Al momento Facebook è responsabile di oltre il 40% di tutto il traffico web in entrata delle testate giornalistiche statunitensi. Questo dato è significativo per un motivo in particolare, perché rende molte di queste organizzazioni letteralmente dipendenti dal social network per quanto riguarda il traffico e gli introiti pubblicitari, anche perché Facebook si sta muovendo per portare i contenuti degli editori dentro la propria propria piattaforma, dove ha il controllo sulle opzioni di monetizzazione. Per quale ragione, quindi, i vecchi feed RSS, una tecnologia vecchia di 17 anni attualmente responsabile di appena l’1% del traffico dei siti di news, dovrebbero mai essere una soluzione per questo problema? Non preoccupatevi, comunque, non sto per sostenere che la risposta a tutti i problemi siano i feed RSS a tutti gli effetti.
La situazione degli editori
Partiamo con l’accettare poche fondamentali realtà sull’editoria moderna: nessun editore da solo avrà mai più il monopolio sull’attenzione dei lettori. La distribuzione digitale è gratuita, straordinariamente conveniente e consente di raggiungere molteplici nicchie e la curation, anche quella algoritmica, che può attingere a fonti multiple, avrà sempre un vantaggio su quella che attinge a una singola fonte e che punta sui contenuti di una sola organizzazione.
Inoltre, le persone vogliono consumare contenuti nei posti dove già trascorrono il loro tempo e non ne vogliono perdere visitando una varietà di differenti fonti per leggere le news. Gli editori possono pure competere tra di loro per essere una destinazione proficua per i lettori più strettamente affini a loro, ma quelli che riescono ad arrivare al proprio pubblico dove esso già si trova – su Facebook, via email, su Google News, YouTube o Snapchat – avranno sempre un enorme vantaggio di copertura su quelli che si limitano a insistere che devono essere i lettori a dover andare da loro. Il principale problema per gli editori è però sempre come fare a monetizzare i contenuti se non hanno il controllo sullo spazio in cui questi vengono presentati. Controllare questo spazio è ciò che sta ancora permettendo loro di:
- Confezionare la pubblicità intorno al contenuto.
- Far pagare l’accesso ai contenuti.
- Raccogliere e vendere i dati personali dei visitatori. Questo avviene anche non direttamente, quando sono i partner pubblicitari a farlo.
La situazione delle piattaforme
La situazione di Facebook è piuttosto semplice. La sua strategia, infatti, è quella di tenere gli utenti sul proprio sito più a lungo e più spesso, perché più visualizzazioni portano inevitabilmente più profitti. In questo senso, i contenuti, le discussioni e l’engagement che vengono generati sono cruciali. Per ogni altra piattaforma, invece, non si tratta solo di coinvolgere ulteriormente gli utenti già coinvolti, quanto piuttosto mantenerli attivi in generale e fornire loro qualcosa di nuovo e interessante ogni giorno, se non ogni ora. Questo è l’unico modo che una piattaforma ha per di far sì che gli utenti continuino a tornare.
L’attività degli utenti, però, non è mai abbastanza, specialmente per le nuove piattaforme, cui servono in continuazione contenuti inediti. Come procurarseli? Snapchat, ad esempio, sta lavorando direttamente con gli editori, essenzialmente evitando loro lo sforzo extra di sviluppare un nuovo formato personalizzato in cambio, per di più, dell’enorme base utenti che si può ottenere dall’essere partner. Twitter, dal canto suo, ha creato una nuova specifica tecnologica per gli editori per trasformare i link ai loro articoli condivisi su Twitter in delle ricche anteprime mediatiche, le Twitter card. Facebook ha fatto lo stesso in precedenza, e ora sta fornendo una nuova funzione, Instant Articles, per coinvolgere l’intero contenuto dell’articolo e consentire agli editori di pubblicare direttamente su Facebook.
Questo aspetto è cruciale: determinando le specifiche tecniche dei contenuti syndicated degli editori, Facebook determina ora il formato, le limitazioni e le opzioni di monetizzazioni di questi contenuti. E in ogni caso, Facebook dà la possibilità agli editori di fornire contenuti che soddisfano queste caratteristiche proprio grazie ai feed RSS.
Una possibilità per gli editori di riguadagnare influenza
È già stato scritto molto su come gli editori abbiano lasciato che l’apatia tecnica li portasse a essere scavalcati da altri attori che ora hanno il controllo effettivo sulle fasi fondamentali della catena del valore dell’editoria: questo vale per gli annunci pubblicitari come per il display advertising o i forum. A questo proposito, bisogna rendersi conto che Instant Articles è pioniere nel reinventare e nell’innovare un altro elemento fondamentale: la syndication dei contenuti giornalistici.
Entro 10 anni, gli editori potranno vivere in uno di questi due mondi: uno in cui essi si sono fatti avanti di nuovo per influenzare l’ecosistema che viene costruito attorno ai loro contenuti, creando opzioni per se stessi; oppure uno in cui essi hanno continuato a lasciare che l’ecosistema si sviluppasse per conto proprio, e che imponesse loro le opzioni disponibili. Se gli editori non cominceranno a lavorare per reinventare e innovare un proprio standard per la syndication dei contenuti, ad esempio, lasceranno semplicemente che sia Facebook a stabilire uno standard duraturo e che serva, però, principalmente i suoi interessi.
Ricapitolando:
- Le persone vogliono consumare contenuti laddove stanno già spendendo il proprio tempo.
- I contenuti provenienti da molteplici fonti sono più interessanti di quelli che arrivano da una singola fonte. Gli editori non possono superare le piattaforme diventando essi stessi la propria piattaforma, ma le piattaforme, allo stesso tempo, non possono eliminare gli editori pubblicando da sé.
- Le piattaforme continueranno a riconoscere i contenuti di alta qualità prodotti dagli editori come uno strumento per coinvolgere gli utenti.
- Le nuove piattaforme continueranno a emergere e a combattere per avere uno spazio in cui le persone possono spendere il proprio tempo.
Quindi è ovvio che Facebook non è l’ultima piattaforma a volere i contenuti degli editori in un formato che sia facile da aggregare. Se gli editori si limiteranno però a seguire chiunque sia al momento al comando, il format più facile con cui lavorare per le nuove piattaforme sarà l’unico reso disponibile agli editori: quello di Facebook. Ma è davvero un problema? Non necessariamente. Instant Articles per com’è ora è un buon format in molti sensi: limiti come non permettere i pop-up o la pubblicità fra una slide e l’altra in uno slideshow sono fantastici per gli utenti. E per ora Facebook permette agli editori di includere ancora la propria pubblicità venduta direttamente (in un numero limitato di format), gli analytics di terze parti, e persino video player di terze parti con pubblicità pre-roll.
Ma:
a) Facebook si riserva “il diritto di cambiare questa politica in qualsiasi momento senza previa notifica”. E Facebook ha alle spalle una storia lunga fatta di cambiamenti delle regole del gioco in modo repentino.
b) Pensate a tutti i modelli che il format di Instant Articles al momento non consente: pubblicità basata sui contenuti, ad esempio, questionari, paywall con anteprima limitata, micropagamenti o contenuti bonus per iscritti paganti. Oppure altri formati pubblicitari. Non sto sostenendo alcun modello in particolare; sto solo dicendo che le specifiche di Facebook limitano le opzioni per gli editori e per l’indispensabile innovazione nel business dei media.
Perché allora le nuove piattaforme non creano i propri standard? Perché non hanno l’influenza necessaria a convincere gli editori a fornire i contenuti sui loro canali. Quindi cosa dovrebbero fare gli editori? Gli editori dovrebbero creare un nuovo standard aperto per la syndication dei contenuti, ed esso dovrebbe essere costruito attorno a RSS / Atom.
Sento già alcuni sviluppatori lamentarsi di dover creare sempre più standard tecnologici come soluzione ai problemi di uno specifico standard tecnologico. Ma la realtà è che questa non è una situazione in cui molti standard sono in competizione in un ecosistema già maturo e frammentato: questa, al contrario, è una situazione di un singolo, limitante, standard sul punto di dominare la syndication dei contenuti nel complesso. E l’unico modo per combattere questo scenario è costruire qualcosa di migliore.
Abbiamo bisogno di uno standard per la syndication che tenga in considerazione cose come:
- Tipologie moderne di contenuto, nella loro forma narrativa: testo integrato con ricchi layout, embed, video in differenti formati, audio, serie di foto, media interattivi.
- Differenti opzioni di monetizzazione.
- Integrazione degli analytics.
- Metadati più ricchi.
Se gli editori lavoreranno insieme per creare e supportare un tale standard, questo non solo ne permetterebbe l’adozione da parte di altre maggiori piattaforme (accrescendo l’influenza degli editori nel convincere Facebook ad adottarlo), ma renderebbe anche le nuove piattaforme in grado di essere usate come modelli. E se gli editori investiranno in opzioni di monetizzazione fin dall’inizio, essi potranno trasformare la syndication da una necessità competitiva forzata a un canale di profitto in grado di generare valore.
Quindi perché RSS / Atom?
Se gli editori hanno intenzione di sviluppare questo standard, di nuovo, perché cominciare dai diciassette anni di RSS, o dal suo leggermente più giovane fratello Atom? Primo, perché questi standard sono già a metà strada. Essi sono stati costruiti per gli editori al fine di aggregare contenuti e hanno funzionato bene per questo scopo nel mondo 1.0. I principali difetti che vedo nella loro forma attuale sono: a) non si sono adattati a nessuna delle innovazioni che hanno avuto luogo nei media negli ultimi dieci anni, e b) non sono stati sviluppati con l’idea di monetizzare.
Inoltre, questi standard hanno ancora un vasto sostegno. Più o meno ogni Cms disponibile supporta per nascita la produzione di feed RSS / Atom per gli articoli pubblicati. Io sospetto che sarebbe molto più semplice ottenere la partecipazione di alcuni player fondamentali, come gli sviluppatori principali di WordPress e altri produttori di Cms, se un nuovo standard venisse sviluppato come estensione di ciò che attualmente è già implementato, piuttosto che come qualcosa di completamente nuovo.
Magari mi sbaglio
Forse RSS non è la migliore base di partenza per costruire un nuovo standard di syndication di contenuti. Forse Facebook riconoscerà l’importanza che gli editori trovino un modello di business digitale sostenibile abbastanza da evitare di imprigionarli o di limitare le loro opzioni, anche a costo del proprio successo commerciale. Forse Facebook ha già raggiunto la vetta e nei prossimi dieci anni non emergeranno avversari seri che si oppongano al potere di Facebook / Youtube / Snapchat, neppure se fossero in grado di accedere facilmente a contenuti di alta qualità per accrescere il coinvolgimento degli utenti. In tutta onestà, non sono un esperto di nessuna di queste cose. Non lo so.
Ma so che gli editori non hanno lavorato insieme per superare la bolla tecnologica per un bel po’ di tempo. So che in molte aree potrebbe benissimo essere già troppo tardi. E so che, almeno secondo me, questa sembra un’opportunità per gli editori per reclamare il controllo su come il proprio contenuto raggiunge il pubblico che vogliono servire. E per reclamare il controllo sul proprio destino come industria.
Articolo pubblicato originariamente su Medium il 16 agosto. Traduzione dall’inglese a cura di Giulia Quarta
Save
Tags:Facebook, giornalismo online, Instant Articles, RSS, Silicon Valley, syndication