Come già Google nei mesi scorsi, anche Twitter ha pubblicato ieri il suo primo Transparency Report ispirato, si legge nel comunicato del social network, dall’imminenza delle celebrazioni per il 4 luglio americano. Quella data, fanno sapere i vertici di Twitter, deve servire da monito per ricordarci quanto sia importante che i governi rimangano responsabili e trasparenti nei confronti della libertà di espressione. Ma perché i governi? Il documento di Twitter mette in mostra tutte le richieste che il social media di Jack Dorsey ha ricevuto dall’inizio di gennaio 2012 al 30 giugno da parte di governi e gli interventi di oscuramento di materiale coperto da copyright come previsto dalla DMCA (Digital Millennium Copyright Act) statunitense. In particolare, per quanto riguarda le richieste “politiche”, Twitter ha raggruppato due differenti tipologie di sollecitazioni: informazioni su singoli utenti ed esplicite domande di oscuramento di contenuti; per i cosiddetti “DMCA takedown notice”, invece, Twitter ha reso noti i numeri di account coinvolti da violazioni di copyright insieme al numero di tweet e contenuti oscurati in seguito a valide richieste.
Per quanto riguarda i singoli utenti, Twitter ha soddisfatto il 63% delle 849 domande ricevute a riguardo di 1181 profili. A guidare la classifica dei governi curiosi si trovano gli Usa con 679 richieste per le quali nel 75% dei casi Twitter ha ceduto. Un numero enorme, soprattutto se messo in relazione a quello del Giappone, fermo a 98 e secondo nella classifica. Nel caso del Sol Levante, però, Twitter avrebbe giudicato le pretese legittime solo nel 20% dei casi. Seguono Canada e Regno Unito con 11 casi (accettati solo nel 18% delle volte) e tutti i restanti paesi, comprese Italia e Svizzera, con meno di 10 richieste, alle quali Twitter avrebbe sempre risposto niet. Il team che ha lavorato al report sulla trasparenza ha specificato come Twitter risponderebbe a queste pressioni seguendo le direttive delle sue Guidelines for Law Enforcement e ha specificato alcune delle ragioni che possono aver spinto l’azienda a non rispondere alle domande dei governi: impossibilità di identificare un singolo utente, richieste troppo ampie o casi in cui gli utenti interessati hanno contestato la notifica di interessamento nei loro confronti. La maggior parte di queste interrogazioni, specificano da Twitter, sarebbero avvenute in concomitanza con indagini criminali o processi in corso.
Spostandoci sul piano dei contenuti rimossi, invece, i numeri si fanno più esigui. Twitter avrebbe ricevuto 3 richieste formali da parte di governi e altrettanti da agenzie governative o forze di polizia per la rimozione di contenuti (per un totale di 18 profili coinvolti). I paesi interessati sono Francia, Grecia, Pakistan, Turchia e Regno Unito. In tutti i casi, stando alle tabelle, Twitter non avrebbe mai risposto favorevolmente a queste richieste, pur specificando come i numeri non si riferiscano alle lamentele ricevute tramite il suo Help Center ufficiale. I numeri, al contrario, si fanno massicci per quanto riguarda i DMCA takedown; in questo caso Twitter ha messo in mostra i dati in ordine cronologico e mese per mese: da gennaio a giugno le richieste sono state 3378 per un totale di 599 contenuti (video, musica, immagini) rimossi e 5874 tweet cancellati (un contenuto può essere ritwittato più volte da più utenti, ecco perché il numero è così alto).
A preoccupare maggiormente, però, è la considerazione fatta da Jeremy Kessel, Legal Policy Manager di Twitter: “abbiamo ricevuto più richieste da parte dei governi in questa prima metà del 2012 che in tutto l’anno precedente”, un dato che dimostra come Twitter sia sempre più al centro della comunicazione globale e di conseguenza degli interessi dei governi. Anche per questa ragione, Twitter ha fatto sapere che pubblicherà il suo report due volte all’anno (come già Google) e che stringerà una collaborazione con Heredict del Berkman Center for Internet & Society di Harvard che raccoglie segnalazioni di siti bloccati o irraggiungibili da parti degli utenti. Per meglio capire di cosa si sta parlando, il Guardian ha ricordato uno dei casi più noti di censura su Twitter: la battaglia legale (persa) contro la richiesta da parte di un giudice di New York che aveva ordinato di consegnare al tribunale tre mesi di tweet di Malcolm Harris, attivista di Occupy Wall Street.
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