Il Data Journalism si sta diffondendo a macchia d’olio presso molte redazioni in tutto il mondo. In tempi recenti, anche il New York Times ha lanciato The Upshot, un sito interamente dedicato al giornalismo fatto con i dati. Giusto qualche settimana fa, inoltre, Nate Silver ha rilanciato il suo FiveThirtyEight che fa della data anlysis il fulcro della sua strategia.
Ma il Data Journalism non è solo materia da grandi redazioni e progetti internazionali. Anche realtà più piccole stanno iniziando a sfruttare le pratiche di questo linguaggio e all’International Journalism Festival di Perugia ne abbiamo conosciute alcune. Eccole:
La svizzera Neue Zürcher Zeitung ha sviluppato un team specifico che fa Data Journalism. Sylke Gruhnwald lavora per il giornale dal 2012 e, dopo essersi occupata di finanza e data visualization, è stata nominata data reporter per tutti i settori coperti dal giornale. La Nzz ha stanziato un budget specifico con il quale è stato possibile costruire un team apposito con un approccio di integrazione e la redazione, che inizierà a lavorare dal prossimo 5 maggio, nato insieme a Interactive Things. Nel gruppo ci saranno anche due designer e due programmatori.
Sylke Gruhnwald e il suo giornale hanno già alcune esperienze alle spalle, come la collaborazione al progetto “Migrant Files” dedicato sull’immigrazione. Al progetto hanno lavorato 10 reporter in tutta Europa con il metodo della open source intelligence. Molto interessante anche “In der Wandelhalle”, un progetto di data analysis dedicato al potere delle lobby nel parlamento di Berna:
In Francia, l’agenzia Ask Media è una delle più attive sul fronte del Data Journalism. A Perugia, Marie Coussin ha presentato alcuni dei loro progetti realizzati in collaborazione con diverse testate francesi. Ad Ask Media lavora un team di 10 persone, un manager, 3 data journalist, 2 grafici, 3 sviluppatori e un data scientist. La giornalista francese ha puntato molto sull’importanza di avere un esperto in grado di navigare tra dataset spesso vastissimi. Ask lavora da due anni e negli ultimi tre mesi è diventata un’agenzia interactive, grazie all’arrivo degli sviluppatori. Per Paris Match e il suo inserto Data Match, ha sviluppato – sulla carta – questo bel progetto sui costi delle compagnie low cost:
Martin Belam ha invece portato l’esperienza di un tabloid inglese, il Daily Mirror per il quale lavora nel team “New Formats” e per il sito dedicato al ddj Ampp3d. La testata è un giornale molto popolare e il giornalista inglese ha spiegato il suo approccio data-driven ad argomenti di entertainment. Il suo team è composto da tre persone che lavorano in remoto. Belam ha presentato un progetto divertente ma interessante che paragona, dati alla mano, le divergenze di guadagno tra Wayne Rooney, il PM Cameron e un’infermiera inglese, aggiorati live:
Infine, ha preso la parola Mar Cabra, una freelance spagnola che fa parte del team di reporter dell’ICIJ e ha collaborato ai progetti investigativi OffshoreLeaks e ChinaLeaks. Cabra ha spiegato il metodo di lavoro cross-nazionale dell’organizzazione che ha lavorato su circa 2,5 milioni di documenti su conti correnti offshore in tutto il mondo. Il progetto è stato uno dei maggiori casi di whistleblowing recenti. Anche Cabra ha insistito molto sulle competenze di computing necessarie per affrontare progetti di questo tipo. Nel caso dell’ICIJ il lavoro sui dati è svolto in outsourcing, con l’apporto di tre sviluppatori di base in Costa Rica. Ecco un’esempio di mappa interattiva realizzata per la narrazione dei dati del caso ChinaLeaks:
La sua esperienza come freelance in Spagna, invece, è difficile e costantemente messa in discussione dalle condizioni economiche dei media spagnoli. Cabra ha ricordato quanto sia difficile “vendere” una storia di Data Journalism alle grandi testate del paese e, anche qualora una di queste venisse pubblicata, i compensi sono talmente bassi da non riuscire nemmeno a coprire i costi dei giornalisti. Nessuna delle grandi testate spagnole, inoltre, ha una vera e propria redazione che si occupa di data journalism ma forse, grazie al nuovo Foia arrivato lo scorso dicembre in Spagna, la situazione potrebbe cambiare in meglio.
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