Web reputation, online come offline

14 Novembre 2014 • Giornalismi • by

A Glocalnews, che va in scena questa settimana, si parla molto anche di social media e del modo in cui i giornali e i giornalisti possono farne un uso efficace e migliore. Barbara Sgarzi è giornalista, consulente nell’editoria e tiene un corso di social media alla Sissa di Trieste.

A Varese ha parlato di Web Reputation per chi si occupa di informazione: come stare su Internet, gestire i propri profili al meglio e comunicare il proprio lavoro, a partire da due convinzioni: tra offline e online non c’è (più) differenza e i giornalisti non possono rinunciare ai social media. A margine del suo workshop, le abbiamo fatto qualche domanda.

Pensi che per un giornalista ormai sia imprescindibile essere attivo sui social media? La cura della propria presenza online è ormai un’attività intrinseca della pratica giornalistica?
“Ne sono convinta. Non esiste più la distinzione fra presenza online e offline. Entrambi gli aspetti concorrono a formare la nostra immagine, in modo indissolubile. Questo è vero per tutti noi e lo è ancora di più per chi ha fatto dell’informazione e della comunicazione il proprio mestiere. E ormai chiunque ha imparato a ‘googlare’ nome e cognome delle persone per saperne di più. Conviene farsi trovare preparati”.

glocalnewsSecondo alcuni studi, i giornalisti non sono davvero aperti alle potenzialità dei social media come potrebbe sembrare. Quali sono le possibili cause di questo atteggiamento?
Sì, è così. Ho tenuto corsi di giornalismo online e social media per giornalisti in grandi redazioni e una buona percentuale dei colleghi è ancora scettica, se non apertamente contraria, all’utilizzo dei social come strumento professionale. Le cause sono molte. La paura del nuovo e del cambiamento, che è normale e un’idea di professione ‘romantica’, legata a miti del passato che non esistono più. In generale, credo che serva un profondo rinnovamento delle redazioni e dei flussi di lavoro per far assorbire il cambiamento in modo produttivo. Finora si è tentato solo di sovrapporre strumenti e modalità di lavoro nuove su un modello vecchio: non può funzionare”.

Esiste un vero e proprio “social network delle notizie”? Un tempo sembrava che Twitter cadesse meglio sotto questa definizione, ma Facebook più di recente ha fatto passi importanti in questa direzione, lanciando un servizio come Pages e rielaborando il suo algoritmo in modo da favorire contenuti informativi. Inoltre, il social network di Mark Zuckerberg è la prima fonte di traffico social per le testate online
“Credo che siano importanti entrambi. Personalmente amo di più Twitter, ma una testata non può prescindere dal curare al meglio entrambi i profili, anche solo per questioni di traffico: la differenza di utenti registrati tra Facebook e Twitter, soprattutto in Italia, è enorme. Diverso è il caso di un giornalista singolo. Nei miei corsi dico sempre: se avete tempo per una cosa sola, seguite Twitter. La ricchezza, la rapidità e la flessibilità di Twitter, sia come fonte che come veicolo di promozione dei contenuti, è imbattibile”.

Nel tuo workshop a Glocalnews hai parlato anche degli errori più comuni compiuti dai giornalisti sui social. Quali sono? E come migliorare?
“Osservo errori, più veniali, nella presentazione del proprio profilo – foto sbagliate o poco chiare, biografie che non raccontano nulla, tono impersonale, incomprensione della grammatica di Twitter, come menzioni errate o eccesso di hashtag. Tutte cose che si possono rimediare con la pratica e osservando gli esempi virtuosi. Ma purtroppo si incappa anche in errori più gravi, deontologici. Il retweet alla cieca, la notizia data di fretta, senza verifiche, senza fonti affidabili. ‘Don’t rush to be wrong’, dicono i colleghi americani e hanno ragione. Meglio dare una notizia per secondi, o al limite non darla per nulla, che sbagliare. Anche qui, non è difficile: basterebbe applicare i principi del giornalismo classico all’utilizzo degli strumenti online. Il Web è un ambiente come un altro, sarebbe sufficiente rispettare le buone norme di comportamento e professionali”.

Qui, lo Storify del workshop “Giornalismo e Web Reputation”

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