Normative economiche per le Big Tech: l’accordo australiano imitato dal resto del mondo

2 Settembre 2022 • Economia dei media, In evidenza, Ricerca sui media • by

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Le nazioni di tutto il mondo si ispirano all’innovativo News Media Bargaining Code (Codice di negoziazione dei media australiani), che l’anno scorso ha costretto Google e Facebook a pagare una cifra pari a 200 milioni di dollari australiani.

L’Australia ha fatto da apripista nel definire le normative in materia, dopo che gli esponenti politici di destra e sinistra si sono coalizzati al fine di approvare una legge che obbligasse Google e Meta a pagare le testate giornalistiche per le notizie che le piattaforme distribuiscono.

Preoccupato per lo “squilibrio di potere” tra i giganti tecnologici e i media australiani, Rod Sims, ex presidente dell’ Australian Competition and Consumer Commission, ha proposto il News Media Bargaining Code per facilitare le trattative tra le piattaforme digitali e i media. Se non si fosse trovato un accordo, il governo avrebbe potuto “designare” alcune piattaforme e obbligarle a ricorrere a un compromesso vincolante per l’offerta finale. La minaccia di un intervento governativo ha portato Google al tavolo delle trattative e ora la maggior parte dei media australiani riceve pagamenti da Google e, in misura minore, da Facebook.

Normative di tendenza

A luglio, il ministro indiano per le tecnologie informatiche e l’elettronica, Rajeev Chandrasekhar, ha dichiarato che l’India farà qualcosa di simile. Il Canada probabilmente voterà in ottobre la propria proposta di legge, mentre i sostenitori della versione statunitense, il Journalism Competition and Preservation Act, sperano che il leader della maggioranza del Senato, Charles Schumer, la inserisca nel calendario delle votazioni entro la fine dell’anno.

Sia gli Stati Uniti che il Canada hanno introdotto delle modifiche alle leggi australiane, rendendo tra l’altro gli accordi più trasparenti. Negli Stati Uniti, la News Guild sta spingendo affinché i fondi ricevuti da Meta e Google siano spesi per assumere più giornalisti.

La mancanza di trasparenza del Codice australiano è stata criticata perché i contratti tra gli organi di informazione, Google e Meta sono coperti da accordi di non divulgazione, rendendo impossibile sapere quanto denaro le testate ricevano e per cosa lo spendano.

Migliorare la trasparenza

In Canada, solo le autorità di regolamentazione vedranno i termini dell’accordo. “Nella versione attuale del disegno di legge, il pubblico non sarà in grado di accedere a dettagli specifici sugli accordi tra gli outlet e le piattaforme. L’autorità di regolamentazione (la Canadian Radio-television and Telecommunications Commission) pubblicherà una revisione annuale degli accordi aggregati e del loro impatto sul mercato del giornalismo in Canada, garantendo così un certo grado di trasparenza. Si tratta indubbiamente di un passo in avanti rispetto all’Australia, ma c’è sicuramente ancora spazio per migliorare la trasparenza”, ha dichiarato Supriya Dwivedi, coautrice di un recente articolo con Taylor Owen su come la legge canadese differirà da quella australiana.

In Australia, in base alla legge del Paese, è in corso una revisione del codice da parte del governo e il rapporto sarà reso pubblico in ottobre. Tuttavia, i funzionari australiani affermano che non c’è alcuna possibilità che la legge venga abrogata.

“Non vedo possibilità di sbarazzarsi del News Media Bargaining Code. È la cosa migliore che il governo precedente abbia fatto”, ha dichiarato un alto funzionario del partito laburista.

Non è chiaro che tipo di raccomandazioni potrebbero essere contenute nell’imminente revisione. Ma, secondo Adam Portelli, direttore della Media Entertainment and Arts Alliance, che rappresenta più di 5.000 giornalisti in tutta l’Australia, “ora spetta a tutti coloro che hanno a cuore il ruolo cruciale del giornalismo nella nostra democrazia vigilare affinché il prossimo governo federale migliori ed espanda il Codice attuale”.

Anya Schiffrin è direttrice della specializzazione in Technology, Media and Communications presso la School of International and Public Affairs della Columbia University. A luglio ha trascorso quasi tre settimane in Australia, ospite del think tank The Australia Institute.

Articolo tradotto dall’originale inglese.

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