La lezione di Matthew Caruana Galizia

10 Aprile 2019 • Libertà di stampa • by

Matthew Caruana Galizia all’International Journalism Festival di Perugia (Francesco Ascanio / IJF)

Perugia – Sabato 6 aprile, durante il Festival Internazionale del giornalismo di Perugia, Matthew Caruana Galizia ha raccontato il suo ultimo anno e mezzo di vita in una affollata e sempre affascinante Sala dei Notari, mettendo il pubblico del Festival davanti alla brutalità dell’omicidio di sua madre, alla cornice entro la quale ha avuto luogo e alle pesanti ripercussioni psicologiche con cui la sua famiglia ha dovuto fare i conti negli ultimi mesi.

Daphne Caruana Galizia era una giornalista maltese che si occupava di politica nazionale, corruzione, riciclaggio di denaro e compravendita di passaporti. Caruana Galizia è stata la prima donna a pubblicare articoli si questi temi, utilizzando il suo nome, su due dei maggiori giornali del Paese, e la prima giornalista ad aprire un blog personale dal quale ha riportato liberamente ai lettori, fino a poche ore prima della sua morte, notizie che spesso gli editori maltesi non volevano diffondere. Questo avveniva nel 2008, otto anni prima dell’uscita dei “Panama Papers” e nove anni prima che un’autobomba la uccidesse nell’ottobre del 2017. Una escalation di eventi che ha causato “un duro contraccolpo ai giornalisti come mia madre, a quel tempo – ma senza colpa – così naif da pensare che i politici e gli imprenditori coinvolti sarebbero stati indagati e condannati”, come ha detto Matthew Caruana Galizia a Perugia.

Lo stesso schema
Quanto successo a Malta, uno degli stati più piccoli del mondo, segue altri casi molto simili avvenuti nel resto del mondo negli ultimi anni. Gli eventi prima e subito dopo l’omicidio di Daphne Caruana Galizia non sono stati infatti dissimili ai casi di Anna Politkovskaya e Boris Nemtsov nella Russia di Putin, come ha puntualizzato lo stesso Caruana Galizia a #ijf19. Due storie controverse, e accomunate da alcuni elementi simili: la prima, quella di una giornalista uccisa nel 2006 mentre riportava la guerra civile in Cecenia; la seconda, relativa a un attivista e politico oppositore del governo russo, ucciso con quattro colpi di pistola a poche centinaia di metri dal Cremlino nel 2015. È importante ricordarle entrambe, ha detto Caruana Galizia, “poiché quanto accaduto a mia madre segue lo stesso schema”. Questi due casi russi avevano anticipato ciò che sarebbe successo alla giornalista maltese, anche per quanto riguarda la reazione del governo: “la polizia ha arrestato la bomba, ma non ha reso giustizia a mia madre” ha detto Caruana Galizia parlando di questo aspetto.  Dopo l’omicidio, infatti, il Primo ministro di Malta ha dichiarato come il caso Galizia si fosse chiuso con l’arresto dei presunti esecutori materiali, in occasione di una conferenza stampa dai toni eroici che aveva portato la famiglia della giornalista ad adottare un atteggiamento difensivo, almeno in un primo momento.

La decisione di non mantenere un basso profilo, la richiesta di indagini e la fine della famiglia
“Le persone intorno a noi ci hanno consigliato sin da subito di non parlare della questione e di mantenere un basso profilo. Ma quello che abbiamo fatto è stato l’esatto opposto”, ha detto Caruana Galizia a Perugia, spiegando il suo atteggiamento e quello della sua famiglia. È difficile combattere contro il governo di uno stato poiché questo ha risorse illimitate e, fra le altre cose, può lanciare campagne di diffamazione molto efficaci. La soluzione più percorribile, per le vittime, è stata relazionarsi con il Parlamento europeo, al fine di oltrepassare i confini nazionali: questa settimana, infatti, i Caruana Galizia sono stati ricevuti in un’udienza a Strasburgo dedicata specificatamente al loro caso e per chiedere l’apertura di indagini sovranazionali. Su un binario parallelo scorre invece l’impegno nel raccontare quanto successo a un pubblico quanto più ampio possibile, grazie anche ai giornalisti investigativi che hanno deciso di aiutare i Caruana Galizia nella loro battaglia per la giustizia. I colleghi giornalisti sono stati – e continuano ad essere – i veri co-protagonisti della storia della giornalista maltese assassinata, grazie al lavoro svolto fin qui con il “Daphne Project” coordinato da OCCRP.

L’internvento di Matthew Caruana Galizia all’International Journalism Festival di Perugia, moderato da Mario Calabresi

“Una cosa che abbiamo imparato è che, dopo questi omicidi, le famiglie sono morte”, ha detto Matthew Caruana Galizia facendo riferimento al costo personale che la sua famiglia ha affrontato e tuttora affronta non potendo svolgere nessun’altra attività o lavoro; e che si ritrova invece costretta a dover frequentare corsi di sicurezza personale e di analisi delle minacce che potrebbero subire quotidianamente. Per questo motivo, “lavorate mano nella mano con le ONG come Reporters Without Borders, Article 19, Index on Censorship, Cpj e molte altre, perché ci hanno aiutato a navigare nel mare magnum delle istituzioni politiche, totalmente estraneo a noi” ha dichiarato Caruana Galizia, riconoscente, aggiungendo: “voglio sfatare il mito del giornalista che lavora da solo, di notte, ad una scrivania. Non siate così, state insieme alla vostra famiglia perché vi sosterrà nei momenti di sconforto o minaccia. Siate gentili con le persone, ascoltatele, ponete attenzione ai loro problemi e aiutateli quando il loro lavoro è difficile ed hanno bisogno di una mano”.

Riportare la discussione politica su ciò che è rilevante e influisce sulla vita dei cittadini
Le divisioni socio-politiche interne di Malta ricalcano perfettamente quelle di altri paesi europei, ha ricordato Caruana Galizia. Il primo ministro maltese Muscat propone infatti una linea simile a quella italiana, dettata dalla politica di Salvini e relegata sempre di più alla necessità di proteggersi da una minaccia proveniente dall’esterno: l’immigrazione. Questo tema, secondo Caruana Galizia, dai pochi risvolti quotidiani per i cittadini, e la sua persecuzione fa sì che la discussione politica sia quasi monopolizzata, a dispetto di problematiche oggettivamente importanti quali la corruzione, l’evasione fiscale, il riciclaggio di denaro sporco, o la criminalità organizzata. Questo è, secondo il giornalista maltese, ciò su cui si dovrebbe veramente puntare in quanto giornalisti: “lottare di più contro ciò che danneggia il nostro sistema politico, ciò che polarizza agli estremi, facendo capire che siamo sotto attacco e persone come mia madre vengono uccise”. A Malta, Cipro, Slovacchia, Bulgaria, Romania, Polonia e Ungheria, ha ricordato Caruana galizia, stiamo venendo a patti con il fatto che non solo è minata la libertà di espressione, ma che vengano messi in campo veri e propri attacchi al sistema giuridico. Un elemento confermato anche dalla recente risoluzione Ue dello scorso 28 marzo in merito alla mancanza di indipendenza giudiziaria e all’annoso problema della corruzione, soprattutto in Slovacchia e Malta.

Giusto e sbagliato: sapere da che parte stare
Potrebbe sembrare elementare – anche se in realtà non lo è –, ma il giusto e lo sbagliato sono questioni troppo spesso relativizzate: “quello che mi ha sempre detto mia madre è di non perdere mai il focus, di mantenermi lontano dalle discussioni e rimanere fedele alla definizione che mi ha lei stessa insegnato di giusto e sbagliato”, ha raccontato Matthew Caruana Galizia al pubblico dell’IJF. Alcune persone, invece, ha spiegato Caruana Galizia, avrebbero voglia di fare la cosa giusta ma forse da sole non hanno abbastanza coraggio: “quando si crea una discussione all’interno del governo, si forzano le persone a chiedersi se sia il caso aiutare il primo ministro a limitare i diritti dei cittadini o attaccare i giornalisti”, ha aggiunto il giornalista, “tocca a noi spingere le persone a essere coscienti e a farle propendere a fare la cosa giusta”. Ciò che certo è che la famiglia Galizia non prevede, fra le strade potenzialmente percorribili, quella di rassegnarsi ad una storia il cui finale è stato scritto approssimativamente dalla polizia e dal governo maltese: “se non avete una personalità combattente, dovete cominciare a svilupparla e lottare contro gli abusi. Mai dare nessun segno di cedimento o arrendersi”.

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