7 lezioni imparate insegnando giornalismo mobile

17 Gennaio 2018 • Digitale, In evidenza • by

Corinne Podger mostra il funzionamento di un’app a una studentessa. Foto: Andrew Brain

I giornalisti usano gli smartphone da ormai dieci anni per creare contenuti, siano essi per la radio, l’online o i social e, da quando le fotocamere e le relative app sono migliorate, persino per la televisione. Visto il crescente ricorso al giornalismo mobile, le università stanno creando nuovi curricula specificatamente dedicati al giornalismo mobile, o mojo. Il pioniere, in Australia, è stato il Macleay College, che ha aggiunto l’insegnamento del mobile journalism al primo anno del suo corso di laurea triennale e al suo diploma in giornalismo già nel 2015. Io ci ho insegnato nel corso del 2017: in 12 settimane i miei studenti hanno appreso la fotografia mobile, le tecniche di ripresa, la produzione e l’editing di contenuti per televisione e social, oltre ai fondamentali della creazione di podcast e di video in streaming.

Per mantenere i materiali del corso e gli strumenti aggiornati ho consultato giornalisti di tutto il mondo riguardo al loro lavoro di integrazione dei contenuti mobile nella routine di redazione. Per me è stato un viaggio affascinante in un ambiente di produzione  in continua evoluzione. Ecco alcune delle principali lezioni che ho imparato io per prima, utili per gli educatori e le redazioni che vogliono migliorare la loro produzione di mojo.

1) Le app di giornalismo non sono giocattoli
Ci sono dozzine di app per l’editing delle foto e dei video destinate al grande pubblico che sono rapide e intuitive. Le app professionali, pensate specificamente per i giornalisti, sono però software complessi che richiedono del tempo per essere utilizzati al meglio. Gli esempi non mancano, ed eccone alcuni. Filmic Pro (disponibile per iOS e Android), ad esempio, è un’app molto potente per girare video e fornisce il controllo manuale sul frame-rate, il colore, la temperatura, il fuoco, l’esposizione e il bilanciamento delle immagini e permette anche di riprendere in modalità LOG. Un altro esempio è Luma Fusion (iOS), che mira a replicare molte delle funzioni dei maggiori software di editing per desktop come Final Cut o AVID. Ferrite (iOS), infine, trasforma lo smartphone in uno strumento di editing audio per produrre show radiofonici o podcast.

Ne vale la pena? Eleanor Mannion dell’emittente irlandese Rte ha usato Filmic Pro per girare un documentario televisivo di un’ora, “The Collectors”, andato in onda nel 2016. Il suo collega Hiromi Mooney ha invece usato Filmic Pro per girare e Luma Fusion per editare storie simili. Con i nuovi arrivati nel giornalismo audio-visivo bisogna certamente partire con le app di base per fornire i fondamentali del mestiere, ma in un corso più lungo si può approfondire l’uso di app più sofisticate e creare da subito opportunità per mettere in pratica le nuove capacità acquisite.

2) Bisogna scegliere la giusta cassetta degli attrezzi
Sul mercato esiste una gamma sempre più vasta di strumenti e attrezzi per il giornalismo mobile – treppiedi, obiettivi, gimbal, droni – e dotarsi di quelli giusti può fare una grossa differenza per la qualità del prodotto. La maggior parte di questa attrezzatura non è economica, ma una volta raggiunta l’asticella dei 2mila euro, quello che si ha a disposizione è paragonabile a una videocamera entry level per la televisione. Quindi anziché comprare l’ultima novità, è bene scegliere gli strumenti in base a ciò che il vostro pubblico si aspetta da voi. Volete pochi kit di giornalismo mobile di alto livello a disposizione della redazione o volete che ogni giornalista crei contenuti con il suo smartphone?

Qualunque strategia scegliate, il minimo indispensabile è necessario per superare i tre grandi ostacoli più comuni dei video amatoriali: inquadrature traballanti, rumore di fondo nelle immagini ferme e riprese buie, oltre alla bassa qualità audio. Per risolvere questi difetti comuni, occorrono almeno un treppiede, un cavalletto, un microfono esterno a gelato o a clip e una luce esterna con riflettori per i lavori in interno. Per la cronaca, una ricerca quest’anno ha mostrato che gli intervistati si sentono normalmente meno intimoriti a parlare davanti a uno smartphone che di fronte a una grossa telecamera, ma è anche vero che non ritengono lo smartphone uno strumento serio. I miei studenti hanno constatato qualcosa di simile quando si è trattato di realizzare delle interviste nelle strade di Melbourne, ma mettendo lo smartphone su un treppiede lo si più far sembrare una “vera” telecamera, risolvendo così il problema.

3) Correggere gli errori più comuni non costa nulla
Non ci sogneremmo mai di mettere una fotocamera di alto livello in una borsa sporca e di tirarla fuori per cominciare a scattare senza prima pulirne gli obiettivi. I nostri smartphone vivono invece nelle nostre tasche e nei nostri zaini e ne tocchiamo le lenti in continuazione. Si possono evitare riprese appannate e sporche usando un panno per lenti per pulire la telecamera frontale e posteriore dello smartphone prima di cominciare a filmare o fotografare, ad esempio. Un altro errore comune è non riuscire a bloccare la messa a fuoco o l’esposizione prima di cominciare le riprese: su un iPhone, però, basta tenere il dito premuto sullo schermo finché non appare l’indicatore giallo “AE/AF LOCK”. Facendolo per ogni singola ripresa, il soggetto apparirà sempre a fuoco e l’esposizione rimarrà costante durante il girato.

Infine molti dei miei studenti – sia che usassero iOS o Android – hanno constatato che le riprese fatte con lo smartphone possono perdere la sincronizzazione con l’audio. Questo problema peggiora con la lunghezza del filmato ed è particolarmente evidente nelle interviste. Alcuni software desktop, come Premiere Pro, possono compensare il problema: se si stoppa e si riprende la registrazione ogni sei o otto minuti, ad esempio, è possibile minimizzare i problemi di sincronizzazione e se si usa un sistema desktop per editare il filmato, come Final Cut Pro, si possono evitare ulteriori sfasamenti dell’audio.

Warren R.M. Stuart / Flickr CC / BY-NC-ND 2.0

4) Sta tutto nel flusso di lavoro
Ci sono due ulteriori domande da porsi quando si tratta di scegliere app e strumenti al fine di introdurre i contenuti prodotti dai reporter in mobilità nel flusso di lavoro delle redazioni. Primo: il contenuto è destinato alla trasmissione televisiva o radiofonica, o sarà diffuso principalmente online e sui social? Secondo: si può investire in smartphone e app per tutti i reporter o dovranno usare i loro telefono personali, comprandosi da soli le app? Prendiamo un video come esempio: un filmato destinato alla televisione deve tenere in considerazione ogni singolo fotogramma. Nei Paesi PAL – ovvero la maggior parte di quelli europei e in Australia – questo significa idealmente registrare a 25 o 50 frame al secondo (fps), e non a 30 o 60 fps come è standard nei Paesi NTSC, come gli Stati Uniti.

Le fotocamere degli iPhone girano a 30 fps, quindi i giornalisti televisivi europei hanno bisogno di una app che permetta di impostare manualmente il framerate, come Filmic Pro o Kinomatic. Anche il sistema di editing deve essere PAL o NTSC, a seconda dei casi. Luma Fusion e Kinemaster sono due app di editing che possono salvare un file compatibile PAL, ma Luma Fusion è l’unica app di video editing in grado di importare le sovraimpressioni e i sottotitoli da fonti esterne – ed è solo per iOS. Un’organizzazione mediatica che ha integrato gli smartphone nella sua produzione per la tv è l’olandese Omrop Fryslân. Il suo coordinatore, Wytse Vellinga, sostiene che questo aiuti la redazione a tenere aggiornati i sistemi operativi, a installare una lista di app selezionate e a fare affidamento ai sistemi desktop principalmente per convertire i video editati per le trasmissioni.

I giornalisti potrebbero usare altrimenti una combinazione di telefoni iOS e Android. Se è il vostro caso e la vostra organizzazione adotta dei font standard per sottotitoli e sovraimpressioni, il modo migliore di lavorare per la televisione è sicuramente riprendere con uno smartphone e poi passare da un sistema desktop come Final Cut o AVID per l’editing, aggiungendo le sovraimpressioni e i sottotitoli prima del rendering del master. I video che verranno diffusi esclusivamente sui social media o sui siti possono tranquillamente ignorare i formati per la trasmissione televisiva, quindi il lavoro potrebbe essere semplicemente quello di riprendere, editare e postare i video utilizzando una singola app, come Apple Clips. Un buon esempio di questa pratica è questo servizio sulle elezioni britanniche realizzato dalla giornalista di RTE Patricia O’Callaghan. Un altro consiglio, infine, è tenere sempre gli occhi aperti sugli aggiornamenti delle app che il vostro team usa regolarmente, e tenere sempre tutti aggiornati sulle nuove funzioni e sulla nuove procedure qualora un’app usata abitualmente venisse è modificata in modo significativo.

5) Sta tutto nella storia
Si può investire in tutti gli strumenti e le app che si vuole e comunque continuare a realizzare contenuti deludenti se la narrazione non è solida o pensata per uno specifico target. Quindi l’insegnamento del giornalismo mobile deve fornire comunque alcune nozioni base irrinunciabili di giornalismo, come la narrazione per immagini, il saper filmare avendo già in mente un piano di editing, lo scrivere una sceneggiatura o le tecniche di presentazione. Occorre anche trattare la creazione di contenuti da usare con un pezzo di audio o video al fine di produrre un pezzo giornalistico completo, come fare titoli coinvolgenti per i social e il web o post social con testi ben scritti.

Ma nel concreto come si presenta un grande pezzo di giornalismo mobile? Due ottimi esempi di giornalismo televisivo realizzati con gli smartphone sono questo servizio su uno dei più vecchi planetari del mondo, realizzato dal giornalista di Omrop Wytse Vellinga, girato con Filmic Pro ed editato con Luma Fusion, e questa storia realizzata dal giornalista di Rte Philip Bromwell su alcuni antichi manoscritti irlandesi, girato ed editato con le medesime app. Il vero habitat naturale del mojo sono però le piattaforme social. Questo pezzo del giornalista della Bbc Dougal Shaw, dedicato a una strada di periferia chiusa per permettere ai bambini di giocare, ripreso con Filmic Pro, editato con Final Cut Pro X, è un esempio molto efficace anche perché è anche stato pubblicato nel formato quadrato che è perfetto per Facebook. Il servizio ha ottenuto più di 10 milioni di visualizzazioni da quando è stato caricato due mesi fa.

Un altro esempio sono le storie digital first di Rte, tutte filmate ed editate su smartphone, e ottimizzate per la distribuzione sui social. In risposta alle ricerche che suggeriscono che le storie emotivamente più coinvolgenti abbiano più probabilità di essere condivise sui social, il team si è concentrato sulla copertura di storie molto personali, come questo pezzo dedicato a dei polipi cuciti all’uncinetto per i neonati, che ha ricevuto più di 5 milioni di visualizzazioni su Facebook. Philip Bromwell, responsabile del progetto, ha detto che i video, essendo stati girati con Filmic Pro ed editati con Luma Fusion, possono essere convertiti per la trasmissione televisiva, ma sono anche salvati con formati che si adattano a diverse piattaforme social: panoramici per Twitter e quadrati per Facebook e Instagram.

6) Il mojo come ponte per le redazioni
Le grandi redazioni multimediali sono piene di compartimenti stagni, soprattutto nelle emittenti, dove i produttori televisivi, radiofonici e online spesso lavorano in spazi o uffici separati. Tutti loro potrebbero avere il compito di postare sui social o potrebbe esserci un ulteriore dipartimento addetto ai social media. Il giornalismo mobile attraversa tutte queste divisioni, poiché il dispositivo stesso può produrre contenuti per tutte queste piattaforme. Lo smartphone è allo stesso tempo una telecamera televisiva, un mixer radiofonico, un software di editing video, una fotocamera, un creatore di podcast, un generatore di grafici e infografiche e un mezzo di comunicazione – con gli intervistati e direttamente con il pubblico.

Ecco perché può abbattere i muri fra le diverse divisioni di produzione contenuti – e il suo utilizzo può essere insegnato facilmente in un contesto universitario. Dopotutto i miei studenti già usano i loro telefoni per pianificare le spese, guardare film, trovare annunci d’affitto, prenotare ristoranti, fissare appuntamenti e cercare un lavoro. È lo strumento perfetto per insegnare loro l’atteggiamento mentale digitale e multipiattaforma di cui avranno bisogno sul posto di lavoro.

7) Raccomandazioni per app top:
Riprese video: Filmic Pro (iOS e Android)
Video editing: Luma Fusion (iOS), Kinemaster (iOS e Android)
Registrazioni audio: Voice Record Pro (iOS), RecForge Lite (Android)
Audio editing: Ferrite (iOS), Audio Evolution Mobile Studio (Android)
Immagini: VSCO (iOS, Android)
Foto editing: Snapseed (iOS, Android)

Articolo tradotto dall’originale inglese da Giulia Quarta

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