandi editoriali e colonne.
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